Capitolo XIII

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Julia attendeva reggendosi la testa con le mani, seduta su una pila di libri in un angolo non poco lontano dalla biblioteca da cui li aveva presi in prestito. Stava pigramente osservando un gatto nero assopito a bordo strada, forse solerte ad attraversare per portare sfortuna al primo malcapitato.

Era una giornata di calma piatta e quella sera, dopo una lunga permanenza fra le pagine di mille libri, si sarebbe dovuta incontrare con Francesca e una loro amica per tornare all'Assenzio. Era ormai più di una settimana che non metteva piede in quel posto, ma dopo la continua pressione esercitata da Francesca, all'unico scopo di rincontrare Claudio, decise di cedere. Certo che la sua amica aveva una gran bella fissazione per i ragazzi nei bar.

Era ormai tramonto inoltrato e s'iniziavano a scorgere stelle qua e là in un cielo dalle mille sfumature.
Proprio mentre Julia osservava rapita quello spettacolo, intravide di sbieco due signore dall'apparenza paesana che si dirigevano in bicicletta verso l'incrocio con la strada successiva, da cui invece proveniva una modesta Ford nera. “Carolì ma 'ndo vai?” gridò una alla probabile Carolina, che in tutta sbadataggine aveva continuato a pedalare in linea retta, mentre l'altra aveva svoltato nella traversa per poco non capitombolando sul parabrezza della macchina nera. Il proprietario, infastidito, suonò il clacson. Era un uomo tutto impettito, dal portamento e dall'aria austera di un mylord inglese.
Era proprio strana quella città, pensava Julia, vi era una promiscuità di caratteri, voci, modi di fare, quasi a dir paradossale.

I suoi pensieri dopo poco furono interrotti nuovamente, stavolta non da Carolina e la sua strampalata compagna ciclista, ma dalla voce squillante di Francesca; ”Jù, ma insomma, come fai a venire al bar con tutti questi libri?” la rimproverò.
Si stava avvicinando di gran carriera assieme ad una loro amica, Margherita, una ragazza delicata quanto il suo nome. Era una persona abbastanza timida, si celava dietro ad un mascherone di cordialità e compostezza per paura di lasciare scoperto il suo animo, ma non riusciva a nascondersi meglio di quanto lo facesse Julia.

Julia e Francesca la conobbero durante il secondo anno di liceo, durante un'occupazione studentesca. Tutti gli studenti si erano rifiutati di entrare a scuola, riversandosi impetuosamente nel cortile. Ma come ben tutti sanno, per le pecore nere di un gregge non è mai tutto rose e fiori, per cui un gruppetto di ragazzi fu trascinato all'interno dell'istituto, destinati a fare lezione. Il preside, un tipo tarchiatello di non appena un metro e sessanta, segnava il passo avanti e indietro per il lungo corridoio del Pertini, rosso di rabbia.
Il caso volle che Julia, Francesca e Margherita facessero parte delle pecore nere. Ma Julia, l'eroina di tutte loro, non appena bidello e preside si furono distratti in una corposa ramanzina gridata alla finestra che dava sul cortile colmo di studenti, afferrò le due amiche trascinandole nel bagno dei maschi. Così trascorsero cinque lunghe ore fra la puzza di orina e di sigaretta, accompagnate da conversazioni bisbigliate. Non fu di certo uno dei migliori modi per sventare una sconfitta, ma era pur sempre un passatempo migliore del fare lezione.
Da allora quel trio spesso si intratteneva fra i corridoi perdendo sostanziosi minuti di lezione e altre volte si frequentava al di fuori della scuola.

Le chiamavano “le Birre”; una rossa, una bionda e una, che a giudicare dl colore marroncino dei capelli, forse sarebbe dovuta essere una doppio malto particolarmente corposa. Margherita aveva infatti un altrettanto corposo caschetto, che incorniciava un volto pallido, in cui vi erano incastonati due brillanti occhi verdi. Vestiva in maniera semplice, a tratti scialba, risultando così una ragazza abbastanza anonima, creando una corazza che si avvinghiava soffocante alla sua dolce e solare personalità.

“Tranquilla Fra', metto tutto nello zaino” rispose pacatamente Julia.
“Attenta che prima o poi diventerai il Gobbo di Notre-Dame” incalzò sorridente, come sempre, Margherita.
“Non studio mica alla Hugo” ironizzò la rossa, lanciando in aria una freddura tanto squallida quanto la reazione imbarazzata delle amiche.

“Senti Jù, ma secondo te li ritroveremo lì?” spezzò il silenzio Francesca incamminandosi con le altre verso la strada che portava all'Assenzio.
“Loro chi?” disse di tutta risposta Julia, che per una attimo aveva perso la concentrazione, continuando a rimuginare su quanto fosse stata atroce la sua battuta.
“Ma come, quei ragazzi con cui avete giocato a carte!” si intromise Margherita innocentemente.
Julia scoccò uno sguardo interrogativo a Francesca. Anche se dentro di lei già si era immaginata il suo lungo monologo sparato dritto in fronte a Margherita, uno dei tanti di quando c'era qualche pettegolezzo succulento da narrare. Ma, attenzione, Francesca non era da confondere con tutte le altre pettegole, perché generalmente non le piaceva impicciarsi dei fatti altrui, preferiva lecitamente impicciarsi dei suoi, ma con lo stesso trasporto di una pettegolona.
Quello strano trio di ragazze continuò lentamente la sua strada fino all'Assenzio, fra chiacchiere, risate e strani aneddoti.

Spazio autrice
"Caro Lettore, ti ringrazio vivamente se sei arrivato fino a questo punto della lettura, spero che questa storia ti stia incuriosendo.
A breve arriverà il nuovo capitolo, in cui accadrà qualcosa di molto importante ed altrettanto esilarante. Credo proprio che nessuno vorrebbe trovarsi nei panni di Francesca..."

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