Capitolo XI

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Pochi giorni dopo aver fatto quello strano incubo, Julia si avviò verso casa di Francesca, di buona lena, come suo solito.
“Ma dove sei finita?” fremeva scalpitante lei dall'altra parte della cornetta.
Avevano deciso entrambe di spezzare l'anonimia di quel giorno così uguale agli altri, passati a buttare pomeriggi al Long Island, riunendosi a casa di Francesca per buttarne un altro guardando un film; un'ottima scusa con se stesse per passare del tempo oziando su un divano a mangiare cibo poco salutare.

Era un afoso pomeriggio inoltrato, Julia camminava per le strade di San Lorenzo accaldata.
Era giunta quasi fino alla piazza del Comune, Francesca abitava lungo la strada che costeggiava il retro di quel grosso palazzone bianco.
Passeggiava un po' qua e là giustificandosi da sola per la sua lentezza, ripetendo alla voce della sua coscienza, scalpitante e fremente quanto Francesca, che stava errando per le strade pur sempre allo scopo di andare dalla sua amica.

Si trovava nella traversa più prossima alla piazza e già si potevano udire chiaramente i soliti rombi di motorino e gli schiamazzi dei ragazzi che la popolavano in quella fascia oraria. Alcune donne si affrettavano a fare le ultime compere della giornata per cucinare la cena, tenendo per mano i loro rumorosi marmocchi, che si soffermavano piagnucolando a guardare colmi di brama il contenuto di certe vetrine di qualche negozio di giocattoli sparso qua e là per le strade.

In quell'armonia di suoni cittadini, Julia poté distinguere una vera e propria armonia, fatta di note altrettanto vere e proprie.
Era un suono indistinto, probabilmente lontano, ma pur sempre familiare.
A quel pensiero si lasciò sopraffare dalla curiosità, la paradossale condanna dell'Uomo, che a volte gli fa comodo, un po' come farebbe comodo ad un ricercatore e altre lo porta a smarrirsi, un po' come fece Julia.

Si lasciò cullare dalle note di quell'ignota eppure familiare melodia, di cui alle sue orecchie giungevano, come accade spesso nelle macchine che si allontanano, solo le note basse.

Maledisse la sua curiosità, ma le obbedì come fa un cane bastonato al suo burbero padrone, perciò iniziò a dirigersi verso il fondo della strada, dove erano state costruite delle bellissime villette a schiera che, come il grande orologio del Comune, sapevano un po' d'Inghilterra.

Passo dopo passo, la melodia diventava sempre più nitida, iniziava a sentire anche le vibrazioni delle note più acute. Fin quando non poté distinguere chiaramente il suono di una voce maschile, che fungeva da protagonista a quella canzone.

“One. Twentyone guuuuns” sentì.
Ecco che si spiegò il senso di familiarità che provava nei confronti di quell'indistinta e poco prima ignota musica.
Julia amava ascoltare canzoni ormai crepuscolari, di quelle che ai giorni suoi non lasciavano più traccia nell'aria se non grazie a quegli stracci di parole canticchiate male da qualche adulto che, per caso, si era ricordato di quando anch'egli sedeva sui muretti del liceo a bere birre.
Ma quella volta non si limitavano ad essere solo semplici stracci di parole, stavolta c'era qualcuno che veramente era stato capace di riportarle in vita con il loro vigore originale, sbiadito negli anni. Chi mai poteva conoscere canzoni così belle quanto dimenticate dalla maggior parte dei giovani? Julia doveva scoprirlo.
Aggiunse così un secondo, sostanzioso, interrogativo che le martellava irrefrenabilmente il cervello.

Aguzzò la vista in direzione di quelle villette, come se credesse che si potesse aguzzare di conseguenza anche l'udito.
“21 Guns” riempiva ormai tutto il vicinato delle sue orecchiabili note, allo stesso modo ne riempiva la testa a Julia, che iniziò a canticchiarla continuando a camminare verso quella musica, come una falena attratta da un faro accecante.

“Numero centoventitre” mormorò fra se e se quando giunse davanti al civico posto vicino il grosso e anonimo portone metallico del garage di una di quelle villette. Era chiuso e non poteva vederne il contenuto, se non tentando di immaginare i Green Day in persona che provavano per l'ennesima volta quella canzone dopo anni di tregua.

Avrebbe voluto così ardentemente conoscere i fautori di quella copia così ben fatta di una delle sue canzoni preferite. Ma come fare?

Fece per avvicinarsi alla porta di casa per leggere quello che sarebbe dovuto esser stato un cognome inciso sulla targhetta fissata sopra il campanello.
“Aspromonte” lesse non appena questa distava a malapena un metro da lei.
Avrebbe giurato di aver già sentito quel cognome prima, anche se non era un cognome molto diffuso. Evidentemente quella era la casa di qualche persona nubile o celibe, in quanto non vi fosse un altro cognome inciso su quella targa metallica.

Sulle note di “21 Guns” si sentì ballare un'altra melodia: era la suoneria del suo cellulare. Julia trasalì, come se fosse stata colta nell'atto di un furto domiciliare.
“Julia! Ma dove sei finita? Ti hanno rapita?” sparò tutto ad un colpo Francesca, era percepibile una nota di irritazione nella sua voce.
“Sto arrivando, tranquilla” replicò lei incerta, come se stesse recitando la parte di una persona che sta facendo il suo dovere, diversamente da lei.

Francesca era una di quelle persone difficilmente irritabili, ma proprio certe cose non riusciva a farsele scendere giù per il gargarozzo. A volte a Julia sembrava di recitare in un'allegra commediola la parte del gatto assopito contro cui sta lì a ringhiare un vivace cagnolino dagli occhi azzurri: Francesca; i due esatti opposti: l'una che odiava i ritardi e l'altra che ne faceva perennemente.

Attaccò la chiamata e lesse l'orario: “18:45”; doveva sbrigarsi se voleva ancora rimanere una cara amica di Francesca.

Iniziò a correre come non mai verso una piccola scorciatoia scoperta qualche anno prima, mentre stava facendo tardi ad una festa a casa di Francesca, come suo solito.
Girò un angolo con un salto a mezz'aria e finì disastrosamente addosso ad un signore ben vestito, probabilmente un avvocato a giudicarne l'aria severa e la valigetta che portava in una mano.
“Oh cazzo, scusi!” gridò lei affannata, senza interrompere la sua rocambolesca corsa verso la meta.

Spazio autrice
"Caro Lettore, rieccoci ad affrontare la nascita di un nuovo mistero che tormenterà Julia per i prossimi capitoli. Chi saranno mai le persone che stanno suonando '21 Guns'? E ancora, chi sarà mai il ragazzo del sogno?
Troppe domande imperversano violentemente nella testa di Julia, probabilmente ora anche nella tua e, chissà, forse anche nella mia.
Non le basterà dare uno sguardo al suo inconscio stavolta.
Dovrà armarsi di ogni mezzo possibile per scoprire l'identità di ormai troppe persone che con la sua vita avevano ben poco a che fare.
Ecco che inizierà inconsciamente il suo percorso verso la comprensione dello sfuggevole significato d'un gesto d'amore. "

JuliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora