Il puzzle Sara si ostinava a non volersi rivelare. Aveva una specie di corazza che teneva sul suo corpicino fragile. Forse era stata fatta a pezzi.
-Io scendo qui.
-Okay. Ci vediamo domani.
-Matteo.
-Si?
-E se, tipo, ci vedessimo oggi pomeriggio?
-Boh va bene. E dove mi porti?
-Sorpresa.
-Mi piacciono le sorprese. A dopo.
-A dopo.
Ero nel panico più totale. Che mi sarei messo? Camicia e felpa? Maglietta e jeans? E i capelli? Che ci avrei fatto? E se non le piacevo? Le scarpe? E se io mi vestivo elegante e lei mi portava al parco? Oppure che mi vestivo da basket e lei mi portava al cinema?
I dubbi non mi abbandanavano. Non ero mai stato cosi insicuro di me. Era lei a rendermi insicuro.
Cavolo se mi piaceva.
Alla fine ho optato per camicia blu e jeans.
Spero che per lei conti qualcosa.
Dovevamo trovarci davanti a scuola alle cinque.
Io ero lì dalle quattro. La mia dannata ansia.
A ogni persona che arrivava sollevavo lo sguardo dal mio libro e speravo fosse lei.
Anche se i suoi passi li avrei riconosciuti tra mille.
Eccola. È lei. Oddio.
Mi sento così inadeguato. Lei è bellissima, come solito.
Ha un vestitino nero con dei piccoli fiorellini colorati e un paio di all star che una volta dovevano essere state bianche.
Non c'era segno di trucco, sul suo viso. I suoi bellissimi capelli erano raccolti in una treccina disordinata dalla quale uscivano dei ricci. Quanto avrei voluto giocherellare con i suoi capelli. Quanto avrei voluto accarezzarle il viso. Ma avevo lautar di romperla. Non so perché. Era forse per quel motivo che non riuscivo nemmeno a sfiorarla, per quanto lo desiderassi.
-Allora, andiamo Dolcezza?
Dolcezza? Eh?
-Si. Andiamo.