Capitolo II

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Era una ragazza che si potrebbe definire come poco convenzionale, le sue idee, i suoi vestiti, i suoi capelli, il suo nome. Forse si sarebbe dovuto pronunciare alla maniera anglosassone, con la j, ma essendo nata in Italia era sempre stato pronunciato all'italiana, con la g. Amava leggere libri di vecchia data all'ombra degli alberi di giorno e sotto la luce delle stelle di notte, le piaceva una canzone solo quando non la sentiva più nessuno, preferiva comprare vestiti un po' stravaganti, di quelli che indosso ad una ragazza non si direbbe possano stare bene, eppure sembrava che fossero stati disegnati appositamente per il suo corpo. A volte andava a fare qualche capatina alla vecchia e polverosa biblioteca della città, quella dietro all'altrettanto vecchia e forse un po' meno polverosa statua del David nella piazza del Comune, palesemente una copia sufficientemente ben riuscita dell'originale capolavoro di Michelangelo. Spesso però ci andava da sola perché a nessun ragazzo della sua età sarebbe piaciuto guardarla leggere libri consunti nel solito silenzio in cui si rinchiudeva quando era assorta. Posava lo sguardo su decine di libri diversi al giorno, poggiandoci involontariamente anche le lunghe ciocche di capelli ramati, che col tempo erano cresciuti sempre più, fino ad arrivarle poco sopra il bacino. Forse quei capelli le sarebbero arrivati fin sotto al sedere se solo non fossero sempre arruffati, in effetti non si sarebbe potuta definire una chioma riccia la sua, ma nemmeno liscia. Nella forma dei suoi indefiniti boccoli però risiedeva una perfezione che risiede solo nelle cose a cui non si dà attenzione. Se vista di profilo, i capelli erano così gonfi che non le si poteva scorgere nessun angolo di volto, se non la sottile punta del suo naso alla francese, uno di quei nasi che in realtà non hanno tutti i francesi e che, come lei, hanno anche gli italiani, ma spesso ricordano il naso di qualche vecchia ed elegante signora francese ricoperta di costose pellicce che sorseggia uno champagne, anch'esso costoso.

In estate soleva recarsi in biblioteca nel tardo pomeriggio, come del resto tutti i ragazzi si recavano fuori casa alla stessa ora, a mo' di ora di punta, riversandosi nelle afose piazze della città per passare il tempo ascoltando musica di ogni genere e sorseggiando le birre fresche, tutte comprate a basso prezzo all'East India, un vecchio bar, uno di quelli che, anche se nessuno l'ha mai stabilito, era frequentato da soli liceali. C'erano solo tre scuole superiori in quella cittadina né troppo piccola né troppo grande, le stesse che i genitori dei loro studenti attuali, a loro tempo, avevano frequentato.

Al centro della città, proprio al lato opposto della biblioteca adombrata dal falso David, alla sinstra del palazzo del Comune, vi era il sontuoso ingresso della Victor Hugo, dotato di un'ampia scalinata che congiungeva la piazza ad un elegante portone ligneo soprelevato e, poco sopra di esso, vi era l'iscrizione incisa nel marmo a caratteri cubitali, un po' come quelle iscrizioni romane in cui tutte le U diventano V, recante il nome dell'autore dell'altrettanto elegante "Notre-Dame de Paris". Quindi a prima vista sembrava essere qualche strano acronimo impronunciabile del tipo "HVGO". Poi, chi lo sa, forse quel nome era stato scelto proprio per avere l'impressione di essere in un posto così snob come una cattedrale francese.
Naturalmente, come il suo aspetto può già far intuire, quella era la scuola più prestigiosa e ovviamente costosa del posto. Di conseguenza era frequentata da figli di gente ricca, i classici ragazzi che vestono all'ultima moda, che leggono libri di prima mano, i primi a comprare l'ultima generazione di cellulare e che, insomma, fra primo e ultimo non conoscono vie di mezzo.
Vi erano più tipi di scuola al suo interno, tutti tipi di scuole prestigiose naturalmente, vi era la facoltà scientifica, classica, linguistica, magistrale e altri tipi che pochi ricordano nel citare le facoltà di quell'istituto. A prescindere dal tipo di corso che frequentava lì dentro, era facile poter riconoscere uno studente della Hugo: classica divisa nera palesemente costosa e ben curata con la vistosa scritta bianca riportante il nome dell'istituto.

Spazio autrice
"In questo capitolo ho dato sfogo alla mia immaginazione, picchiettando senza tregua sui tasti del mio computer. Ho immaginato un contesto consono alla vita di Julia, ma in fin dei conti è anche il contesto che desidero sia consono anche per la mia vita"

JuliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora