Capitolo 6-Psiche in frantumi (粉砕された精神)

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Pidge continuava a camminare per la sua strada. Continuava a pensare a quello che aveva visto.
Nella sua testa rimbombava un solo nome.
KEITH KOGANE. KEITH KOGANE. KEITH KOGANE. KEITH KOGANE. KEITH KOGANE. KEITH KOGANE.
È STATO LUI.
Pensava solo a quei suoi occhi assurdi.
A quanto improvvisamente la sua vita sembrava l'inizio di un romanzo di King.
Voleva soltanto chiudersi in una gabbia di ferro, lontana da ogni pericolo.
Ma ormai lei era diventata un'antilope che aveva visto un formichiere morire ucciso da un ghepardo.
E il ghepardo se ne era accorto.
Oh, se se ne era accorto.
Ma non solo la paura la stava divorando. La curiosità la stava facendo a pezzi. Cosa nascondeva Keith Kogane?
Non riusciva a resistere. Voleva scoprirlo. Doveva scoprirlo. A qualunque costo.
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-La ringrazio professore.-
-Figurati, Holt. Ma come mai ti serviva il foglio informativo di Kogane?-
-È una cosa un po' privata... ancora grazie.-
-Prego. Dopo il favore che mi hai fatto era il minimo.-
-Arrivederci.-

Pidge iniziò a leggere.

"Keith Kogane(記譜個眼絵)
Età: 16
Corso: Classe Scientifica, 2-B
Club: attualmente nessuno
Meriti scolastici: Riconosciute capacità elevate rispetto alla media in ogni ambito
Demeriti scolastici:—
Assenze:—
Ritardi:—

Questi dati... sono poveri. E pensare che vengono aggiornati settimanalmente. Di solito anche gli studenti nuovi hanno moltissime informazioni scolastiche. Bizzarro. Ma soprattutto... questi Kanji aggiunti a mano. Può averli scritti solo lui. Ma certo! Forse il suo nome non ha un significato qualsiasi. E so a chi chiedere."

Katie si diresse verso l'uscita di scuola. Keith aveva già abbandonato l'edificio.
Ma questo, come pensò logicamente Pidge, non significava che non avrebbe potuto seguirla.
Ma Pidge non era affatto stupida.
Nella sua camera, tirò fuori una parrucca nera e degli occhiali neri scuri. Si truccò il volto, scurendo la sua pelle, e utilizzando supporti di pelle ordinati dalla Corea per modificare il suo naso. Poi si mise il rossetto. Indossò alti tacchi e una lunga veste, insieme ad un cappello e uscì.
In qualche modo, era sicura di essere seguita da ormai alcune ore. Ma non era certa fosse Keith. Voleva accertarsi di alcune cose prima.
Camminò per le strade vuote, nella ormai buia notte. Ci vollero venti minuti per arrivare a destinazione.
Arrivò ad un negozio, che portava l'insegna: "Occulto e Misteri." Entrò.

-Buonasera signora, come posso aiutarl— -
-SIGNORA AMI! La prego mi aiuti!-
-Katie! Ma sei tu? Come ti sei conciata? Che succede?-
-Non posso levarmi il travestimento... ora le spiego tutto.-

[- - - - ->]

-Quindi sospetti questo ragazzo abbia poteri paranormali... e dovrei dirti il significato del suo nome...-
-È esatto.-
-Il suo nome, che si leggerebbe quindi "Kifu Kogane"... "Incisione di un'immagine individuale."-
-Che bizzarria.-
-Come lo conosci?-
-Siamo in classe insieme.-
-Ah... capisco. Forse dovresti accusarlo di molestie sessuali...-
-Sarebbe un'idea. Ci proverò. Ciao Ami...-
-A presto, Katie.-
Pidge uscì dal negozio.
Guardò la luna, in quella fredda notte poco nuvolosa.
Si lasciò carezzare i capelli e il vestito dalla brezza.
Quella luna, a malapena uno spicchio, sottile come un foglio di carta.

-Che idea stupida, Holt Katie.-

Pidge si girò di scatto.
Conosceva quella voce.
La sentiva nei suoi incubi più oscuri.
Ma non sapeva da dove arrivasse.
"IN ALTO!"
Lui era lì.
Seduto a mò di rana, con le mani aggrappate al bordo del cornicione.
Occhi rosso sangue che brillavano esposti alla luce lunare.
Keith sorrise.
Con una sola mossa, fece una verticale  tenendosi su un solo braccio, sul bordo del tetto, per poi cadere perfettamente in piedi davanti a Katie.
La ragazza era sgomenta.
Voleva urlare, ma dalla bocca non emetteva suoni.
-Allora , (risata scomposta) non vuoi sapere? Eri così curiosa prima...-
Pidge cercò di pensare razionalmente
Ma non ci riusciva
Era impossibile.
Ma non era una reazione bizzarra.
-Allora, Katie Holt... vuoi sapere o no?-


[Il giorno seguente, 18:00]

Keith camminava per le strade della citta. Sapeva qual era la sua destinazione.
Sapeva cosa doveva fare.
Ma era nervoso.
Intrufolarsi in casa di Lance...
Era da stalker. Ma doveva scoprire la verità.
Ogni passo sul marciapiede, in quel tramonto, suonava.
Stomp, stomp, stomp,stomp,stomp,stomp...

Era arrivato.
La piccola casella della posta, con sopra scritto "Mc Clane."
Lance non era in casa.
Keith lo sapeva. A quell'ora frequentava la biblioteca,  e non era mai a casa. Keith, dopo essere andato sul retro, con un salto salì sul tetto.
C'era una finestrella, di quelle che si aprono dall'interno. Era completamente spalancata.
"Bingo."
Keith entrò, tanto silenziosamente quanto velocemente. Sentiva voci provenire dal piano di sotto.
Uscì dalla camera che sembrava essere un piccolo e vuoto studio. La tentazione di entrare in camera di Lance era tanta, ma si trattenne.
Passò nel corridoio trattenendo il fiato.
Non doveva emettere alcun tipo di suono.
Si avvicinò alle scale. Dal bordo guardò il salone di sotto.
C'era un uomo, tatuato e senza un minimo capello in testa, molti altri delinquenti nella stanza e donne seminude, senza reggiseno. Due stavano facendo sesso. La donna urlava, chiedeva di più, di più.
Lui continuava, ma a un certo punto si fermò, emettendo un lungo gemito.
Era venuto dentro.
-Ora torna a fare l'eroina troia.- disse l'uomo pelato.
-Sì capo.-
Keith cercava di connettere i suoi dati.
Ma un quadro della situazione se l'era fatto.
Il sangue gli ribolliva nelle vene, ma comunque stava tenendo la massima calma.
-Ascolta Ezio, io mi sono stancato di fare questo lavoro. Non ce la faccio più.-
Una donna aveva parlato.
Era riccia, seduta al tavolo. Keith non la vedeva in volto.
-Ah davvero? Mi sorprende questo spirito ozioso, Janika...-
-Ma capo,—
-Allora Janika, devi pagare un prezzo per riposarti.-
-Ti prego, non voglio, ho già abortito questa settimana, ti scongiuro, non voglio—
—Dai Fred. Portala in cucina.—
-Agli ordini.-
La prese per un braccio.
-Dai andiamo.-
La donna si era rassegnata.
Si alzò spontaneamente.
La porta della cucina si chiuse.
Keith, in quel momento, sporgeva solo con un pezzo di testa e occhi dal pavimento.
Si alzò, sempre in silenzio.
Senza emettere un rumore, proprio come quando Pennywise si getta nel pozzo, lui uscì dalla finestrella, aggrappandosi con le braccia e risalendo.

Finalmente la verità era salita a galla.
Ma sarebbe stato molto più semplice
Se fossero stati solo i genitori di Lance
Ad abusare di lui.

Ma sarebbe stato molto più sempliceSe fossero stati solo i genitori di LanceAd abusare di lui

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