Squillo di telefono al chiaro di luna

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Era notte. La brezza muoveva appena l'aria del deserto mentre i pipistrelli volavano muti creando ombre guizzanti sulla sabbia. La luna illuminava le dune e gettava strane ombre su un vecchio edificio diroccato, abbandonato lì per caso come da un bambino sbadato. Le pareti crollate lasciavano intravedere vecchi locali, una sala da ballo in rovina, le sedie di legno decorato accatastate in un angolo diventate ormai il nido di piccoli roditori. Tutto era disabitato, solo da una finestra di quello che un tempo era stato l'ultimo piano si intravedevano dei segni di vita.

Un armadio di legno scuro copriva la parete più interna e la linda carta da parati color pastello e dalle assi si sollevava un profumo di cera che invadeva la stanza. Su una sedia era appoggiato un impermeabile di tessuto sgualcito. Delle coperte di lino stropicciate da chissà quale intensa emozione giacevano in disordine su un letto matrimoniale e coprivano parzialmente il corpo di una giovane donna. I capelli ricci e scuri circondavano un dolce volto ovale immerso nel sonno. Alla finestra un uomo osservava l'orizzonte. Le sue lunghe dita affusolate scorrevano trepidanti sul davanzale disegnando complessi arabeschi sul sottile strato di sabbia depositato dal vento. Di fronte a lui giaceva quel che restava dell'albergo, soffitti crollati, cemento sgretolato e qualche coyote affamato.

Ad un tratto un telefono squillò svegliando la donna. L'uomo sollevò la cornetta dal comodino. Lo sguardo di lei si posò sulla sua sagoma illuminata dalla luce lunare. Le sue pupille fisse, le palpebre immobili spalancate, come ad aspettare una risposta. Voleva che le si sedesse accanto, che la sfiorasse e che le dicesse di non temere, ma lui rimase in piedi, avvicinò il telefono al viso e si voltò verso la finestra. Ella strinse a sé le coperte e tentò di nascondere un'espressione delusa, non sapendo che a pochi passi la luna stava illuminando una tristezza simile sul volto dell'uomo.

-Scusa capo, non ti avrei mai disturbato a quest'ora se non fosse per una questione estremamente importante-

-Parla e non preoccuparti, ero già sveglio-

-Hanno trovato un corpo senza volto oltre la foresta. Dobbiamo indagare-

-Capisco, raggiungimi lì-

Dopo aver riagganciato la cornetta si diresse con passo deciso verso l'impermeabile che aveva lasciato in un angolo della stanza e in pochi secondi se ne andò. La donna rimase nel letto, silenziosa. Qualche lacrima le solcò le guance nella penombra. Perché era lì? Perché aveva seguito quell'uomo incontrato nel deserto, in fondo al mare, nella foresta? Cosa aveva provato vedendo quel volto magro illuminato per un istante da un sorriso? Si era lasciata trascinare insieme a lui da una goccia di oblio? Scoppiò a ridere.

L'uomo scese in fretta le scale. Senza rifletterci attraversò corridoi silenziosi e androni diroccati. Conosceva la sua meta, ma non sapeva nulla di ciò che lo aspettava. Erano passati anni dall'ultima indagine, se così poteva chiamarla. Un corpo oltre la foresta. Nonostante tutto ciò che aveva vissuto la foresta era ancora in grado di turbarlo. Non importa quante volte la aveva attraversata alla ricerca di tracce, inseguendo prede o emozioni. Ogni volta quel posto lo spingeva a pensare a lei. Si erano incontrati lì. Quel suo buffo cappello largo e nero. Stranamente era il primo dettaglio che aveva notato di lei, non i suoi tre splendidi occhi. Avrebbe desiderato in seguito di aver avuto a disposizione più tempo per poterli ammirare. Le sue labbra si mossero appena in un'espressione sofferente. Perché era tornato all'albergo? Cosa aveva visto in quella ragazza? Avrebbe dovuto mostrarsi più amichevole o forse evitarla fin dall'inizio se temeva veramente che qualcosa potesse succedere. Nel silenzio della notte udì una risata. Continuò a camminare spedito verso le dune e la foresta mentre la luna illuminava il suo impermeabile color mirtillo.

Un impermeabile impolveratoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora