Capitolo 12.

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Shawn.

Potevano essere le cinque del mattino quando mi svegliai di soprassalto.
Sapevo che non fosse colpa del materasso del divano letto, né del gatto che dormiva affianco a me.
Come sempre ero io il problema dei miei mali.
Mi sedetti sul bordo tenendo ancora le lenzuola ben salde fra i miei pugni e tirai un lungo sospiro prima di alzarmi ed andare verso la cucina.
Cercai per qualche minuto un bicchiere, finché mi sembrò ovvio che stessero nel pensile sopra al lavandino.
Aprì lo sportello sopra la mia testa e ne presi uno. Lo riempì di acqua e lo mandai giù in quasi un solo sorso.
Ne presi giusto altro mezzo bicchiere e poi lo lavai riponendolo nella credenza.
Andai verso la finestra e vidi che la neve era aumentata ancora.
Arrivava quasi alla finestra del piano terra del palazzo davanti.
Si trovava quasi ad un metro e qualcosa dal suolo.
Alzai gli occhi al cielo e presi il telefono per vedere come stesse Nash.
Appena lo accesi, notai una decina di chiamate perse dal mio migliore amico.
Quel ragazzo certe volte mi faceva venire il dubbio su chi fosse veramente mia madre.
Fra tutte le chiamate notai dei messaggi sempre da parte di Nash e li aprí per leggerli.
I primi venti si potevano riassumere con lui che mi insultava sul perché non rispondessi alle sue chiamate o ai suoi messaggi, mentre gli ultimi mi dicevano che stava bene e che lui e Sarah stavano insieme nel nostro appartamento.
Sorrisi al pensiero che finalmente si fosse trovato una ragazza seria e tranquilla al suo fianco e prima di spegnere lo schermo del telefono gli risposi che anche io stavo bene e che ero a casa di Noura.
Posai il telefono sul bracciolo del divano e nel mentre mi stiracchiavo notai la ragazza ferma sullo stipite della porta. Indossava un pantalone di pigiama a scacchi blu e grigi con sopra un felpone blu. I capelli erano tirati su in una crocchia scomposta e portava gli occhiali.
Non pensavo portasse gli occhiali.

-Hai problemi a dormire?

Mi chiese venendo verso di me e sedendosi sulla parte finale del materasso.
Io mi sedetti poco distante da lei e mi coprì le gambe con la coperta.
Lei sorrise distogliendo lo sguardo ed io imbarazzato annuì.

-Da quando papà non c'è più, la notte fatico sempre un po' a dormire.

Noura prese la mia mano e la strinse carezzandola dolcemente.
Era veramente una brava ragazza. Sempre attenta nei suoi gesti e mai inopportuna.
Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante lei tossí lasciandomi la mano e si voltò dall'altro lato.
I

o mi sistemai sotto le coperte e le feci un cenno per farla venire vicino a me.
Lei prese il telecomando e si sdraió vicino a me. Si infilò sotto le coperte e le tirò quasi fin sopra la bocca.

-Tu come mai non dormivi?

Chiesi e lei si girò su un fianco a guardarmi.

-Ho la sveglia che parte a quest'ora al mattino.
E ieri sera mi sono dimenticata di toglierla.
E poi avevo sentito dei rumori, perciò credevo che anche tu fossi sveglio.

Sentenzió lei accendendo in seguito la televisione, ma senza distogliere lo sguardo dai miei occhi.
Aveva degli occhi magnifici.
Il contorno dell'iride era di un verde scuro, mentre all'interno erano di un verde chiaro con una sfumatura marrone intorno la pupilla.
Potevo perdermici nei suoi occhi.

-La bufera durerà per altri due giorni.
Che ti va di fare?

Mi chiese lei poco dopo indicando la televisione.
Io alzai le spalle e poi mi misi su un fianco. Posizionai un braccio sotto la testa e mi morsi il labbro inferiore.

-Conosco un gioco.

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