3. Caro Zale

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3. CARO ZALE












"Tu sei il mio sole,
la mia luna,
e tutte le mie stelle."
-E.E. Cummings









8 settembre, 2014





Fuori imperversava il maltempo. La pioggia aveva formato delle piccole pozzanghere nei giardini delle case e dei rigagnoli poco profondi che correvano lungo i vialetti e i marciapiedi, ma non costituivano un problema, non era difficile saltarli o attraversarli, magari camminandoci dentro. La pioggia inglese non è poi così male come si dice in giro; è una pioggia minuta, che viene giù lenta e fitta, sottile al punto da non bagnarti nemmeno.

Il problema, il vero problema, è il vento, che sempre soffia gelido e impetuoso, asciugando e portando via con sé, in uno schiocco di dita, quelle poche gocce che riescono a pungere la pelle. A Torquay vivere quattro stagioni in un giorno è assolutamente normale. Esci di casa con un bellissimo sole estivo, aspetti l'autobus durante una tempesta autunnale, passi attraverso un acquazzone invernale, per poi goderti un pomeriggio primaverile.

Kendra posò lo sguardo sulla curva più lontana della strada, dove lingue di fuoco albeggianti stavano facendo capolino dall'orizzonte sul velo del mare, solo per essere ingoiate da un banco di nubi grigie. Uno stormo di gabbiani si librò in cielo tra strepiti e stridii, rubandole un timido sorriso. Come se mossi da onde gigantesche, turbinavano, si tuffavano, sfioravano il mare con le ali taglienti, lo graffiavano con le zampe umide. Si chiamavano l'un l'altro in quel modo meraviglioso che solo loro sanno fare.

Un vento di giorni passati rinacque nella sua mente.

"In tutti gli stormi c'è un gabbiano che vola controvento. Spesso non è lui a sopravvivere, ma è l'unico a essere libero."

Le gocce picchiettavano con dolcezza sulla superficie dell'acqua, formando forellini concentrici. Il frastuono era incessante, la corrente sembrava troppo viva, troppo sveglia.

"Devo sbrigarmi," ricordò a se stessa, "devo trovare un posto tranquillo per scrivere..." la sua voce sfumò nel suono della brezza marina che stormiva tra i rami.

Il lungomare era costeggiato dalle innumerevoli bancarelle colorate del mercato generale del pesce. I pescivendoli gridavano, offrendo i loro prodotti ai passanti, le scaglie e le teste degli animali luccicavano, riflettendo la luce del sole. Sulle file di banchi, pesci grandi e piccoli sbattevano la coda sui blocchi di ghiaccio usati per tenerli al fresco, bastava un'occhiata per farsi venire l'acquolina in bocca. L'attività tradizionale della pesca era la principale risorsa economica della contea; i pescivendoli si svegliavano alle prime luci dell'alba e si riversavano a cascata nelle strade vuote, poi si radunavano sul lungomare per contendersi la postazione migliore.

L'aria era satura di salsedine. Socchiuse le palpebre e inspirò a lungo. Ormai l'odore non le dava più fastidio: erano anni che percorreva quella strada per raggiungere il centro sportivo, le ci volevano solo dieci minuti. Il piccolo borgo di Torquay era ben collegato. La rete di trasporto con mezzi pubblici, pullman e treni locali era molto sviluppata e ben funzionante. Eppure, lei amava camminare, era il miglior modo per anticipare il riscaldamento.

Fino a qualche mese prima era suo nonno Cyrus ad accompagnarla a piedi. Era stato proprio lui a insegnarle a riconoscere la freschezza del pesce.

"Il pesce è fresco quando ha l'occhio lucente, il colore brillante, la carne soda al tocco e l'odore di mare, se comincia a essere sgradevole o ricorda quello dell'ammoniaca, stanne alla larga."

Nonno Cyrus era in grave sovrappeso e il medico di base gli aveva consigliato di camminare ogni giorno per cercare di smaltire i chili di troppo.

Magari fossero stati solo i chili di troppo...

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