Ansie

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Liz’s pov.
 
Quel mercoledì faceva particolarmente freddo ed io mi ritrovavo seduta per terra con il libro di chimica appoggiato sulle gambe incrociate, la schiena poggiata contro il termosifone caldo, nella mano sinistra la tazza con la camomilla e nella destra una matita per sottolineare.
Chimica era una delle mie materie preferite e riuscivo a studiarla con facilità, per questo la lasciavo sempre per ultima.
Ero tornata qualche ora prima dal lavoro e mi facevano male gli occhi ma non potevo lasciare a metà, perché il giorno dopo probabilmente sarei stata interrogata, così continuai a studiare.
«Il decadimento beta positivo…»  stavo cercando di ripetere ma il cellulare vibrò di nuovo vicino a me.
Sbuffai e posai la tazza a terra per vedere cosa volesse sapere questa volta.
“A quanti anni hai iniziato a suonare? :)”
Niall come al solito cercava di fare conversazione e io come al solito cercavo di fare l’esatto opposto.
“Non ricordo..” scrissi sperando che l’argomento fosse chiuso.
Ritornai alla chimica ma venni distratta dopo poco dalla vibrazione familiare.
“E come mai hai smesso?”
Non sopportavo certe domande, specialmente quelle a cui non sapevo rispondere per davvero…
“Non c’è un perché.. ho smesso e basta” inviai, abbastanza scocciata dalla sua eccessiva curiosità e decisi di spegnere il telefono o non avrei mai finito di studiare.
Dopo aver ripetuto anche l’ultima riga sentii le palpebre pesanti voler chiudersi così mi sdraiai sul letto e mi stesi sopra un plaid per poi addormentarmi all’istante, senza neanche mettermi il pigiama.
 
 
«Ho litigato con Dean» disse Nicole con la faccia imbronciata.
«Che ha combinato stavolta?» chiesi mentre cercavo di studiar un paragrafo di storia
«E’ un idiota! Ieri abbiamo fatto due mesi e lui invece che uscire con me è andato a giocare a calcetto!» disse mentre immergeva il pennello dello smalto nel colore.
«Che ti aspettavi? E’ un maschio.. sono tutti uguali» la solita risposta, ci stava sempre bene.
«E’ infantile, dico davvero. A volte sembra che abbia 14 anni e non 18» continuò lei.
«E allora lascialo» risposi dando un’occhiata all’orologio.
«E’ che mi piace davvero…» disse lei sbuffando. «Quando vieni qui Liz?» chiese poi con arai da cucciola.
«A proposito, volevo parlarti proprio di questo! Ho i soldi quindi dimmi tu quando e io vengo» risposi sorridente.
«Io direi che vieni sabato. Appena esci da scuola vai in aeroporto e prendi il primo volo» disse lei entusiasta.
«Si può fare, per quando prenoto il ritorno?» chiesi mordicchiandomi un labbro e scorrendo gli orari dei voli.
«Per la domenica dopo?» chiese lei sbattendo le ciglia più volte, anche dalla webcam riusciva ad intenerirmi.
«Una settimana intera?» non ero molto convinta.
«Dai Liz! Non ci vediamo da quasi tre mesi, non è mai successo prima d’ora! Verrei io ma finché non recupero le insufficienze non mi fanno muovere…»
«E cosa dico a lavoro?» ero attratta dall’idea ma c’erano abbastanza complicazioni.
«Che sei malata?!» disse lei in tono ovvio.
Sbuffai sonoramente.
«Ok ci provo ma non ti assicuro niente» dissi alzandomi e andando in salone.
Nonna era sul divano e stava guardando Beautiful, come ogni giorno a quell’ora.
Tossicchiai per far notare la mia presenza, lei mi guardò interrogativa.
«Sabato vado a Londra da Nicole..» cominciai a dire.
Pr un attimo sembrò non aver sentito, poi «D’accordo, quando torni?» chiese guardandomi attraverso gli occhiali. Era abituata a vedermi partire spesso, io e Nicole ci vedevamo ogni mese. O veniva lei o andavo io, ma solitamente trovavamo sempre un modo.
«Be’, ecco.. avevo intenzione di stare via tutta la settimana» dissi abbassando lo sguardo e sperando in una risposta positiva.
«Tesoro ma hai la scuola non puoi perdere tutti quei giorni» rispose lei.
«Ma quest’anno ho fatto solo due assenze, sto andando benissimo e la settimana prossima non ho né compiti in classe né spiegazioni importanti» ribattei cercando di convincerla, dovevo riuscirci.
«Al massimo fino a martedì.» rispose in tono deciso, questa imposizione mi fece scaldare fin troppo.
«Non è giusto! Io faccio tutto quello che devo, mi assumo responsabilità che non dovrebbero essere mie, mi pago il viaggio e non vedo Nicole da quasi tre mesi, ho bisogno di lei! Ho bisogno di vederla!» urlai per scaricare in nervosismo.
Erano i miei tutori legalmente ma ciò non gli conferiva il potere decidere per me, o almeno io la pensavo così.
Nonna rimase interdetta dal mio sfoo, perché io non urlavo quasi mai, anzi, di solito ero molto tranquilla e accettavo tutto di buon grado. Forse non ci tenevo poi così tanto a stare a Londra una settimana intera ma il fatto che volessero proibirmelo aumentò la voglia che avevo di andare.
«Va bene ma vedi di stare attenta, di aiutare Lily e di ringraziarla per l’ospitalità» disse lei arrendendosi. Io rimasi abbastanza stupita per il repentino cambio di idea, ma ero contentissima.
«Scusa se ho alzato la voce» dissi pentita e abbracciandola.
«Tranquilla, mi preoccupo solo per te lo sai.. a volte mi dimentico cosa voglia dire essere adolescenti» disse sospirando e accarezzandomi i capelli.
«Grazie nonna, grazie davvero» risposi sinceramente grata per la comprensione.
Tornai di corsa in camera e mi sedetti davanti al pc.
«Ha detto di si!» annunciai quasi urlando.
Lei si alzò dalla sedia facendo uno strano balletto e facendomi sbellicare dalle risate.
«Non ti fomentare troppo Nick!» le dissi fra le risate.
«Tra due giorni e mezzo rivedrò la mia migliore amica lalalala» cominciò a cantilenare lei facendomi ridere ancora di più.
Era tanto dolce quanto idiota per i suoi quasi 18 anni.
«Bellezza devo scappare a lavoro» dissi guardando l’orologio.
«Va bene guastafeste! Io continuerò ad esultare da sola.» disse lei facendomi la linguaccia.
«Come ti pare! Ci sentiamo stasera» dopo che mi salutò con la mano chiusi la videochiamata e mentre il computer si spegneva io presi la borsa e uscii di corsa per andare in negozio.
Percorsi le vie del mio quartiere praticamente disabitato con le mie amate cuffiette che pompavano la voce di Avril Lavigne a tutto volume nelle mie orecchie.
Pensare che in pochi giorni avrei respirato nuovamente l’aria londinese e che avrei avuto un cielo grigio per tetto mi fece sentire improvvisamente più leggera. Londra era una città interessante.
Io la amavo, perché aveva ispirato i miei scrittori preferiti, perché era lo scenario delle storie più belle che io avessi letto e anche perché Londra teneva ben custodita una parte di me, delle mia infanzia.
«Ciao» salutai il mio capo mentre mi dirigevo dietro il bancone. Posai la borsa e il cappotto nel retro.
«Ci sono due fotolibri da revisionare e spedire poi c’è da cambiare l’inchiostro alla stampante» mi avvertì Gabriele.
«Ci penso io» risposi mettendomi subito a lavoro al computer.
La giornata trascorse velocemente tra una cosa e un’altra, si erano già fatte le sette e mezza e sentii Gabiele sospirare esasperato.
«Che succede?» chiesi raggiungendolo all’altro capo del bancone.
«Questa roba deve andare al laboratorio entro domani» disse storcendo la bocca.
«Quante foto sono?» chiesi dandogli un’occhiata.
«3843 tutte da correggere e sistemare» lessi nei suoi occhi una silenziosa richiesta.
«Passamene la metà» dissi tornando al mio computer.
«Grazie» disse sollevato.
Andai nel retro e tirai fuori dalla borsa il telefono e avvertii casa che non sarei tornata per cena.
“Sos cena! Io e Gabri siamo bloccati in negozio ancora per un bel po’.. ci vieni a sfamare mio eroe?”  inviai il messaggio a Marco sperando che fosse tornato dalla palestra.
Tornai a sedermi al computer e cominciai ad aprire le foto e ad aggiustarne l’esposizione, a bilanciarne il bianco e a riportarle in formato fotografico.
Dopo venti minuti sentii la porta aprirsi e vidi Marco entrare con un cartone di pizza al taglio.
«Non c’era molta scelta» disse arricciando il naso e poggiando il cartone sul bancone.
«Grazie davvero» dissi prendendomi subito un pezzo di pizza rossa. Anche Gabriele lo ringraziò prendendone un po’ e uscendo fuori a fare una telefonata.
Marco mi fece sedere sule sue gambe incrociando le mani sulla mia pancia mentre io mi servivo.
«Dopo vieni da me?» chiese mozzicando un pezzo di pizza.
«Mmm.. non sai quanto mi piacerebbe ma devo studiare un casino di roba.. non mi sono anticipata niente, oggi io e Nicole abbiamo fatto la video chat… a proposito» lanciai uno sguardo fuori e vidi che il mio capo era ancora impegnato al telefono. «Sabato mi accompagni all’aeroporto? Vado da Nicole una settimana» bisbigliai per essere sicura che sentisse solo lui.
«Va bene, a che ora?» chiese con il mio stesso tono.
«Mi vieni a prendere a scuola e poi andiamo? Ho il volo alle tre e mezza» presi nota mentalmente di comprare il biglietto on-line la sera stessa.
«Al suo servizio giovane donzella» rispose ridacchiando e facendomi il solletico.
«E se domani cenassimo insieme come la vedi?» risposi sorridendogli tra una risata e l’altra.
«Io la vedo decisamente bene.. anche perché mi devi raccontare di un certo biondo… parlate ancora?» chiese lui smettendo di farmi ridere.
«Diciamo di sì» risposi vagamente.
«Non mi sembri molto entusiasta» disse lui facendomi girare la testa in modo da poter fissare i miei occhi.
«Ne parliamo domani, ok?» proposi accennando un sorriso.
«Se ti da fastidio lo elimino dalla faccia della terra, sappilo» mi disse severo. Era sempre molto protettivo nei miei confronti, ma la cosa non mi era mai dispiaciuta.
«Non puoi, lasceresti migliaia di ragazze senza idolo» dissi ridacchiando, lui sbuffò.
«Non mi importa, quel tipo mi sembra un molestatore» disse facendomi roteare gli occhi al cielo.
«Tutti i ragazzi che conosco ti sembrano molestatori» lo canzonai.
«Hai ragione… forse sei tu a sedurli?» disse grattandosi il mento con aria pensierosa e facendomi ridere nuovamente.
Gabriele entrò nel negozio e ci fissò con un sorriso pieno di quella che sembrava… tenerezza?
Arrossii all’improvviso alzandomi in piedi, poteva sembrare una scena alquanto equivoca.
Io e Marco venivamo spesso scambiati per fidanzati e non ci eravamo mai fatti tanti problemi, ma mi sentii un po’ in imbarazzo in quel momento.
Il mio amico si alzò e si infilò la sa giacca. «Vado.. mandami un sms appena hai finito» mi sussurrò all’orecchio. Io annuii per poi lasciargli un bacio sulla guancia.
«Buon lavoro» disse andando alla porta e dopo che anche Gabriele lo salutò uscì fuori.
 
Mi infilai sotto le coperte e pensai che quel giorno Niall mi aveva scritto solo due messaggi quella mattina. La cosa mi fece sentire un po’ in colpa, forse le mie risposte fredde lo avevano fatto sentire troppo invadente? Be’ all’inizio era il mio intento però dovetti ammettere a me stessa che mi piaceva trovare sui messaggi a qualunque ora.
Forse invece era stato impegnato, in fondo, non poteva passare giornate intere a mandare messaggi ad una ragazza, una come me, poi! Sapevo che prima o poi si sarebbe arreso non trovando nulla di interessante.
Sospirai e smisi di farmi tutte quelle paranoie, chiusi gli occhi e mi addormentai.
 

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