Goccia dopo goccia i loro corpi ripresero forma sul pavimento dell'ufficio. In silenzio l'uomo appoggiò l'impermeabile all'appendiabiti accanto alla porta e fece accomodare la ragazza sulla poltrona di fronte alla scrivania.
-Come mi hai trovato?-
La donna, ancora scossa per l'accaduto iniziò a raccontare con voce fioca:
-Dopo la tua improvvisa partenza, non sapevo cosa pensare. Ti eri mostrato amichevole con me nel deserto, sembravi felice in quella stanza d'albergo, tra le rovine e i rimpianti, ma poi successe qualcosa. Dopo la telefonata mi resi conto che non ero stata in grado di capirti e che probabilmente mai lo sarei stata. Strinsi a me quelle lenzuola ancora tiepide di quel calore non mio e aspettai. Non sono sicura di cosa volessi, semplicemente rimasi lì. Sorse il sole e la luce del deserto si riversò nella stanza attraverso la finestra che lasciasti aperta. Le rovine tremavano nell'aria immota. Quelli erano i paesaggi in cui ero cresciuta, ma ormai tutto mi sembrava lontano, magnifico e estraneo. Osservai in silenzio le dune morbide e arrivò il tramonto. Quando il buio solitario della notte mi avvolse ero ancora lì, sul letto, come tu mi vidi. Sorse di nuovo il sole e poi giunse la sera e ancora l'aurora e il crepuscolo e ancora e ancora. Sei giorni aspettai in quella stanza che la mia mente prendesse una decisione. All'alba del settimo mi misi in cammino con lo scopo di trovarti. Forse tu saresti riuscito a rispondere alle domande che ancora non conoscevo. Ero sola e spaventata, ma la tua malinconia era lì con me. La percepivo al mio fianco, che mi sorrideva con quel tuo sorriso stanco. Fu un ottima compagna di viaggio. Quando la sabbia rovente mi feriva la pelle era pronta a consolarmi, quando il freddo della notte mi mordeva il volto, mi spronava ad avanzare verso il nulla.
Trascorsi venti giorni camminando. Avevo una meta, ma pian piano mi resi conto di non conoscere la direzione per raggiungerla. Perché avanzavo? Che senso aveva il mio continuo andare avanti? Solo la tristezza di tanto in tanto mi dava l'illusione di averti più vicino. Tutta la strada percorsa di certo non mi aveva condotta a te. Non avevo fatto altro che allontanarmi. Fu a quel punto che capii. Perché cercarti dove avrei potuto non trovarti? Io sapevo dove eri, ma non nel futuro dove ti stavo cercando, soltanto nel passato ero sicura che ti avrei trovato. Tutti i miei dubbi se ne andarono urlando e pestandosi i piedi a vicenda. Per la prima volta da quando te ne andasti sorrisi e mi incamminai indietro nel tempo. Dovetti ripercorrere tutti i venti giorni di cammino, ma avanzavo con l'animo leggero di chi conosce già la strada e il tempo che gli stanno davanti e finalmente all'alba del primo giorno mi ritrovai davanti all'albergo abbandonato. Tornai nella stanza e aspettai sei giorni. Stetti sul letto, trepidante, contando le ore che mancavano al nostro incontro. Giunse infine la notte fatidica. Non sapevo cosa ti avrei detto, ma sapevo che mi avrebbe sollevato dirtelo. Poi entrasti. Questa volta vidi la tristezza che ti rigava le guance e scoprii di non essere sola. Non appena posasti l'impermeabile mi gettai su di te. Eri preoccupato, il contatto con me ti turbava, ma non mi importava più.
-Io... io devo andare. C'è stato un omicidio...- cercasti di dire impacciato.
-Lascia che ti accompagni. La mia presenza ti spaventa più del confronto con un assassino?-
Rimanesti lì, immobile, senza rispondermi. Mi resi conto che avrei dovuto continuare a cercare, sapevo dove cercare, o meglio quando, e non ti avrei permesso di bloccarmi nella mia missione. Ripresi a camminare indietro nel tempo. Ci osservai in silenzio tornare a letto, vidi i nostri corpi giacere per poi unirsi e rialzarsi. Continuai senza esitare a seguire noi stessi, fuori da quel maledetto albergo, poi nel deserto dove ci eravamo incontrati al chiaro di luna. Fui una paziente spettatrice della nostra notte, ma la mia ricerca non si sarebbe di certo fermata lì. Quando ci separammo, continuai a seguirti nei tuoi vagabondaggi. Attraversai al tuo fianco la foresta, il mare oltre l'orizzonte senza che tu ne accorgessi. Eri così preso dall'avanzare nel tempo da non riuscire ad accorgerti di me. Cosa ti aveva reso così cieco? Da cosa stavi scappando? Per mesi mi posi queste domande e stavo per gettare la spugna quando finalmente la risposta mi si presentò.
Era una notte d'estate, come quella in cui ci siamo conosciuti. Nel profumo di cera e di fiori di un appartamento ordinato giaceva un cadavere ai tuoi piedi e tu, paralizzato da quella vista, lo fissavi senza emettere alcun suono. La donna al suolo si stringeva una mano al petto, forse aveva tentato di rallentare la fuoriuscita del sangue. Le sue tenere labbra rosee erano appena socchiuse, chissà se avevano invocato il tuo nome prima di fermarsi per sempre? I suoi tre splendidi occhi scuri erano spalancati su realtà che non saremo mai in grado di comprendere. La vita tornò in lei mentre tu ti piegavi al suo fianco per sostenerla. Scoppiai a piangere travolta dalla vista di quel dolore. Lei si rialzò guardando confusamente la macchia rossa che le si restringeva sul vestito a fiori bianco e blu. Una figura confusa, appena più concreta di una nuvola di fumo, fece capolino dalla porta di ingresso, giusto in tempo per far rientrare con una detonazione un proiettile non più sporco di sangue nella canna della sua pistola.
Non riuscendo a trattenermi iniziai a correre indietro nel tempo, cercando rifugio in un qualche passato felice. Scene di vita e dolore mi balenarono di fronte agli occhi troppo veloci perché potessi capire cosa mi circondava. Mi fermai sconvolta e senza fiato.
-Accomodati pure- una voce gentile si rivolse a me indicandomi una poltrona.
Ero ancora nell'appartamento, nella stessa stanza del delitto, ma questa volta era un tranquillo pomeriggio. I raggi del sole giocavano con i ricami delle tende prima di andare a morire sul pavimento di legno lucido. Un vaso di fiori risplendeva accanto a una sedia su cui una donna era seduta. I suoi tre occhi mi fissavano incuriosita. Quell'espressione mi trasmetteva serenità e senza pensarci seguii l'invito.
-Cosa ti ha portato qui?- chiese la padrona di casa.
-Cercavo l'uomo dall'impermeabile color mirtillo, lo ho cercato in un tempo in cui potesse rispondere alle mie domande-
-Capisco, ma non è qui che troverai l'uomo che cerchi. Forse potresti essere felice, sentire l'allegria che ti sfiora i capelli e ti solletica il collo, ma non è questo ciò che vuoi-
La disperazione mi colse sentendo quelle parole prive di speranza. Avevo forse viaggiato per quasi un anno senza motivo? Rivolsi i miei dubbi alla donna e come risposta non ottenni altro che un sorriso dolce. Poi si alzò voltandomi le spalle e mi lasciò sola. Dopo alcuni minuti tornò reggendo in mano un cappello sgualcito.
-Tieni questo, ti condurrà da lui, dovrai solo aspettare-
Senza esitare lo indossai e il mondo si ripiegò su di me. Le pareti, le finestre si gonfiarono grottescamente e si lanciarono nella mia direzione. I muri mi abbracciarono amorevoli mentre la luce ribolliva e urlava tutt'intorno a me. Dopo un istante di tenebre mi ritrovai nel locale fumoso, mentre fuori pioveva. Affittai una camera e aspettai il tuo arrivo conservando nel cuore la certezza che un giorno saresti arrivato.-
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Un impermeabile impolverato
FantasyNella foresta sul bordo del mondo viene ritrovato un cadavere senza volto. Nel deserto l'uomo dall'impermeabile color mirtillo guarda l'orizzonte da una camera di un albergo diroccato, mentre una ragazza giace sul letto alle sue spalle. Chi è l'ass...