Vicini di casa

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Chapter 4

Era come se fossi in una bolla, non credevo stesse succedendo davvero e invece era così. Qualche minuto dopo mi ritrovai nella sua stanza. Il suono delle macchine era fastidioso. Gli presi la mano e gliela strinsi forte, gliela accarezzai e gli sfilai dal dito l'anello che portava sempre e lo misi nella tasca della felpa. E poi piansi, piansi tantissimo.
Da quel giorno tutto cambiò. I miei comprarono una piccola villetta vicino l'ospedale, cosicché non servissero mezzi per arrivare in ospedale. Ogni mattina alle 7:00 uscivano di casa e tornavano la sera tardi. Avevano entrambi chiesto un anno di aspettativa al lavoro ed io avvisai la scuola che per qualche mese non sarei tornata a casa. I miei mi avevano assolutamente detto che se nel giro di due settimane non si risolveva la questione, io dovevo necessariamente iniziare la scujola a Roma, il che non mi dispiaceva, anzi..nuovi amici, nuove esperienze e soprattutto odiavo rimanere a casa da sola, odiavo pensare tutto il tempo a Denny.
-Tesoro noi andiamo in Ospedale, ok?-
-Si mamma, ci vediamo stasera.-
-Ti ho lasciato la colazione e il pranzo, mi raccomando. Mangia-.
Alzai gli occhi al cielo. Odiavo tutte queste attenzioni.
Erano le 7:30 del mattino, fuori faceva freddo ed io mi godevo il tepore del latte caldo. Stavo inzuppando un biscotto quando improvvisamente sentì delle voci lungo il viale.
Ebbi un piccolo tremore lungo la schiena, il biscotto cominciava a sbriciolarsi nel latte. Chi era a quest'ora?
Mi alzai in punta di piedi e sbirciai dalla finestra.
Non ci credo. Era il ragazzo che incontrai in ospedale. Stava parlando al telefono e nel frattempo prendeva a calci un pallone contro il muro. Stava proprio nella villetta di fronte la mia. Nonostante il freddo, portava una felpa e dei pantaloncini. Le gambe scoperte mi fecero sorridere. Mi accorsi che lo stavo fissando e quasi come fosse una cosa proibita mi allontanai dalla finestra. Poi sentì una voce.
-Ehi tu, che te guardi?- urlò indispettito lui.
Stranai gli occhi. Beccata.
-Guarda che ti ho visto, eh!-
Aprii la porta. Poi mi resi conto della bellissima figura di merda.
-Ah però! Hai anche un bel pigiamino- rise lui.
-Non è divertente-. Arrossii.
-Non per dire, ma stai rossa come un pomodoro- ridendo di gusto.
-Lo sai che se vengo lì ti uccido?-
-Provaci e te meno bella-
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Ma questo è tutto scemo.
-Moriconi non mi provocare- azzardai io mettendo le mani nella tasca del pigiama.
-Addirittura adesso sai anche come mi chiamo? In ospedale facevi tanto la scettica- inarcando le sopracciglia e fissando il pantalone del mio pigiama rosso.
Non capivo a cosa si riferisse esattamente, continuai a fissare la sua felpa rossa, sembravamo quasi coordinati vestiti in quel modo.
-Senti bella, te sai chi sono no?- allargò le braccia.
-Il ragazzo che ha paura degli ospedali, quello sicuro-. Risi io.
-Non mi riferisco a questo cretina- fece una smorfia e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
Io cominciai ad aver freddo dappertutto, ma la conversazione si stava facendo interessante.
-So solo che ti chiami così. Il nome non lo so-. Alzai le spalle, innocente.
Lui rise e i suoi denti bianchi spiccavano.
-Vabbè come dice lei signorina. Io sono Niccolò, comunque-. Lo disse sedendosi sul muretto del suo giardino ed io continuavo a stare sull'uscio della porta.
-Io sono Florida-. Annuì.
-E chi lo avrebbe mai detto che saremmo stati vicini di casa?- disse lui guardandosi le scarpe e incrociando le braccia.
-Io ancora non ci credo. Ma forse mi stai perseguitando?- risi.
-Chi lo sa, magari è il contrario, sei tu che sei venuta ad abitare di fronte casa mia-. Mi guardò sorridendo. La luce del sole finì per illuminare i suoi capelli. Ciuffi di capelli qua e là, sembravano diventare più chiari rispetto al nero che li contrastava. Un riflesso di luce illumino le sue mani, i tatuaggi continuavano su per le braccia ma non potevo ammirarli tutti, la sua felpa me lo impediva.
-Te piacciono eh?-
Misi una mano sulla fronte.
-Sei proprio deficiente, non guardavo i tatuaggi-.
-Che guardi? Te sei una guardona proprio-. Rise di gusto andando all'indietro, quasi cadde.
Risi anche io. Poi guardai i miei piedi nudi e freddi, continuavo a pensare che dovevo cambiarmi.
-Niccolò io entro in casa. Mi becca la febbre se sto qui-.
-Che ammazza sballo che sei te oh. Ce stavamo a divertì-. Fece per un secondo il labbro più sporgente, quasi ad esprimere la sua disapprovazione da bambino,
-Sto morendo di freddo Niccolò. E poi sono in pigiama-.
-Come vuoi te. Io starò ancora qui nei paraggi. Me vado a fa n'giretto su e giù per il quartiere. Se senti qualcuno urlare so io, nte spaventà-.
-Va bene, saprò che sei tu-. Risi.
Si alzò dal muretto e prese le chiavi del suo garage. Lo aprì e vidi un sacco di strumenti musicali. Non feci in tempo a chiedere nulla che lui si richiuse nel garage. Non ha nemmeno salutato, che tipo.
Chiusi la porta di casa. La casa di nuovo vuota. Decisi di farmi una doccia calda e vestirmi. Rimisi la stessa felpa di ieri, di Denny. Il suo profumo mi cullava. Misi le mani in tasca per prendere il suo anello, ma non c'era più.

Spero che la storia vi stia piacendo, mi raccomando continuate a seguirla♥️

Cosa significa per me: l'eleganza delle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora