Get Home

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Solitamente quando Haru è così felice divento automaticamente felice anch'io. Ma stavolta... stavolta non ci riesco. Abbozzo un sorriso per fingere di esserlo ma sento come se sto per piangere. Proprio quando penso di non poter resistere più, ad Haru arriva una chiamata e gira il corpo di profilo, poggiando il gomito corrispondente alla mano con cui tiene il telefono sul tavolo e l'altro braccio sopra allo schienale del divanetto.
<<Rin! Allora, dove sei?>>
Ah, è lui. Di nuovo. Sento ancora quella sensazione, quella che provo tutte le volte che Haru parla di lui, o peggio, con lui. Non so dargli un nome, non so spiegare cosa sia. Sento solo come se il cuore mi venisse stretto in un pugno spinoso, strizzato fino alla fine e poi rilasciato lentamente, rigonfiandosi con agonia. Ogni fase, insomma, è più dolorosa della precedente.
Ne approfitto per alzarmi ed andare in bagno, senza avvisarlo o aspettare che se ne accorga, tanto non ha importanza. Le lacrime salite poco prima in superficie hanno atteso a lungo e con tenacia dietro alle mie palpebre e ora, mentre cammino, le sento finalmente uscire dai miei occhi. Ma nemmeno questo ha importanza. Le lascio defluire con tranquillità e, una volta cessate queste, è tutto passato. Mi abbasso per sciacquarmi il viso in uno dei numerosi lavandini a schiera e poi mi rialzo per riflettermi nel lungo specchio sopra di essi. Il mio volto è impassibile, rassegnato a quell'abituale fuoriuscita di lacrime, come se avessi un serbatoio che so di dover svuotare ogni tanto e un timer che ogni volta suona per ricordarmelo. Prendo un profondo respiro con gli occhi chiusi e li riapro al cessare dell'acqua dal rubinetto temporizzato. Prendo un paio di fazzoletti dal distributore per asciugarmi il viso, li appallottolo e li butto nel cestino sottostante. Sto per uscire dal bagno, ma mi fermo un istante sulla porta per un altro respiro, poi torno fuori come se nulla fosse accaduto. Mi scanso per permettere ad una cameriera di uscire da dietro al bancone e rispondo con un sorriso al suo gentile "grazie", faccio il percorso inverso a quello dell'andata zigzagando tra i tavolini e torno a sedermi sul divanetto, notando che intanto i dolci che avevamo ordinato sono arrivati.
<<Non ti ho visto alzarti.>>
"Certo, eri al telefono" vorrei rispondere, ma cambio scelta.
<<Tranquillo, ero in bagno.>>
Non sono mai stato così irritabile e non so cosa mi stia prendendo nell'ultimo periodo, ma sono quasi completamente certo che si tratti di...
<<Era Rin.>>
Esatto, proprio lui. Da quando è partito per l'Australia, Haru non ha mai smesso di parlare di lui. È normale, anch'io gli voglio bene e mi dispiace stia così lontano, ma lui ne sembra ossessionato.
<<Ah, sì, ho sentito.>>
<<Arriva domani mattina!>> esclama eccitato. Perfetto, le belle notizie non finiscono mai.
<<Ah, ottimo!>> commento un po' distrattamente. Se ci penso ancora un po' è la fine.
<<Qualcosa non va?>> mi chiede inaspettatamente.
<<No, figurati. Sono contento che Rin torni! Dove starà alla fine?>> mi affretto a cambiare discorso.
<<Da me.>> risponde come se sia scontato, mentre prende una cucchiaiata di gelato, e io mi pento della domanda che ho posto. Quasi mi strozzo col morso di pancake che ho messo in bocca nel frattempo, ma cerco di non darlo a vedere.
<<Ah, credevo tornasse a casa.>>
<<No, ha detto di voler rimanere più al centro.>>
<<Capisco.>> rispondo, per poi addentare un altro pezzo di pancake per rendere più credibile la mia aria tranquilla. Forse è solo una mia sensazione, è normale che Haru sia emozionato di rivedere Rin, anch'io sono felice di rivederlo. Ma un quesito mi balena involontariamente nella testa: sarebbe eccitato allo stesso modo se io fossi al posto di Rin? Ma cosa c'entra? E comunque, certo che lo sarebbe! Sono forse... geloso? No, impossibile.
<<Ti va di andare a fare un giro al centro commerciale dopo?>> chiedo per convincermi che Rin non sia l'unico con cui voglia stare, sicuro di una sua risposta affermativa.
<<Non posso, devo andare a casa a sistemare per domani.>> replica invece e sento la parte negativa dentro di me sghignazzarsela e venire zittita da quella buona.
<<Va bene, fa nulla.>>
Tento di celare la mia tristezza mentre parlo, ma lui sembra notarla lo stesso in qualche modo.
<<Vuoi venire con me?>> mi propone infatti.
<<No, grazie. Penso ne approfitterò per pulire anch'io.>>
"Per deprimermi sul letto" avrei voluto rispondere invece. Stavolta è il lato positivo a parlare e penso che, se si è accorto per la seconda volta del mio fallimento nel celare le emozioni, vuol dire che tiene anche a me. Ma l'altro lato non riesce a starsene a bada e quindi comincia a farmi pensare che semplicemente provi per me e non abbia il coraggio di dirmelo direttamente.
Nonostante tutto, finiamo di mangiare, paghiamo e raggiungiamo la stazione. I nostri treni sono entrambi fermi, in partenza a breve, e ci salutiamo.
<<A domani!>> mi dice lui.
<<A domani.>> gli dico io e ci separiamo, per poi salire entrambi. Per una volta è lui quello più gioioso dei due, lui che è sempre tanto serio e composto da sembrare di malumore. Sono contento che sia felice, sia chiaro; ciò che mi dà fastidio è che la causa della sua felicità non sono io. Non riesco mai ad essere io. Cerco sempre di strappargli un sorriso (il suo penso sia la cosa più bella che abbia mai visto), ma non ne sono mai in grado. Mentre a Rin basta esserci per renderlo felice. E ora cos'è che provo? Sembra... odio? Invidia? Non lo so, non ha importanza. Ancora una volta.
Con la coda dell'occhio noto il treno di Haru partire e mi volto a guardarne il movimento, quasi in trance, e intanto altri pensieri mi sommergono. Metto in fretta le cuffiette e faccio partire la musica, sperando che il volume possa sovrastare quello della mia mente, poggiandomi contro lo schienale con gli occhi chiusi.

Apro gli occhi di colpo e sussulto, provando la sensazione di aver dormito troppo in contrasto con la certezza che siano passati solo 5 minuti. Ma, osservando fuori dal finestrino con la vista ancora appannata, mi rendo conto che la verità è che ho davvero dormito troppo e sono quasi arrivato al capolinea della corsa... il problema è che sarei dovuto scendere 4 fermate fa. Mi lascio ricadere contro il sedile sbattendo di proposito la nuca contro il poggiatesta. Non faccio nemmeno in tempo a svegliarmi che i pensieri si riaccaniscono su di me. Sono un idiota, ecco perché non riesco a far felice Haru. E ci risiamo. Devo smetterla, ho qualcosa di più importante a cui pensare ora. "Get Home" dei Bastille prende il suo posto nella riproduzione casuale con un tempismo spaventoso. "Come farò a tornare a casa?" sono le parole della canzone e io mi ci impersonifico in un secondo, non intendendo tanto la mia casa fisica ma quella spirituale.
Se la mia casa è Haru, come riuscirò a rincasare? Ma, forse, nemmeno questo ha importanza.

𝙈𝙖𝙠𝙚 𝙔𝙤𝙪 𝙃𝙖𝙥𝙥𝙮 《Makoto Tachibana》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora