L'incontro

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Chapter 3

Eastbourne è stata da sempre la mia casa. Adoravo la città, adoravo il suono e l'odore della pioggia ogni settimana, il sole era quasi un paradosso. Denny mi diceva sempre "Un giorno guarderai la pioggia con qualcuno che amerai e ti sentirai viva". Non so perché me lo diceva, forse lui lo aveva già provato. Dopo quella telefonata tutto è cambiato. Nel giro di pochi giorni mi ritrovai in Italia, a Roma. Non era la prima volta, ci andammo parecchie volte, vari parenti abitano lì. Roma mi piaceva, girare per le sue strade è come viaggiare indietro nel tempo tra antiche vestigia romane, monumenti, piazze meravigliose, fontane e fontanelle che rinfrescano l'aria insieme al tipico venticello romano, giardini, ville, Chiese di tutte le dimensioni dove si scoprono ogni volta dipinti, statue e altari stupendi. Nella città eterna ogni visita è una sorpresa. Purtroppo questa volta non eravamo lì per questo.
Con l'incidente, Denny ebbe una brutta botta. Non so quanto brutta, ancora nessuno osava parlare. Ci hanno mandato in Italia per intraprendere le cure lì e farci seguire da un medico chirurgo bravo. E così facemmo. Avevo fatto la valigia in due ore e due ore dopo atterrammo in Italia. Denny fu trasferito da un elicottero di soccorso, insieme salì anche mia madre. Io e mio padre prendemmo l'aereo. Erano le 7:00 del mattino, il sole era già alto. Ero seduta nella sala d'attesa, la gamba andava su e giù dalla tensione. Avevo freddo, l'enorme felpa nera di Denny non bastava per sovrastare il freddo, ma il suo profumo mi rassicurava. Continuavo a mordermi le labbra e probabilmente qualche lacrima scendeva inconsciamente. I miei genitori erano andati a parlare con i medici ed io ero lì, sola, con un mucchio di gente che già a quell'ora era operativa. Mi venne un crampo allo stomaco e portai la mano alla pancia per farlo smettere. Così decisi di alzarmi e andare a prendere qualcosa alle macchinette. Adoravo il Twix al cioccolato, e volevo prendere quello. Misi la prima moneta, la seconda mi cadde a terra.
-Cazzo!- esclamai.
Mi voltai per raccogliere la moneta, ma vidi una mano, tutta tatuata che la prese al posto mio.
-Questa deve essere tua.-
Era un ragazzo, capelli neri scompigliati, occhiali da sole, vestito di nero a maniche corte.
-Si, è mia.
Lui sorrise e mise la moneta. Il twix non scendeva, si era incastrato.
-Stamattina a qualcuno non gliene va bene neanche una eh!- ridacchiò lui
-Mi sa di no- sbuffai io.
-Guarda, te faccio vedè 'na cosa-.
Inizio a buttarsi contro la macchinetta, a dare piccoli colpi e magicamente il twix cadde.
-Ecco fatto, una passeggiata!-
-Grazie mille. Non dovevi!-
-Ma che stai a scherzà? Nte preoccupà-
Lo guardai allontanarsi con un comportamento buffo. Continuava a camminare avanti e indietro per tutta la sala d'attesa e a volte sbuffava. Poi guardava il telefono e si sedeva. Muoveva il ginocchio e poi di nuovo ricominciava il suo giro. Addentai il primo morso di twix e mi sedetti. Poi lui si sedette due sedie dopo di me.
-Te piace proprio sto twix, eh?- ridacchiò lui.
Alzai le spalle, ero proprio triste.
-Ao ma te sei proprio una botta de vita. Già io c'ho l'ansia, poi ci sei te co sta faccia.-
Diventai rossa e sapevo che stavano per scendere le lacrime, ma decisi di mordermi il labbro e trattenere il respiro. Non so se guardava me oppure qualche altra cosa, gli occhiali erano troppo scuri.
-Senti, io non sono qui per giocare, ho mio fratello in sala operatoria, lascia stare-.
Vidi che si portò le mani sui capelli, parecchio imbarazzato.
-Perché? Che è successo?- azzardò lui.
Cominciavo ad innervosirmi, non capivo perché tutto questo interesse. Lo fissai trattenendo il pianto e lui capì.
Abbassò lo sguardo e continuava ad agitare la gamba su e giù.
-A te piacciono gli ospedali?- chiese con un filo di voce, guardandomi.
-Non mi fanno effetto, perché?-
-Perché io li temo da morire- sorrise.
Vidi la sua gamba agitarsi ancora di più, decisi di sedermi accanto a lui e di poggiare la mano sul suo ginocchio.
-Fermo-.
Lui sorrise e mi guardò.
-Senti..te va se mi accompagni a fare il prelievo tra 10 minuti?-
-Può darsi, ma solo se ti togli gli occhiali-.
Rise di gusto.
-Che hai contro i miei occhiali?-
-Nulla, semplicemente penso che è maleducazione stare costantemente con gli occhiali mentre parli con una persona che non conosci e non sai nemmeno il nome-.
Rise e si tolse gli occhiali.
-Va bene così?-
Abbozzai un sorriso. Erano occhi belli, riflessivi, neri.
-Allora ti accompagno- lo dissi un po' con indifferenza, stavo cercando con lo sguardo i miei genitori, ma nessuna traccia.
-Sempre co sti occhi puntati de là. Sta calma. Guarda che se vuoi sta fori pe controllà, io vado solo. Alla fine io so grande-.
Si rimise gli occhiali, forse per nascondere il suo imbarazzo. Mi sentivo un po' più sollevata con la sua presenza, non so spiegare il perché, eppure non conoscevo il suo nome, non sapevo chi fosse.
-Moriconi tocca a lei!- esclamò una voce femminile.
-Me sa che devo annà. Allora? Che fai? Vieni o no?-.
Ero indecisa. Rischiavo di perdermi notizie riguardanti mio fratello ed era troppo importante.
-Devo andare da mio fratello, però ti aspetto se vuoi-.
Si alzò i pantaloni mentre si alzò dalla sedia e andò verso la stanza dei prelievi. Mi alzai anche io e mi appoggiai al muro.
Dei miei non c'era nessuna traccia. Ripensai al cognome del ragazzo, e di quanto fosse strana e assurda questa situazione.
Sbirciai nella stanza in cui c'era lui, era di spalle. Aveva un enorme tatuaggio sul collo, i capelli scompigliati. Questa volta faceva su e giù con entrambe le gambe. Distolsi lo sguardo perché vidi mamma.
-Mamma allora?- chiesi.
-Flo, Denny è in coma-.
E il mondo cadde.

Cosa significa per me: l'eleganza delle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora