2. LA PENSIONE STELLA

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L'aria salmastra le penetrò nel naso senza chiedere permesso, e la visione di quel mare dal colore indefinito le fece accelerare il battito cardiaco. Il movimento delle onde, di quel mare mai domo, le fece brontolare lo stomaco.

«Chissà che ci hanno preparato per pranzo...», chiese a Booth.

«Meow meow», disse Booth.

«Anche secondo me», disse Romana. Poi, aggiustatasi l'occhiale da sole, entrò nella hall della Pensione Stella facendo svolazzare di proposito l'elegante e intonso camice bianco.

La hall era una stanza tre metri per tre, arredata probabilmente da un accumulatore seriale. Centinaia di oggetti erano sparpagliati e ammassati ovunque. Mensole gremite di chincaglierie, trecce di cipolle che pendevano dal soffitto, figurine di calciatori appiccicate ovunque.
Sulla parete dietro il bureau una sfilza di teste imbalsamate di animali esotici. Una piccola radiolina stava riempiendo l'atmosfera con una musichetta pop.

Romana zigzagò tra il ciarpame, Booth in seno, e incominciò a spostare i vari oggetti disseminati sul bancone alla ricerca di un campanello: un accappatoio che odorava di ammorbidente, una confezione di brioches industriali, un righello di plastica rossa con una scritta sul retro che diceva Io odio la 3a C, una squadra con lo stemma dell'Inter: la sua squadra del cuore.
Un plico di scartoffie, una mano, una raffinata gondola con su scritto Misano Adriatico.

«Una mano?», disse Romana alzando il sopracciglio.

«Meow meow», disse Booth.

«Anche tu pensi che è strano trovare una mano sul bancone di una pensione a Misano?»

«Meow meow.»

«Sei proprio un bel gattone», disse accarezzando per l'ennesima volta il pelo fluente della bestia, ammirandone orgogliosa i riflessi paglierini, «Passami il microscopio, per piacere.»

Il gatto, una volta a terra, si limitò a leccarsi una zampa.
Romana lo guardò con gli occhi dell'amore, aprì il trolley ed estrasse il suo microscopio, avvolto in una marea di vestiti. 
Indossò gli occhiali protettivi, un paio di guanti di lattice nuovi e si mise al lavoro.

«Questa mano è stata tagliata da poco», disse sagace, «È ancora calda...»

«Meow meow», disse Booth.

«Pensi anche tu quello che penso io?»

«Meow meow», disse Booth.

«Possiamo prendere le impronte digitali e i campioni di tessuto, certo. Ma il laboratorio impiegherà molto tempo, e noi abbiamo solo due settimane di vacanza!»

«Meow meow.»

«Lo so che l'etica ci impone un comportamento ligio e professionale, Booth, ma io ho voglia di un frittino di mare!»

«Meow meow!»

«Vedi? Allora mettiamo la mano nel freezer della cucina e sediamoci nella sala da pranzo.»

Romana ripose la sua strumentazione nella borsa, lasciando il suo trolley accanto al bancone della reception, prima o poi qualcuno sarebbe venuto a prenderlo per portarlo in camera, o almeno questo era quello che sperava nel più profondo del suo cuore, e con la mano nella mano si avviò verso il cartello che diceva CUCINA.

«Non ti pare strano che non ci sia personale?»

«Meow meow.»

«E neanche clienti, giusto», disse Romana mordicchiandosi il labbro inferiore.

Arrivata in cucina vide il cuoco stravaccato sul bancone e subito capì a chi apparteneva la mano che teneva in mano.
Il cuoco aveva gli occhi strabuzzati, i capelli spettinati ed era in un lago di sangue.
Romana arricciò il naso disgustata: i capelli non solo erano spettinati, ma erano anche unti.

«Meow meow», disse Booth.

«Lo so, tesoro, lo so. Dopo telefoniamo all'Ufficio D'Igiene e facciamo chiudere questa stamberga. Ti comprendo perfettamente Booth, anche se sono legata a questo posto è impensabile farsi una bella vacanza rilassante con la pensione in queste condizioni. Mi sa proprio che hai ragione tu: chissà cosa sarà mai successo...»

«Meow meow», miagolò di nuovo Booth. 

«Oh no, spero davvero che non siano tutti mort...»

«Mani in alto!», s'intromise una voce alle sue spalle.

Romana sussultò dalla paura. Lo stesso fece Booth, che saltò fino al soffitto dove si arpionò sfruttando i lunghi artigli.

«Polizia: che nessuno si muova!»

«Buongiorno, agente: posso spiegare tutto...»

L'uomo in completo da poliziotto le si avvicinò, odorava di mare e di fritto di mare, e lo stomaco di Romana borbottò rumorosamente.
Prese la mano amputata aiutandosi con un fazzoletto estratto dal taschino dell'elegante camicia della divisa da poliziotto, la infilò in un sacchetto trasparente e la porse all'agente baffuto che ancora puntava la pistola di ordinanza sulla donna.

«Chi è lei? Cosa ci fa qui?», chiese l'uomo che sapeva di mare.

«Sono la dottoressa Romana Brennàn, antropologa forense. Sono appena arrivata. Ho la prenotazione nella borsa.»

L'uomo che sapeva di mare scoppiò in una grassa risata.

«La Pensione Stella è fallita due anni fa!»

«Non lo sapevo!»

«Avrebbe dovuto informarsi, prima di partire!»

La delusione abbracciò Romana forte forte.

«La dichiaro in arresto: chiariremo la sua posizione in centrale. Bramanti!, raccatta il gatto dal soffitto, e ammanettalo.»

«Volevo solo farmi una vacanza...», borbottò Romana.

«Dite tutte così», disse l'uomo che sapeva di mare.

LA MANO MISTERIOSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora