Epilogo

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Fisso il mio riflesso nello specchio e quello che vedo non è un granché. É questo che vedono gli altri quando mi guardano? Osservo i miei capelli color carota: sono così buffi! Ricci e lunghi fino a metà schiena. Ricordo che alle medie mi chiamavano "pel di carota", che soprannome del cazzo. Gli anni peggiori della mia vita. Non solo per i continui insulti dei miei coetanei, ma anche perché è avvenuta la morte di mio padre. Una fottuta mattina d'autunno, lui prese l'auto per andare al lavoro, ci salutò come tutte le mattine: baciando la mamma, dando un cinque a mio fratello e scompigliandomi i capelli. Mi sussurrava sempre nell'orecchio: "Buona giornata principessa" .

Quella fu l'ultima volta volta che lo vidi. Ricordo la bidella che fece irruzione nella mia classe e disse che mia madre aveva una cosa molto importante da comunicarmi al telefono. Quando arrivai alla cornetta la mamma era in lacrime e mi disse: -Marika, tuo padre è in ospedale. Ha avuto un brutto incidente d'auto.-

Non sapevo che risponderle, avevo solo la forza di piangere e sperare che non fosse un incidente così grave. La mamma mi disse anche sarebbe venuta la nonna a prendermi appena fuori da scuola per portarmi in ospedale. Cercai di convincerla a farmi uscire subito da scuola, non volevo aspettare altre quattro ore! Lei era irremovibile, mi disse di stare tranquilla, che papà si sarebbe ripreso. Annuii distrattamente, sapevo che non era la verità: aveva la voce strozzata dalle lacrime. Le quattro ore successive sono state le più lunghe della mia vita. Appena suonò la campanella mi precipitai fuori e dissi alla nonna di guidare il più velocemente possibile. Arrivai nel corridoio dell'ospedale e vidi la mamma che piangeva. Appena mi vide, corse ad abbracciarmi forte e mi sussurrò: -Non ce l'ha fatta. Mi dispiace.-

Non riuscivo a concepire l'idea che papà non ci fosse più. Non mi sembrava reale, solo un brutto sogno. Piansi per settimane. All'epoca avevo solo dodici anni. Ma anche adesso, quando ripenso a quel fatidico giorno, mi salgono le lacrime... No Marika! Non piangere. Sii forte. Hai già pianto abbastanza in questi anni. Ritorno alla realtà e vedo di nuovo il mio riflesso. I miei occhi cadono sulle mie mani. Mi piacciono. Sono lunghe e affusolate, e questo grazie anche ai tanti anni di pianoforte. A volte, quando sono a casa da sola, mentre suono il piano, canto. Ma nessuno mi sentirà mai. Non ho la forza di espormi al pubblico. Mia madre a malapena sa che suono il pianoforte. Non canterò mai se non in presenza solo di me stessa.

Amore inconscioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora