Era una domenica di ottobre. Fuori la pioggia non cessava da giorni. Si faceva più lieve e più sottile,ma non smetteva mai. La nebbia ricopriva le strade come un velo leggero e leggero che si alza dal terreno e si estende all'infinito verso il cielo. Il freddo rendeva l'atmosfera perfetta per il futuro arrivo dell'inverno. Il cielo era già blu e scuro nelle tarde ore del pomeriggio, e il sole era già scomparso dietro alle montagne lontane.
Come sempre nelle ultime settimane, Kira era in casa a giocare con le sue bambole. Da sola si sentiva meglio che in compagnia. Si auto-soddisfava. L'unica persona che la capiva veramente era se stessa. Molte volte si chiudeva in bagno e faceva interi discorsi parlando al suo riflesso nello specchio. Esternamente si odiava, ma internamente a parte la sua acidità si amava come non l'aveva mai amata nessuno.
Molte persone per questo la giudicavano "strana". Però se ti guardi attentamente in giro,le persone che si adorano sono davvero una rarità.
Quindi lei non era "strana". Era solo speciale, incompresa.
Insieme a lei c'era suo padre,che nella cucina della loro cantina stava facendo qualcosa con i suoi solito attrezzi. Kira spesso si chiedeva cosa facesse, perché non lo aveva mai capito. E anche se glielo avessero spiegato non lo avrebbe capito,per il semplice fatto che non le interessava.
Improvvisamente il silenzio fu interrotto da un suono che era ancora alieno e quasi sconosciuto. Kira quasi sobbalzò.
Era il campanello.
<<Vai a vedere chi è,io sono occupato>>disse Davide,il padre.
Lei sbuffò e si alzò dalla sedia,ma con lentezza. E con la stessa lentezza salì le scale. Chi poteva essere? Nessuno era stato invitato a casa, quindi non ne aveva idea.
Attraversò il corridoio, poi la cucina s infine il salone. Arrivò alla porta d'ingresso. Girò la chiave e aprì. Un'ondata di aria gelida le venne incontro investendola, e subito sentì i brividi attraversarle ogni parte del corpo.
Fuori l'oscurità diventava sempre più scura,come se fosse notte fonda. Una fitta nebbia ostacolava la vista. Sembrava di stare davanti a uno spesso muro bianco. Kira riusciva a malapena a vedere la strada è la fioca luce dei lampioni che la illuminavano.
<<Ciao>> disse una voce. C'era troppa nebbia perché lei riuscisse a vedere chi era al di là del suo cancello, che era qualche metro dalla porta d'ingresso. Però riuscì a riconoscere la voce.
Gionny.
<<Ciao>> rispose Kira. Si sporse in avanti, e avanzò di qualche passo per cercare di vedere. Il cancello era ancora molto lontano, ma sforzando gli occhi riuscì a vedere il viso sorridente del bambino. Le sue bellissime fossette erano profonde, in quel momento. Le sue guance, con il freddo, erano diventate più rosse. Era carinissimo.
Kira rimase immobile e in silenzio, per sapere ciò che lui le era venuto a dire.
<<Alle cinque e mezza ti va di venire a casa mia?>> chiese lui infine.
<<Ehm...va bene.>> rispose lei,cercando di mascherare l'insicurezza della sua risposta.
<Ok,allora a dopo.>>
Vide una figura lontana muoversi verso il cancello di lato al suo. Lei rientrò e si chiuse la porta alle spalle.
"Perché ho detto si? Perché l'ho fatto?" Queste furono le parole che rimbombarono nella sua testa.
Andò in cucina e guardò l'orologio. Erano quasi le cinque. Aveva ancora tempo. Ma ne avrebbe desiderato di più. Oppure avrebbe voluto che il tempo si fermasse, facendola restare intrappolata per sempre alle quattro e cinquantasette di quel pomeriggio d'ottobre.
Tornò al piano inferiore .
<<Chi era?>> chiese Davide.
<<Gionny. Il vicino.>>
<<Cosa voleva?>>
<<Alle cinque e mezza devo andare a casa sua.>>
<<Perché?>>
<<Mi ha invitata, e io ho risposto di sì.>>
Era agitata. Molto agitata. Ma non lo fece vedere. Non davanti al padre. Continuava a guardare l'orologio. I minuti stavano passando troppo velocemente, ma allo stesso tempo sembravano infiniti, peggiorando la situazione di ansia e agitazione.
Non riusciva a spiegarsi il perché avesse accettato. Era stata una risposta spontanea, quasi uscita involontariamente dalle sue labbra. Avrebbe dovuto dire di no. Sarebbe potuto essere tutto più semplice . Ma non riusciva a spiegarsi nemmeno il perché era così agitata. Avrebbe potuto semplicemente non andarci. Non sarebbe stato carino, ma era l'unica idea che le era venuta in mente.
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Amici come prima
RomanceA iniziare con "c'era una volta" sembra quasi una favola, e per certi versi può anche considerarsi tale. Una favola diversa, non di quelle classiche. Una favola in cui non c'è nessuna principessa da salvare, e in cui non c'è nessun principe pronto a...