Storia n°8 ~ Cristina

5.6K 348 256
                                    

Se c'era qualcosa che mi spaventava a morte, era perdere mia figlia, ciò per cui vivevo.

Un padre ama le proprie figlie quanto la madre o forse più.

Io ero orfano e vedovo. I miei genitori morirono quando avevo un mese di vita. Venni rinchiuso in un orfanotrofio.

Mia moglie morì assieme a mio figlio, primogenito, sei anni fa. Tornavano da un colloquio e qualcosa fece finire fuori strada la macchina. Morirono sul colpo, insieme.

Mia figlia aveva solo due anni quando avvenne l'incidente. Crescerla fu un problema, sia per me che per lei. Io pensavo ancora a Michela, mia moglie, e Tommaso, mio figlio. Chiara, l'unica persona che mi rimane, voleva sempre sapere com'erano ed era desiderosa di avere una madre e un fratello.

Nei giorni in cui le mie paure cambiarono, quando non avevo più il terrore di perdere mia figlia, ci fu una festa della orfanotrofio in cui ero cresciuto dove ci si ritrovava tutti.

Io ero rimasto assieme alle suore fino a miei diciotto anni per poi avere un alloggio e un lavoro tutti miei.

Alla festa c'erano tutti, tranne qualche suora che non riuscì a vivere per altri vent'anni.

Alla festa mi venne data la notizia che Cristina non ce la fece.

Era la mia ragazza prima di conoscere Michela a vent'anni.

Cadde da un quarto piano rimanendo in stato vegetativo; per sei mesi andavo tutti i giorni a trovarla, quando un'infermiera mi lasciò senza fiato: proprio Michela.

"Pensavo ce l'avesse fatta, i medici erano fiduciosi" dissi ai miei compagni.

"Il dolore era troppo, magari mollò per questo." affermò una suora.

Mi feci dire in che cimitero fosse stata sepolta, per andarla a trovare. Si trovava proprio davanti alla cripta di famiglia, dove riposavano mia moglie e mio figlio. Non ci avevo mai fatto caso.

Lasciai i fiori a lei e alla mia famiglia, sistemai i cerini e pulii la cripta. Parlai un po' con Michela e raccontai a Tommy le novità che sicuramente lo avrebbero stregato.

Dopo andai da Cristina.

La sua foto era completamente nera, con due puntini, un po' sfocati, bianchi. Sulla lapide c'era scritto:

OTADNA IES EN ET.

Me lo segni in un foglio bianco trovato li vicino. Pensavo fosse caduto a qualcuno, ma era bianco e inutilizzato, quindi lo presi, si scrissi sopra la scritta e me ne tornai a casa.

Dopo aver Chiara a letto, cercai di capire quell'incisione.

Presi il foglietto, ma era bianco, esattamente a come lo trovai.

Rimasi confuso e mentre guardavo una facciata, sentii qualcosa in cucina.

Andai a controllare, ma era vuota.

Ripresi il foglio e c'era scritto, questa volta:

AILGIF AUT ADRAUG

Era cambiato, voltai il foglio e, come se fosse stato scritto con troppo inchiostro, riuscii a leggere:

GUARDA TUA FIGLIA

Mi chiesti cosa stesse succedendo.

La scritta scomparì, di nuovo. Un rumore in camera di Chiara si fece sentire.

Corsi in cameretta, non c'era nessuno se non mia figlia che dormiva.

Tornai al foglio, pronto per bruciarlo dalla paura.

Tornò la prima scritta, quella dell'incisione sulla lapide.

C'era scritto:

TE NE SEI ANDATO

Poi un voce: "Dovevi rimanere con me"

La conoscevo quella voce: "Cristina?"

"Mi hai lasciata perché ero in coma!" urlò tremendamente.

La sua stridula voce mi fece vibrare il sangue.

Non la vedevo e mi guardavo attorno, impaurito.

"Dove sei?" chiese impaurito

"Da una fanciulla"

Lì per lì non capii, poi...

"Chiara?! Lascia stare mia figlia!" urlai arrabbiato.

Corsi verso la cameretta, ma era chiusa a chiave, non riuscivo ad aprirla.

"Mi manca solo lei. Poi la tua vita sarà come prima. Avrai solo me" disse la donna.

"Cosa stai dicendo?" urlai disperato, impaurito, arrabbiato.

"Il volto di tua moglie, quella zoccola. Mi vide nel mezzo di strada."

" ... cosa?"

"Il bambino che dormiva, distrutto dalla giornata. L'auto che dava lui sonnolenza. Che bella famiglia che eravate"

"APRI QUESTA CAZZO DI PORTA!!"

"Non mi voleva colpire, sbandò. Poi un colpo. Contro un albero. Morti. Tuo figlio nemmeno se ne è accorto... di me."

"BASTA! BASTA! STA ZITTA!"

"Vide tua madre, disperato, piangeva.

Ma non poteva sopravvivere.

Uccisi anche lui, con lesioni simili a quelle di un incidente.

Il volto di tua moglie spaventato, rimasto così per ora fino ai primi soccorsi."

"Li hai uccisi? È colpa tua?" stavo per mettermi a piangere.

"Ora sta a tua figlia."

La porta si aprì.

Cristina era davanti a mia figlia, sveglia, spaventata.

La vedevo attraverso quel corpo distrutto, volto sfigurato.

Corsi a prendere la pistola.

Sparai tre colpi ad occhi chiusi, per evitare di vedere il terrore negli occhi di mia figlia.

Le luci si spensero.

Gli occhi bianchi di Cristina si vedevano, poi sparirono.

"Ottimo lavoro" disse con un filo di voce.

Accesi le luci, lei non c'era più.

Le pareti piene di scritte rosse come il sangue.

'Tornerò' c'era scritto.

Sul letto, Chiara. Morta. Il suo corpo con tre colpi.

Testa.

Spalla.

Inguine.

La pistola era nella mia mano ed io ero paralizzato dallo stupore.

La polizia arrivò ed io, mentre venivo portato via per l'omicidio di mia figlia, cercavo di avvisarli: "TORNERÀ!!! TORNERÀ!"

Venni rinchiuso in questo ospedale psichiatrico, ma non sono pazzo.

Nessuno mi crede.

Prima avevo il terrore di perdere mia figlia, ora no. Non ho più mia figlia, ho il terrore di vivere, di rivedere quella donna negli occhi, il suo sguardo sfigurato.

Oggi ne parlerò di nuovo con il mio psichiatria. Forse questa volta mi crederà.

Le Creepy Mai Svelate.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora