Capitolo 2

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Sorpresa!

Fisso la mia stanza da non so quante ore ormai, più guardo l'armadio vecchio e con la vernice ormai rovinata, e più mi sento osservata dal letto di una piazza che mi fa venire i brividi.

La mia vecchia stanza era viola, bianca e rosa, tutti i mobili nuovi e con un letto king size. Questa invece non ha colori particolari e poi è davvero troppo piccola, mi fa pensare che sia stata uno sgabuzzino un tempo.

Poso le valigie e, senza perdere altro tempo, scendo in cucina per vedere se zia ha bisogno di aiuto per il pranzo.

«Lea, so che non è la tua casa ideale, ma ti dico solo di non dare conclusioni affrettate e dai una chance a questo posto», e mi sorride in un modo così maledettamente sincero che mi è difficile non ricambiare.

Sento i passi del marito giungere fino a noi. «Magari potresti uscire e fare una passeggiata?» propone ed annuisco.

«Tornerò tardi, quindi mangiate pure» li avviso ed esco da lì.

Avrei tanto voluto restare nella mia città ma l'idea di stare da sola non è così allettante e, anche se ormai sono maggiorenne, in un certo senso sono contenta che mi abbiano preso con loro.

Quando sono sulla strada per poco non mi viene un colpo. C'è una lunghissima strada da fare e penso proprio che il centro sia lontano da qui.

Non voglio tornare indietro e chiedergli di accompagnarmi! Eh pazienza, mi farò quattro passi.

Menomale che ho messo delle scarpe da ginnastica! Anche se Dolce & Gabbana, almeno non sono i tacchi penso.

Non ricordo da quanto sto camminando ma il caldo rende tutto più insopportabile e, come se non bastasse, il telefono su questa dannata isola non prende.

Sembra di essere finta in un film che finisce con il mio rapimento!

Con questo pensiero, quasi mi viene un infarto quando una macchina si ferma accanto a me.

«Tu non sei sicuramente di queste parti, giusto?» domanda una voce femminile e noto che abbassa il finestrino.

È una ragazza che avrà più o meno la mia età, con degli splendidi occhi color nocciola e i capelli castani con le punte fucsia.

La guardo scettica mentre ricordo le parole di mia nonna "non si parla con gli sconosciuti".

«Guarda che non ti mangio mica e, per informarti, dovrai camminare ancora per un'ora con quasi quaranta gradi se vuoi arrivare in città. Considerando che io sono con la macchina, ti potrei dare un passaggio» mi informa con un sorriso.

«Non ne voglio approfittare, non ti conosco e-» mi blocco quando la vedo ridere.

«No problem, te l'ho chiesto io. E per l'altra affermazione, piacere sono Brianna» mi interrompe e apre lo sportello.

Sento le minacce della nonna mentre entro nella sua macchina che ha un fortissimo profumo di lavanda.

«Io sono Lea, e grazie mille» le dico, e parte sgommando.

La strada è tutta dritta ma stretta, nonostante siamo su una dannatissima isola quasi disabitata.

«Allora, cosa ti porta qui, sull'isola delle nuvole?» rompe il silenzio.

«Isola delle nuvole?» ripeto.

«Si, viene chiamata così perché è sempre coperta da questo leggero strato di nuvole» mi spiega e annuisco.

«In realtà mi sono trasferita con i miei zii qui» taglio corto, non volendo spiegare tutta la storia.

«Mm ok, anche se è strano che degli americani si trasferiscano qui» solleva le spalle, accendendo la radio.

«Come sai che sono americana?» mi volto verso di lei.

Non le ho detto proprio niente o almeno credo, non so se adesso dico le cose e non lo ricordo.
Sono proprio messa male!

Mi fa un sorrisetto. «Sesto senso, ho indovinato?».

«A dire il vero si» rispondo, ancora scettica.

Scoppia a ridere all'improvviso. «Sto scherzando! L'ho capito dalle scarpe e la borsa! Gli italiani nemmeno lo sanno della nostra esistenza ma l'anno scorso gli abitanti hanno fatto un progetto per coinvolgere gli americani» mi sfotte ridendo.

La seguo nella risata, adesso che sono molto più rilassata che non sia una stalker maniaca.

Per il resto non parliamo molto di me ma parliamo un po' in generale e cantiamo a squarciagola le canzoni della radio.

Ora che passo più tempo con lei mi accorgo che è davvero simpatica e mi chiedo se anche gli altri abitanti siano così socievoli come lei.

Passano pochi minuti e già si iniziano a vedere le prime case che vanno tutte in salita, verso la cima della piccola collina, ricoperta da un fitto bosco.

«Ecco a te il nostro piccolo paesino! Ti consiglio di andare a prendere un bel succo si more nel bar che sta nella piazzetta, è l'unico quindi lo riconoscerai molto facilmente» annuncia e sblocca gli sportelli.

«Grazie di tutto Brianna» dico sinceramente e faccio per andarmene ma poi la vedo scendere.

«Vengo anche io al bar, ho bisogno di qualcosa di fresco!» si giustifica, prendendomi a braccetto ed entrando in questo piccolo locale.

Da premettere che le more non mi sono mai piaciute per il sapore di bosco che hanno, mi sono ricreduta invece bevendo questo succo perché è davvero buonissimo.

«Cosa c'è da fare qui?» le chiedo, dando un altro sorso.

«Oh beh puoi passeggiare per le vie, nuotare nel mare, è tutta spiaggia libera, si possono fare delle uscite in mare con il kayak....» ci pensa su mentre le elenca e dopo si blocca.

In sostanza non c'è nulla, fantastico!

«Si fanno passeggiate nel bosco?», e mi riferisco a quello che ricopre tutta la collina e non so dove vada a finire.

Non appena faccio la domanda, tutte le poche persone presenti si voltano verso di me e non capisco questa reazione.

«È pericoloso entrare là dentro, girano voci che le persone che si erano avventurate non sono più tornate qui» sussurra abbassa voce.

«Come fai a sapere queste cose?» ribatto.

Sospira e credo che non abbia tanta voglia di parlarne, ma ha attirato la mia curiosità. «Sono cresciuta qui e queste cose me le ha raccontate mia nonna, è una delle prime persone che hanno abitato l'isola» mi spiega.

«Come si chiama?». Dato che non ho nulla da fare qui, almeno scopro un po' di cose.

«Qui la chiamano Sophia, sapienza.»

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Dannata isola delle nuvole (#wattys2020)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora