Un corpo sul bordo del mondo

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I due uomini erano in piedi, la foresta alle loro spalle, rivolti verso il sole del mattino. Una bombetta copriva il volto paffuto del più piccolo. Aspettava invano che il suo capo dicesse qualcosa, ma l'altro taceva. Le palpebre abbassate tremavano mosse da qualche fugace pensiero o dall'assenza di sonno. Aprì gli occhi e contemplò il paesaggio che si distendeva di fronte a lui, o meglio, la sua assenza. A pochi passi dagli uomini il terreno ricoperto di aghi di pino si immergeva in un ripido precipizio. Non c'era un fondo ai piedi di quel baratro, solo il vuoto e cielo. Non gli dispiaceva la mancanza di certezze, ma non era neppure a suo agio in quella condizione. Era l'alba e il sole se ne stava lì, di fronte a lui, perfettamente al centro di quella volta azzurra che si estendeva fino all'orizzonte, al di sotto dei suoi piedi.

-Perdona la mia distrazione, andiamo a vedere il corpo-

-Da questa parte, seguimi. Se qualcosa ti turba, ricordati che puoi sempre parlarmene-

-No, non è nulla-

-Non sei più lo stesso da quel giorno-

Un velo di melanconia solcò il volto silenzioso dell'uomo.

-Dovresti smettere di pensare al passato. Potresti iniziare una nuova vita, conoscere gente nuova ora che lei è scomparsa-

-Non parlare di lei!- esclamò adirato rivolto al compagno, che, preoccupato, non proferì più parola.

L'assistente lo condusse tra i cespugli fino alla scena del crimine. Gli alberi si diradavano formando una radura immersa nel verde profumato di rugiada. Esattamente al centro, in una leggera depressione del terreno, giaceva un cadavere. Gli arti erano stati allargati in modo artificiale e grottesco. Indossava una larga camicia umida al tatto e dei pantaloni variopinti e nel mezzo del petto era conficcato un tubo di plastica rossa. I due uomini non poterono fare a meno di osservare che il colore dell'arma improvvisata ben si intonava con quello dei vestiti e che rappresentava una piacevole alternativa al sangue che si sarebbero aspettati in una situazione del genere. Si avvicinarono ai resti per cercare ulteriori dettagli. La testa del morto, perfettamente lucida, non presentava né capelli né volto. Sulla pelle ormai pallida era stato disegnato con un pennarello una bocca spalancata e due occhi sorpresi.

-Almeno sappiamo che la vittima non si aspettava ciò che le è successo- commentò l'assistente paffuto riferendosi all'espressione di stupore dipinta sul volto del cadavere. Continuarono ad osservare la radura con attenzione per alcuni minuti, ma non c'era traccia di chi potesse aver commesso quel gesto. La terra non mostrava segni di lotta o di trascinamento. I rami più bassi non erano spezzati e tutto taceva.

-Torno all'ufficio, ho bisogno di riflettere. So che qualcosa mi sta sfuggendo- disse l'uomo dall'impermeabile color mirtillo all'altro estraendo dalla tasca un mazzo di chiavi. Si accostò distrattamente a uno degli alberi ai margini dello spiazzo. Quello sarebbe potuto andare bene. Avvicinò delicatamente la punta di una chiave alle pieghe della corteccia. Fece un profondo respiro. Allungò la mano e afferrò con convinzione un pomello di metallo freddo. Spalancò la porta e la luce della foresta si richiuse alle sue spalle. Andò a sedersi sulla poltrona accanto alla sua scrivania. Doveva capire chi poteva aver commesso quell'atto selvaggio. Aveva trascorso tanti anni in quell'ufficio, aveva visto ogni genere di efferatezza, ma un omicidio era qualcosa di decisamente fuori dal comune. Chi era la vittima? Era sicuro di averla già vista da qualche parte di recente, forse in quei sogni torbidi che precedono il suono della sveglia. Con calma e lucidità tentò di ripercorrere i suoi spostamenti delle ultime settimane. Di certo non la aveva incontrata nel piccolo castello capovolto che occupava il fondo del suo lavandino da ormai qualche mese. I suoi abitanti erano decisamente troppo eccentrici per avventurarsi nella foresta e venire accoltellati con un tubo di gomma. Non poteva trattarsi neppure del deserto, lì era solo solitudine e vento caldo. Ora che ci stava pensando non si capacitò di come avesse potuto incontrarci la ragazza dai capelli scuri. Mentre ripensava a quell'incontro, lo sguardo gli cadde sulla fotografia incorniciata sulla sua scrivania. Tre splendidi occhi lo stavano fissando dalla carta lucida e un po' rovinata. A quella vista una fitta di dolore attraversò il petto dell'uomo. Non era il momento di lasciarsi sopraffare dal passato, aveva un caso da risolvere. Forse il suo assistente aveva ragione, doveva andare avanti.

In quell'istante la risposta alla sua domanda lo colpì violentemente, sulla fronte, proprio in mezzo agli occhi, come quando di notte si faceva prendere dal panico e correva a cercare i calzini nell'armadio, ma non accendeva la luce e si dimenticava di aver aperto i cassetti prima di chinarsi di colpo. Il mese prima era andato nel locale sulla sponda del lago, quello tra la spiaggia e la luna. Ricordava con chiarezza che il suo scopo era ubriacarsi per tentare di dimenticare la solitudine. Si era seduto accanto ad un burbero rinoceronte e gli aveva raccontato tutte le delusioni della sua vita, ma a quel punto era svenuto. Cosa era successo dopo? Le memorie erano confuse e frammentate, però si ricordava di un vicolo. Come ci era arrivato? Non si trattava della strada per il locale. Non se ne era neppure andato dal bar. Giusto! Dopo essere svenuto era uscito dal suo corpo, o meglio, la sua coscienza doveva essersi staccata dal suo corpo per poi farsi piccola piccola ed entrare nel suo cervelletto. Ecco dove si trovava quel vicolo orribile, proprio dietro all'amigdala! Una volta arrivato lì aveva visto un'insegna al neon. Che locale malfamato, aveva pensato, proprio il posto perfetto per continuare la mia serata di bevute. Era entrato barcollando e esattamente al bancone aveva visto la vittima. Quella testa lucida, senza bocca, né naso, né occhi ora gli appariva chiara e nitida come se gli fosse stata di fronte. Prima non riusciva a capire, perché pensava che la faccia disegnata a pennarello fosse l'ultima espressione della vittima quando era stata barbaramente uccisa, invece era il suo viso normale, esattamente lo stesso che aveva visto nel sudicio bar all'interno del suo cervello.

Un impermeabile impolveratoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora