Il contatto

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Chapter 6

Quella notte non dormii. Troppi pensieri. Passai la notte ad ascoltare le sue canzoni. Avevo la sua voce nelle orecchie, avevo bisogno del suo odore nel naso. Ognuno ha i propri rifugi. Il mio è Nic, Ultimo, che mi parla al buio. Colmava quel vuoto, colmava l'assenza di Denny, dei problemi in casa, della scuola, delle incertezze.

Passarono giorni e Denny continuava a dormire. Ogni volta che andavo a trovarlo era come se dormisse.
-La cosa più bella del mondo per me non è mangiare. Oddio, anche quello, ma boh..dormire è tutto un'altra cosa-. Me lo ripeteva sempre quando aveva tanto sonno e dopo pochi minuti lasciava cadere il braccio penzolante a terra. Ed io a quel punto mi alzavo dal suo letto e mi richiudevo in camera. Mi mancavano i suoi occhi blu, mi mancavano le sue chiacchierate. Era quasi diventata abitudine per mamma e papà non vederlo più in casa. Per me no. A me mancava da morire. Un giorno decisi di andarlo a trovare e di portare con me le sue Air Pods. Gliele misi alle orecchie e gli feci ascoltare Ultimo. Osservavo i suoi occhi chiusi e le sue labbra. Sembrava quasi sorridesse. Gli feci ascoltare l'eleganza delle stelle. Poi gli strinsi la mano e gliela baciai. Era calda, e aveva ancora il bracciale che gli avevo regalato per il suo 17º compleanno.
-Denny dai, ti prego. Lo so che puoi sentirmi-. Sussurrai con un filo di voce.
-So anche che questa canzone ti piace tantissimo-. Sorrisi.
Guardai le sue palpebre, quasi si muovevano. Gli toccai la mano e sembrava che me la stringesse. Chiamai mia madre con un filo di voce, e poi il buio dentro i miei occhi.
Non so quanto tempo passò. Mi svegliai su un divano nero, avevo la testa che scoppiava e i miei occhi facevano fatica ad aprirsi. Sbadigliai e poi aprii gli occhi. Vidi magliette sparse qua e là, scatole di biscotti aperte sul tavolo e la tv accesa. Non era casa mia.
-Finalmente sei sveglia-. Disse una voce che proveniva dalla cucina.
Mi alzai di soprassalto.
-Uouo, calmate bella-.
Vidi Nic arrivare con una birra in una mano e una tazza nell'altra.
Non ci stavo capendo nulla.
-Allora per prima cosa: cosa ci faccio qui? Punto due: che stai facendo? Punto tre: perché sto in casa tua?- Dissi sospettosa guardandolo.
Aspettai che si sedette sulla poltrona di fronte, poggiando le due bevande sul tavolo.
-Te rispondo ad una ad una quando decidi di calmarti-. Rise appoggiando le gambe sopra il tavolino.
Mi distesi di nuovo sul divano, con la testa rivolta sopra il soffitto.
-Bene, allora vedi che qualche volta mi ascolti?-
Lo guardai male.
-Va bene tranquilla, ti dico tutto- alzò le mani.
-In pratica te eri in ospedale, eri co tuo fratello e improvvisamente sei caduta. I medici dicono attacco di panico e calo di pressione. Questo perché tuo fratello ha avuto dei miglioramenti-.
Mi alzai di nuovo di soprassalto.
-COSA?- urlai.
Mi resi conto della cazzata che avevo appena fatto, perché improvvisamente perdetti l'equilibrio. Nic si alzò e mi tenne da un braccio.
-Ma te voi sta calma? Porco giuda te e e la tua capoccia, sta ferma. Mo te lego- urlò e rise all'ultimo.
-Nic scusami ma sto troppo fomentata-. Dissi io sdraiandomi di nuovo sul divano.
-Quindi nulla te sarai emozionata e il tuo corpo ha reagito così. Tua mamma doveva stare la co i medici e cazzate varie, quindi ha telefonato a me per dirmi di venire a farti compagnia-.
Mia mamma? Ha chiamato Nic? Ero confusa.
-Mo me dirai: perché mamma ti ha chiamato?- mi guardò per chiedere conferma.
Ed io sorrisi pensando che ci aveva azzeccato.
-Perché tutte le mattina ci incontriamo, loro buttano la spazzatura ed io sto in garage e poi me fumo una sigaretta. E li vedo quasi ogni mattina, scambiamo quattro chiacchiere-. Spiegò gesticolando, con l'anello tra le dita, con i tatuaggi che scolpivano le sue braccia nude. Ah si, era a petto nudo. Aveva altri tatuaggi sul corpo, ma non volevo fissarlo troppo. Mi piaceva la sua schiena, il modo che aveva di muoversi. Aveva un pantaloncino e i piedi nudi appoggiati sul tavolino. Prese la sigaretta elettronica, buttando giù del fumo che sapeva di vaniglia.
Mi sedetti a gambe incrociate.
-E ora di mio fratello si sa qualcosa?- chiesi incuriosita.
-Nulla, per adesso. Però guarda possiamo aspettare per vedere se ci sono notizie-. Si toccò i capelli.
-Va bene-. Alzai le spalle e mi sdraiai di nuovo con la testa rivolta verso il soffitto. Il fumo alla vaniglia mi cullava e sentirlo respirare era bellissimo. Non mi sentivo a disagio, ma nemmeno a mio agio. Ero in una condizione strana. Sentivo che sorseggiava la sua birra. Poi ruppi il silenzio.
-Nic, posso chiederti una cosa?- azzardai, continuando a guardare il soffitto bianco.
-Vai- disse sorseggiando.
-Perché non mi hai detto di Ultimo?-.
Posò la birra sul tavolo e di colpo si mise seduto composto. Si mise gli occhiali da sole, nonostante fosse pomeriggio inoltrato.
-Beh, cosa avrei dovuto dirti? Ci siamo visti un paio di volte. E poi mica vado a dire alla gente: Oh ciao sono Ultimo-. Dal suo tono sembrava infastidito.
Mi sedetti di nuovo per guardarlo.
-Si, ma ora siamo...amici. Cioè siamo vicini di casa. Abbiamo parlato. E poi voglio dire è una cosa importante. Io non lo sapevo-.
-Appunto per questo, Flo. Non sono un tipo che fa ste robe-. Sbuffò lui.
-Mi piace la tua musica, Nic-. Lo guardai, dritto, scorgevo i suoi occhi che adesso erano bassi.
-Grazie, son contento-. Sorrise, un sorriso triste.
-Nic perché hai gli occhiali?-.
-Flo, perché rompi il cazzo-. Riprese a fumare la sigaretta elettronica. Era nervoso.
-Che senso ha mettere gli occhiali in casa?-. Risi di gusto.
-C'ha un senso-. Disse serio.
-E quale?-. Risi e gli buttai in faccio un cuscino.
-Flo, t'ho detto che c'ha un senso cazzo. Non provocare-. Buttò il cuscino a terra. Lo guardai.
-Sei proprio uno stronzo, lo sai?-.
Mi alzai e andai verso la porta, ma mi accorsi di non avere le scarpe. E ora? Dov'erano le mie scarpe?
-Dove sono le mie scarpe?-. Chiesi senza voltarmi.
-Non ti interessa perché rimani qui.-
-Nic ti ho detto dove sono le mie scarpe?-. Alzai un po' il tono della voce.
-Accanto a me-.
Mi voltai e andai verso di lui. Lui seduto ed io in piedi.
-Forza, passamele-.
-Prova a prenderle allora-.
Mi sfidò buttandomi il fumo in faccia.
Stavo per prenderle ma mi bloccò le braccia. Non pensavo avesse tutta questa forza.
Continuai a forzare la presa, ma non ci riuscivo. Poi caddi sul suo corpo.
Non so come era potuto succedere, per un millesimo di secondo lo guardai, le labbra carnose, si intravedevano i denti bianchi, i capelli spettinati, gli occhi coperti dagli occhiali. La mia felpa contro il suo petto nudo e caldo.

Cosa significa per me: l'eleganza delle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora