1. Sofia

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Se c'era una cosa che odiavo più nella vita era l'essere svegliata in malo modo, soprattutto dopo aver passato una nottata insonne. Strinsi le lenzuola tra le dita per il nervoso che mi stava mettendo quel rumore, era così forte che rimbombava nella mia testa.
«Ma dai sono solo le 8:00 di mattina!» Lei era Megan la mia coinquilina, nonché la mia migliore amica. Ci conoscevamo da anni ormai. Era stata la mia prima amica qui alla "Casa de los Sueños" ero sempre stata una bambina timida e introversa. Solo lei era riuscita a leggermi dentro e ad aiutarmi a fidarmi di più delle persone. Non so come avrei fatto senza di lei.
Il rumore alla porta diventò ancora più forte facendomi saltare letteralmente i nervi.
«Abbiamo capito, un attimo!» mi alzai di scatto dal letto, camminando in modo nervoso , sbattendo i piedi, verso la porta.
«Avete finito di rompere il ca-» mi bloccai appena mi ritrovai la governante davanti ai miei occhi. Deglutii timorosa. Quella donna metteva una paura agghiacciante a chiunque capitasse sotto le sue grinfie.
«Come posso aiutarla?» chiesi cambiando letteralmente atteggiamento. Appoggiai il mio braccio lungo lo stipite della porta , cercando per lo meno di sembrare sveglia e non uno zombie che camminava.
«La direttrice vuole vederti, a quanto pare qualcuno vuole prenderti in affido.» disse con il suo solito tono di disprezzo. Dovevo ancora capire cosa io gli avessi fatto.
«È impossibile. Nessuno ha mai chiesto di me.» risposi in modo scettico. Erano dodici anni che nessuna famiglia si faceva viva. Da bambina vedevo molti adulti scegliere gli altri e mai me. Quindi quella rivelazione mi aveva sorpresa e non poco. Quante probabilità c'erano che fossi scelta io? E se fosse andata male? L'ansia iniziò a divorarmi internamente, fino a quando non mi accorsi di essere arrivata davanti alla porta del suo ufficio. Vidi la governante posare la sua mano sulla maniglia e appena l'aprì intravidi una donna alta e slanciata, dai capelli biondi e ondulati. Indossava un vestito blu aderente che le arrivava a metà gamba. Accanto a lei c'era un uomo dai capelli castani, aveva una folta barba e degli occhi color nocciola. Entrai nella stanza e mi accorsi che non erano soli. Seduto alla sedia in modo svogliato c'era un ragazzo. Doveva essere loro figlio. Indossava una giacca di pelle, solito cliché da cattivo ragazzo. Non smetteva di guardare il suo telefono per quanto fosse impegnato. Appena i suoi occhi si posarono su di me persi un battito letteralmente. Sentii il suo sguardo bruciarmi la pelle come se cercasse in tutti i modi di leggermi dentro ma senza riuscirci. Quel suo taglio degli occhi mi colpì, era incredibilmente attraente. Ed ero stra convinta che lui sapesse di esserlo. Distolsi lo sguardo da lui e mi rivolsi alla direttrice , incrociando le braccia.
«Bene Sofia , loro sono la famiglia Romero.» disse la direttrice sforzando un sorriso, fingendo quasi di essere amichevole. Lei non era mai e dico mai amichevole. La guardai con sospetto. Non era sua abitudine essere così felice. Forse lo era perché finalmente mi sarei tolta dai piedi.
Li osservai ancora una volta. Erano completamente diversi da me. Loro sembravano eleganti, composti. Io invece ero l'opposto. Come al solito mi sarei sentita fuori posto.
«Come mai proprio io? Cos'ho di speciale?» dissi spostando il mio sguardo prima sulla direttrice che sui signori Romero. La donna bionda intervenne: «Abbiamo scelto te perché sei sola al mondo e quando abbiamo saputo che nessuno ti ha mai scelto volevamo darti l'opportunità di avere una famiglia.» Risi amaramente. «Quindi se ho capito bene , lo avete fatto per pietà? Mi dispiace ma non ho bisogno di un atto caritatevole da persone benestanti. Ho bisogno di una famiglia che mi ami.» stavo per girare i tacchi e andarmene, quando sentii una presa sul mio polso. Mi voltai verso di lei.
«Non abbiamo intenzione di fare beneficenza, adottandoti. Tu hai bisogno di noi come noi abbiamo bisogno di te. Meriti di essere amata anche tu. E se gli altri che sono venuti prima di noi non lo hanno capito. Peggio per loro.»
«Non puoi opporti Sofia, loro hanno scelto te. Andrà male? Chi lo sa. Ma almeno ci avrai provato.» aveva ragione la direttrice. Anche se non ero d'accordo, per legge dovevo andare con loro. Non avevo voce in capitolo in tutto questo.
«Vado a preparare le valigie allora.» dissi quasi in imbarazzo per essere stata rimproverata davanti a loro.  Uscii dal suo ufficio insieme alla governante che mi accompagnò nella mia stanza.
«Posso andare anche da sola, non credevo di essere in prigione. Tranquilla non scappo.» mormorai con le mani in tasca. Non mi rispose, l'unica cosa che faceva era seguirmi stando in silenzio. Quando faceva così mi faceva innervosire. Non sembrava nemmeno umana. Arrivai davanti alla mia porta, ancora aperta e vidi Megan aspettarmi con ansia seduta sul suo letto. Appena mi vide, si alzò di scatto venendomi in contro.
«Quindi? Come sono? Sono simpatici? Sono belli? Hanno altri figli?» quando era agitata o ansiosa aveva questa mania di parlare ininterrottamente. Diventava logorroica senza accorgersene. La presi dalle spalle bloccandola.
«Ehi calmati. Sono stata due secondi con loro. Non so dirti di preciso come sono ma ti farò sapere. Ora però devo preparare la valigia o la direttrice mi lincia.» mormorai  entrando in stanza, chiudendo la porta. Presi il mio trolley che avevo sotto il letto e misi tutti i miei vestiti, lasciando il cambio che avrei indossato. Dopo averla chiusa entrai in bagno, portandomi il cambio. Lo appoggiai su uno sgabello che si trovava lì accanto al lavandino e mi tolsi il pigiama per entrare nella cabina della doccia. Appena aprii l'acqua sussultai per il getto freddo che colpì la mia pelle. I miei muscoli si rilassarono appena l'acqua diventò tiepida.
Paranoica com'ero, mi vennero le solite paranoie che la mia testa mi affliggeva ogni volta. La paura di non soddisfare le aspettative delle persone mi distruggeva. Come facevano ad avere la certezza che io fossi la ragazza giusta per loro?
A risvegliarmi dai miei pensieri fu la musica del mio telefono che smise di suonare. Segno che avevo finito l'intera playlist di spotify. E le canzoni erano tante. Forse avevo esagerato. Chiusi l'acqua e gocciolante uscii dalla doccia. Avvolsi il mio corpo nudo intorno all'asciugamano e presi il mio telefono. Cavolo avevo ascoltato 10 canzoni? Quanto tempo ero rimasta lì dentro? Bloccai il telefono e dopo essermi asciugata indossai una semplice maglia bianca con una felpa verde e dei jeans neri. Indossai i miei stivaletti neri e poi passai ai capelli. Asciugandoli e passandoci la piastra. Mi truccai leggermente , giusto per sembrare carina e uscii dal bagno. Ogni passo che facevo era pesante come un macigno. Chi lo avrebbe mai detto che quella camera mi sarebbe mancata come l'aria?
Misi la mia valigia per terra e allungai la maniglia. Era arrivato il momento di salutare Megan. Io odiavo gli addii. Come avrei fatto senza di lei? Avevamo passato l'intera infanzia insieme, eravamo cresciute insieme e adesso non sarebbe stato più così. Non l'avrei più vista tutti i giorni.
«Mi mancherai da impazzire.» disse Megan stringendomi tra le sue braccia. Non ero tipo da abbracci ma in quel momento non mi sarei voluta staccare per nessun motivo al mondo.
«Sai che ti voglio bene vero?» mormorai tra le lacrime.
«Anche io Sof tanto.» la strinsi ancora di più per poi staccarmi appena sentii la voce della governante. «È ora di andare.»
«Hai sentito Alex in questi giorni?»mi domandò prima che uscissi. Solo sentire il suo nome mi tremavano le mani. «Ancora no ed è meglio così.»
«Più lontano da te sta è meglio è. Non farti abbindolare per favore.» disse in modo serio.
«Non accadrà.» Salutai per l'ultima volta Megan e uscii dalla mia stanza, recandomi al piano di sotto dove mi stavano aspettando. Erano lì , vicino alla porta di ingresso.
«Questi sono i tuoi documenti. Fai la brava.» manco fosse mia madre...
«Io faccio sempre la brava.» risposi infastidita, uscendo da quella casa famiglia e guardai l'auto con cui mi erano venuti a prendere. Era un Audi Nera opacizzata. Vidi quel ragazzo mettersi alla guida. Quell'auto era la sua. Mi misi nel posto di dietro con accanto la signora Romero.
«Da oggi puoi chiamarmi Marlene.» disse la donna al mio fianco. Sforzai un sorriso e tornai a guardare il paesaggio da fuori dal finestrino. Non so come sarebbe andata ma forse e dico forse, avevo trovato una famiglia.

Angolo autrice ✍️ 🤍

Roselline come state? Spero vi sia piaciuto questo capitolo, lasciate tante stelline e fatemi sapere cosa ne pensate.

𝐄𝐍𝐃𝐋𝐄𝐒𝐒 || 𝐕𝐎𝐋𝐔𝐌𝐄 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora