IV

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Due braccia l'afferrano mentre si lascia cullare dall'acqua. La trascinano a fatica lungo il letto del fiume prima di lasciarla andare goffamente sulla riva. C'è un sole pallido a rischiarare il cielo, a riscaldare la sua pelle bagnata e coperta da vestiti zuppi. Sente il respiro pesante della persona che l'ha salvata mentre si lascia cadere seduta di fianco a lei.

– Tanto lo so che sei cosciente.

Apre lentamente un occhio e poi l'altro e volta piano la testa. I polmoni le funzionano, ha avuto modo di appurarlo una volta emersa. Non aveva ancora aperto gli occhi, però, preoccupata che potesse scontrarsi col bianco e un altro ricordo che non le apparteneva.

Eppure quella era lei.

Ma lei non riusciva a ricordare un periodo in cui era stata diversa da allora. In cui era stata una bambina.

– È il capolinea.

Sussulta, mettendo a fuoco la figura di fianco a lei. Ha una leggera gobba sul naso che si risolve in una seconda curvatura verso l'alto. I capelli corvini sono asciutti, così come la maglia strappata e rovinata che indossa. Ha l'incarnato pallido, coperto di lividi violacei sulle porzioni di pelle esposte. È emaciato e sembra fare fatica a riprendere il respiro. Quando si volta a osservarla, un cipiglio infastidito a modificargli l'espressione, può vedere anche i suoi occhi. Sono scuri, quasi neri. Sembrano macchie d'inchiostro nella sclera arrossata e tutt'intorno presentano lividi ancora rossi. Come se lo avessero preso a pugni.

È strano, pensa. È la prima persona della quale vede i lineamenti.

Lucia si tira su piano, scrollandosi di dosso la sensazione spiacevole dell'ignoranza. Non ha idea di cosa stia succedendo e, mentre indaga con lo sguardo la figura familiare ma del tutto estranea del ponte decadente e del prato rinsecchito e morto, nonostante la presenza del fiume, capisce di non sapere dove si trova.

Vorrebbe chiederglielo. Dirgli: dov'è che siamo? Perché sono qui? Ma pensa alle sue parole e arriccia il naso.

– Il capolinea? – domanda e lui sbuffa.

– Oddio, non sai niente. Eppure è colpa tua. Perché non vi prendete mai la responsabilità delle vostre azioni?

Lucia inclina la testa di lato. Qualcosa le suggerisce che dovrebbe arrabbiarsi, ma è solo stanca e qualsiasi reazione le sembra un'impresa. Si pizzica lievemente il braccio e arriccia le labbra in un broncio confuso. Prova ancora quella sensazione di estraneità rispetto alla sua pelle. Percepisce il contatto, registra il dolore, eppure è come se non fosse suo. Il giovane inarca un sopracciglio, scoccandole un'occhiata scettica.

– Che stai facendo?

Lucia arresta i suoi movimenti, guardandolo dritto negli occhi. Quello sostiene il suo sguardo confuso, sbuffando.

– Non mi conosci, se è quello che stai per chiedere.

– Non stavo per chiedere questo – ribatte lei monocorde, distogliendo lo sguardo e fissandolo sul fiume che, se ne accorge allora, non sta scorrendo.

È stagnante.

Deglutisce l'aria e l'angoscia dell'ignoto, poi fa per alzarsi ma il ragazzo la trattiene per un braccio e la costringe a sedersi di nuovo, facendola battere dolorosamente a terra. Aggrotta le sopracciglia e gli scocca un'occhiata eloquente.

– Non guardarmi così, ti sto risparmiando del tempo. Non c'è un'uscita da questo posto. Almeno io non l'ho trovata.

– E io come ci sono arrivata?

Lui fa schioccare la lingua contro il palato, scuotendo la testa, una risata incredula gli sfugge dalle labbra.

– Certo che siete davvero divertenti. Prima cercate di uccidervi e poi siete delusi da ciò che trovate dall'altra parte.

– È così che ci sei arrivato tu? Cercando di ucciderti?

Il ragazzo si ammutolisce, guardandola torvo.

– Certo che no. Non volevo morire – replica secco. Il suo tono assume una nota insicura. Un punto interrogativo invisibile e incerto. Strappa sterpaglie secche dal terreno intorno ai suoi piedi e le lancia lontano.

– Nemmeno io – dice di getto lei, battendo poi le palpebre e guardandosi intorno.

È morta?

Prende un respiro e sente chiaramente la gabbia toracica allargarsi e, se si concentra abbastanza, il battito del cuore nelle orecchie.

– E non lo sono. 

Lui aggrotta le sopracciglia. – Morta, intendo – supplisce allora. L'altro scuote la testa.

– Lo sei per forza. Altrimenti non avrebbe senso la tua presenza qui.

– Sono passati altri prima di me?

Non riceve risposta e si volta solo per vederlo distendersi, le labbra serrate gli occhi socchiusi.

– Rispondimi.

– Non ne ho voglia – dice, si lascia cadere disteso, poi e si volta sul fianco per darle le spalle. – Ora fa' silenzio, voglio dormire.

Lucia batte le palpebre, perplessa, prima di inarcare un sopracciglio con aria seccata, poi torna a respirare l'aria immobile.

– No, non ne sono passati altri – borbotta lui infine, prima che il respiro si regolarizzi e cada in un sonno profondo.

Lei lo imita, lasciandosi cadere distesa e chiudendo gli occhi, ma ha come la sensazione che nessun oblio verrà ad avvolgerla.

Riapre gli occhi e fissa il fiume per qualche secondo. Lanciando un'occhiata furtiva al ragazzo addormentato, si alza per avvicinarsi all'acqua torbida.

Dante viene strappato al sonno da un grido. Si alza di scatto, balzando in piedi goffamente. Gli occhi studiano i dintorni velocemente e la prima cosa che nota è che la ragazza non è dove l'ha lasciata.

La individua in prossimità del ponte, a pochi passi da una voragine che si è aperta improvvisamente. La struttura sembra sbriciolarsi velocemente.

Perché sta cambiando?

Si avvicina zoppicando, le gambe lunghe divorano il terreno nonostante
l'andamento claudicante. Le arriva alle spalle e le afferra un braccio, trascinandola per quanto possibile fino all'erba.

– Dì un po', sicura di non voler morire? – domanda piccato, lasciandola andare, notando che durante il tragitto deve essersi alzata. Lucia lo fissa inespressiva per qualche secondo, poi si volta verso il ponte e alla fine torna a osservarlo.

– Non hai detto che siamo già morti? – ribatte e lui apre la bocca per replicare, poi sbuffa e distoglie lo sguardo.

– Tu hai detto di non esserlo – borbotta, allontanandosi di nuovo. Lucia alza gli occhi al cielo, raggiungendolo con facilità.

– Giusto per essere sicura, tu hai intenzione di dormire tutto il tempo che siamo qui, vero?

– Non esiste il tempo qui. Non come sei abituata a viverlo tu. È tutto sempre uguale.

Lucia si ferma all'improvviso, afferrandolo per un braccio, lo forza a voltarsi e lui non oppone resistenza.

– Dormire dalle mie parti serve a combattere la stanchezza. Tu mi sembri più stanco di prima.

– Prima, dopo, prima di cosa?

– Prima di ora.

– E ora sarebbe dopo di prima o prima di ora è prima di prima?

Lucia lo fissa truce per un attimo, prima di lasciargli andare il braccio in malo modo. Lui ghigna appena.

– Non stancarti, il sonno non ristora e non puoi uscire da qui. È quello che succede quando muori.

Ma io non sono morta.

In lontananza, tra l'erba secca, un timido bagliore rossastro appare come un lampo, scomparendo in pochi attimi.

NdA

Abbiate pazienza per i trattini e gli errori. Non ho il PC sotto mano e copia-incollarli tutti dagli altri capitoli sarebbe stata un'impresa.
Grazie per aver letto fin qui :)

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