Capitolo 5

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«Ciao zia, come va?» le chiedo sorridendo.

Contro ogni mia speranza, non riesco ad ammorbidirla e, anzi, mi guarda ancora più male.

«Non ti ho portata sull'isola perché tu te ne stia fuori chissà dove, al buio!» continua.

«Oh andiamo, non vorrai dire sul serio!» esclamo, facendo una risatina nervosa.

Incrocia le braccia, rilassando, anche se di poco, i nervi. «Lea, non voglio essere severa, non lo sono mai stata, ma allo stesso tempo sei sotto la mia responsabilità e devo essere avvisata di dove sei e cosa fai» sospira, sedendosi sulla sedia che sta nel corridoio.

Che poi, non ho mai capito il senso di avere una sedia in corridoio!

«Non sono più una bambina, so cavarmela da sola» preciso, nel caso in cui fosse rimasta indietro nel tempo.

«Lo so, lo so, sono una zia davvero terribile» singhiozza.

Fino a qualche minuto fa mi urlava contro e adesso piange, cosa c'è che non va in questa donna?!

«Non lo sei affatto, e comunque sono andata a passeggiare, il telefono non prende», e le appoggio una mano sulla spalla di incoraggiamento.

«Lea, promettimi che non andrai nel bosco, promettimelo. Non voglio che tu faccia la fine del signor Philip.» Se sapesse che ci sono andata due volte e non è successo proprio nulla sarei segregata in casa.

Mi trattengo dal dirle che la morte in quel modo del signor Philip è tutta una menzogna.

«Non posso promettertelo, ma starò attenta» le dico.

Per me le promesse sono importanti e non voglio mentirle, non completamente almeno.

«No! No! No! Tu non devi assolutamente andare in quel maledetto bosco, ci sono cose che tu neanche immagini» inizia a strillare come un'ossessa.

Mi sa proprio che è bipolare, altrimenti non si spiegano i suoi atteggiamenti.

A dire il vero ci sono già andata e non è successo nulla penso.

«Cosa?!» urla, e per poco non divento sorda.

La guardo non capendo e mi do della stupida perché l'ho detto ad alta voce, senza nemmeno accorgermene.

Si precipita su di me controllandomi come se avessi qualche malattia da scoprire.

Sembra la scena di un film assurdo.

«Zia, sono andata lì per ben due volte e non mi è successo proprio niente» confesso, a questo punto mentire non serve a nulla.

Spalanca gli occhi e noto con la coda dell'occhio che anche zio si unisce a questa riunione. «Sei andata nel bosco e sei ancora viva? Tutta intera?!» ripete incredulo.

«Si, ma non capisco perché siete così sconvolti.» Mi stanno trattando come una bambina di due anni e non mi piace affatto.

Si lanciano uno sguardo d'intesa. «Hai incontrato qualcuno lì?» chiede zia.

Non posso certo dirgli di Ares, non ho la minima intenzione di dirglielo.

«No» mento.

«Sei sicura? Perché non sai affatto mentire» mi ribecca zio.

Sospiro, maledicendo chiunque si stia prendendo gioco di me in questo momento da lassù. «Tesoro, dobbiamo saperlo se hai incontrato qualcuno, è per il tuo bene» mi interrompe zia.

Glielo dico o non glielo dico? Penso, ma la sincerità prevale su tutto.

«Ho incontrato un ragazzo» confesso infine, dopo qualche secondo.

«È stato violento con te? Ti ha spaventata?» parte alla carica con le domande zio.

«Certo che no! È stato molto educato e rispettoso» lo difendo.

Mi guardano entrambi con un cipiglio alzato. «Scherzi? È colpa sua se le persone muoiono» attacca zia.

La guardo male, anzi malissimo. «Non è affatto vero» ribatto.

«Si invece, il signor Philip-» la interrompo.

«Basta con questo cavolo di signor Philip!», urlo, «Non sono sue le ossa nel bosco ma di un animale, un maledetto animale morto. È scomparso e hanno pensato bene di inventarsi che le ossa sono le sue, ma sono tutte bugie!» continuo ad urlare, respirando affannosamente.

Zia spalanca la bocca incredula, con ancora le lacrime agli occhi. «Ti ha fatto il lavaggio del cervello, ne sono sicura. Quel corpo appartiene al signor Philip, sono state fatte delle indagini» replica il marito, abbracciando la moglie.

Oh ma sono proprio cocciuti, eh!

«Ma quale lavaggio del cervello! Le ho viste con i miei occhi e sono le ossa di un animale, un a-n-i-m-a-l-e» scandisco, se ancora non è abbastanza chiaro.

«Basta con tutte queste bugie, Lea» mi riprendono.

«Sono d'accordo, non mi credete? Venite a vederle con i vostri occhi», e apro le braccia in modo teatrale.

«Nessuno andrà in quel dannato bosco, neanche tu!» urla Mer, risvegliandosi da quel momento di tristezza.

«Non potete chiudermi in casa» li minaccio, puntando un dito contro.

«Si invece, e lo faremo, dato che siamo stati costretti» borbotta zio, spingendomi leggermente nella mia camera e chiudendo la porta a chiave.

Maledetti vermi schifosi che non sono altro! Non passerò un minuto di più in questa casa.

«Aprite» batto le mani sulla porta ma se ne sono andati.

Vigliacchi penso tra me e me, aprendo la finestra.

È incredibile come gli adulti siano convinti di aver ragione, credono a quello che si sentono dire da estranei ma non dalle persone care. Addirittura pensare che Ares mi abbia fatto il lavaggio del cartello! Mi viene da ridere solo pensare ad una cosa del genere, e accantono subito il pensiero ridicolo.

Salto giù con un balzo e inizio a correre per allontanarmi da quell'abitazione che ormai non è mai stata la mia casa.

Il buio mi inghiotte, solo la luna illumina un po' di strada e non passa nemmeno una macchina, facendomi sospirare dalla malinconia di questa dannata isola.

Maledico ogni attimo la morte dei miei genitori perché a quest'ora sarei nella mia bellissima Los Angeles, con una vita sociale e degli amici, oltre ovviamente alla linea.

Non so dopo quanto tempo riesco ad arrivare nel bosco. La temperatura è scesa notevolmente e rabbrividisco per le ventate gelide che arrivano di tanto in tanto. Mi siedo un attimo su un tronco, sospirando di sollievo per il dolore alle gambe.

Dei rumori mi fanno destare dal mio momento relax e mi metto in piedi, guardandomi intorno.

Improvvisamente degli occhi giallo sbucano dal nulla e la cosa strana è che non capisco cosa diavolo sia.

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Dannata isola delle nuvole (#wattys2020)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora