Capitolo I

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Il vento estivo soffiava flemmatico, avvolgendo l'aria notturna con un'insolita frescura e scompigliando i fili d'erba e le fronde degli alberi, scatenando un'armonia di cigolii provenienti dalle fabbriche abbandonate che circondavano la distesa verde, forse abbandonata anch'essa. Si percepiva un forte odore di terra bagnata nei dintorni che, poco lontano da lì, in città, nessuno avrebbe sentito.

Quell'anno l'estate a San Lorenzo era stata parecchio torrida, d'altronde come tutte le altre, e proprio in quel giorno di mezza estate era spuntato come dal nulla un miracoloso acquazzone estivo che, poi si sa, un po' come tutte le cose belle vive intensamente e muore in fretta.
Sarà stato forse per la pioggia che quella sera il cielo era terso come non mai e le stelle erano così tante che un paio d'occhi ci si sarebbero potuti perdere, se solo qualche occhio ancora vi si posasse anche solo per riposare lo sguardo dai soliti impegni, le noiose scartoffie e dallo stesso vecchio paio di scarpe preferite che, nonostante gli anni accumulati, tornano sempre di moda.

Julia osservava attentamente le stelle in quel luogo abbandonato, anche lei forse abbandonata a se stessa, così rapita che quasi non faceva caso a dove poggiava i piedi. Era distesa su un massiccio ramo che le veniva offerto da un grosso albero di fico. In quel prato attorniato dalle fabbriche, fuori città, era facile poter vedere spuntare ogni tanto un cespuglio o qualche albero da frutto. Probabilmente in un tempo non troppo lontano faceva parte del circondario di fabbriche, chi lo sa, forse un tempo l'erba non era così alta e forse un tempo qualcuno sedeva sulle quattro panchine di roccia che costeggiavano, disposte a formare un quadrato, la fontana ormai vuota e sporca che faceva da cardine centrale a quella distesa così selvaggia di vegetazione.

Forse quello non era il posto migliore da frequentare di notte per una ragazzina di diciassette anni, ma per lei lo era da anni ormai.
In un'estate proprio come quella, circa un po' d'anni prima, in una delle sue solite scampagnate pomeridiane Julia si ritrovò a vagare per quei campi con amici d'infanzia di cui a stento ricordava il nome, di quelli che finite le elementari scompaiono dalla città. Suo padre le aveva sempre raccomandato di stare lontana da quei posti, perché non si sa mai cosa vi avrebbe potuto trovare una bambina di dieci anni. Ma a Julia poco importava di cosa le veniva detto, o meglio, spesso finiva per fare l'esatto opposto.

Spazio autrice
"Ho voluto iniziare questa storia con un paesaggio ventoso, inquieto, di quelli che poco si convengono in un contesto estivo. Allo stesso modo ho iniziato la storia di Julia con il paesaggio ventoso e inquieto che imperversa disastroso nella sua testa, una testa di quelle che poco si convengono in un mondo che non conosce l'inverno."

JuliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora