Consigli

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Liz’s pov.
 

Nella sala d'attesa dello psicologo aleggiava un leggero odore di pino, probabilmente veniva da uno di quei deodoranti per ambienti.
Io odiavo il pino.
Così come odiavo le sale d'attesa, così come odiavo parlare di me.
Forse era quello il motivo del mio nervosismo.
Cercai di non pensarci, sperando che il tutto sarebbe presto finito.
Ero da sola in una sala piena di sedie, la segretaria era andata a prendersi un caffè avevo come l'impressione che la sua fuga e il mio arrivo non fossero una coincidenza.
Cercavo di placare l'attesa cantando a mente le parole delle canzoni che risuonavano nelle mie orecchie, cercando di non pensare a cosa avrei dovuto dire, o cosa avrei dovuto fare.
Nonostante fossi stata in cura precedentemente non avevo mai sviluppato la voglia di parlare di me stessa.
Ero lì solo per Nicole, solo per lei ed ero davvero tentata di alzarmi ed andarmene. Stavo quasi per farlo davvero, quando la porta si aprì e ne uscì un ragazzo che avrà avuto la mia età. I suoi capelli erano scuri, la sua pelle olivastra e lo sguardo smorto.
Rabbrividii nel guardarlo, pensando che qualcuno, probabilmente, stesse peggio di me.
Mi tolsi le cuffiette e stoppai la musica mentre la segretaria tornò, correndo ridicolmente sui suoi tacchi 12.
«Puoi entrare» disse facendo un sorriso tiratissimo.
Mi alzai senza parlarle e dopo aver messo l'ipod in borsa varcai la soglia di quella stanza che odiavo più della sala d'attesa.
«Buonasera Dottore» dissi cordialmente e avvicinandomi, per poi tendergli la mano.
«Elisabetta, cara! E' un piacere rivederti» strinse forte la mia mano, quasi entusiasta.
«Be' mi dispiace non poter dire lo stesso» risposi schietta, «Senza offesa» aggiungendo poi. Lo vidi ridere divertito sotto quei suoi baffi ormai grigi.
Avrei scommesso che si aspettasse una risposta del genere.
«Prego, accomodati» disse indicandomi il divano di pelle.
Mi sedetti riluttante dove mi era stato indicato, poi lo guardai negli occhi.
«Da quanto ne posso dedurre, sei qui controvoglia, o sbaglio?» domandò sempre sorridente.
Perché diamine doveva sempre sorridere? Perché?
«Uno a zero, palla al centro» risposi ironica.
«Chi è che ti vuole qui Liz?» domandò poi, più serio.
«Nicole.» dissi secca. Ormai conosceva bene la mia storia, conosceva i miei legami, le mie debolezze, le mie paura, le mie fobie, le mie gioie.
Annuì comprensivo e poi «E come mai ti ha mandata qui?» chiese prendendo un blocchetto e fingendosi distratto.
«Sono tornati gli incubi e lei si è spaventata» cercai di sminuire la cosa, ma ovviamente non ci riuscii.
«D'accordo. Quand'è, più o meno, che sono ricominciati? Ricordi quand'è stato il primo?»
Non dovetti riflettere molto prima di rispondere e infatti «Un mese e mezzo fa, quando sono tornata da Milano.» risposi prontamente. Volevo finire quella tortura il prima possibile.
«Sei andata a trovare tuo fratello?»
Sbuffai, per l'ovvietà della domanda e «Sì» soffiai incrociando le braccia.
«Raccontami cos'hai fatto in quei giorni.»
Piegai la testa all'indietro poggiandola al divano e puntai lo sguardo sul soffitto cercando di ricordare.
«Mio fratello è venuto a prendermi alla stazione, siamo tornati a casa. Abbiamo pranzato con la sua nuova ragazza, ci teneva che la conoscessi.»
«E lei ti piace?»
«Sì, ho visto come guarda mio fratello e sono sicura che siano innamorati persi. Sono felice per lui. E poi è stata gentile mi ha regalato dei biglietti per una festa in una discoteca esclusiva di Milano.» risposi, continuando a guardare in alto.
«Poi?» domandò incitandomi a continuare.
«Poi sono andata alla festa e...» la mia voce esitò e fui sicura che il dottore se ne accorse.
«...e mi sono divertita.» proseguii vaga.
«Raccontami della festa»
Sbuffai di nuovo, chiudendo gli occhi. «La musica era assordante, ma il dj era molto bravo. Ho parlato con qualcuno di sfuggita e poi un ragazzo è venuto a ballare con me.» Tanto ero sicura che mi avrebbe estorto tutta la verità, quindi continuai volontariamente.
«Era simpatico, ricordo che rideva molto. All'inizio non riuscivo a distinguere il colore dei suoi occhi, a causa delle luci. Però mi aveva colpito il suo sorriso, che era l'unica cosa visibile oltre ai suoi occhi, era una festa in maschera.» Sorrisi istintivamente pensando che io e Niall ci eravamo trovati subito in sintonia quella sera.
«E avete anche parlato?» Riaprii gli occhi e lo guardai.
«Sì, abbiamo bevuto qualcosa insieme. Abbiamo chiacchierato e riso molto quella sera.»
Mi sentivo quasi colpevole, perché poi non lo sapevo.
Il dottore sembrava piuttosto curioso e «d'accordo, continua.»
«Be' abbiamo passato qualche ora insieme, poi siamo andati via. Il giorno dopo ci sono ri-uscita. Abbiamo chiacchierato molto, e ho suonato il piano e la chitarra» dissi guardandolo negli occhi e notando un piccolo guizzo.
«Hai suonato?» domandò incredulo.
«Sì» confermai.
«D'accordo, e questo ragazzo come si chiama?»
«Niall» risposi, forse un po' troppo velocemente.
«E' inglese?» chiese, alzando un sopracciglio.
«Irlandese» lo corressi subito.
«E dopo quel giorno l'hai risentito?» Arrossii, involontariamente.
«Sì» non mi azzardai a dire di più, non volevo renderlo partecipe della mia confusione.
«Siete amici?»
«Per lui sì.» risposi evasiva. Ma la domanda arrivò ugualmente.
«E secondo te non lo siete?»
«Non lo definirei un amico. Non come lo sono Nicole e Marco.»
«Capisco. Vi siete mai rivisti altre volte?» chiese poggiando le mani sulla  scrivania.
«Sì.»
Sospirò stancamente prima di riprendere «Potresti evitare di rispondere a monosillabi?» chiese poi gentilmente.
«Posso provarci»
«Bene. Raccontami del vostro rapporto. Quando parlate, quando uscite, cosa fate, cosa vi dite...»
«Lui mi scrive praticamente ogni giorno, parliamo di musica, o mi racconta dei suoi amici e del suo lavoro... Ci siamo rivisti a Londra, perché lui ha una casa lì. Siamo usciti in un parco e abbiamo passeggiato e chiacchierato, del più e del meno. Poi gli ho fatto conoscere Nicole il giorno dopo. Ah, una mattina siamo andati a fare colazione insieme. E poi, una sera, ho litigato con Nicole» strofinai nervosamente la mano sulla pelle del divano ripensando a quanto fossi stata male in quel momento. «Sono scappata di casa e volevo chiamare Marco, ma per sbaglio ho chiamato Niall che si è preoccupato ed è venuto a recuperarmi. Mi ha ospitata a casa sua, per quella notte.»
Annuì comprensivo anche se mi era impossibile non notare lo stupore sul suo volto.
«Come mai è così sorpreso?» domandai, non riuscendo a trattenermi.
Lui sorrise.
«Dovrei essere io ad analizzare te, non il contrario. Comunque, di solito, quando conosci qualcuno non gli concedi un secondo incontro, se non per un preciso scopo, o sbaglio?»
«Non sbaglia.»
«Bene, e allora, mi chiedo cosa ti abbia indotta a stringere un rapporto con qualcuno, dopo tanti anni di sforzi a tenerti lontana da tutti. Cos'è di Niall che ti ha colpita?»
Mi morsi il labbro inferiore, non sapendo cosa dire.
Era vero, prima di conoscerlo non avevo mai legato a tal punto con qualcuno che non fossero i miei amici.
«Non ne ho idea» dissi stringendomi nelle spalle.
«Be’, io un’idea ce l’ho. Comunque, se dovessi definirlo con tre parole, quali sarebbero?» chiese quasi soddisfatto e sorridendo.
«Curioso» risposi subito, poi ci riflettei un po' su. «Ride spesso quindi allegro. E poi.. non saprei» abbassai lo sguardo.
 «Come mai dici che è curioso?» si tolse gli occhiali e li pulì con una pezzetta apposita.
«Perché mi avrà fatto un migliaio di domande dal giorno in cui ci siamo conosciuti ad oggi.» risposi facendo un mezzo sorriso.
«E tu gli rispondi?» domandò rinfilandosi gli occhiali e guardandomi attentamente.
«Non sempre.» ammisi.
«Conosce la tua storia?»
«Sa che i miei genitori sono... morti. Sa che vivo con i miei nonni. Sa che lavoro in un negozio di fotografie. Sa che mi piace leggere, e sa che amo la musica. Sa anche che sono stata in analisi.»
Cercava di nasconderlo, ma era sempre più sorpreso.
«Quindi possiamo dire che ti conosce abbastanza bene, no?»
«Sa solo i fatti in sé, non credo che questo basti.» risposi scettica.
Unì le mani sotto il mento, quasi affascinato. Odiavo quando aveva quel fottuto sguardo da 'sei un paziente interessante'.
«D'accordo. Voglio che in questa settimana tu ti apra di più con lui. Dovresti provare anche ad interessarti davvero a lui, a chiedergli qualcosa, a conoscerlo meglio.»
«Ma io lo conosco già.» Protestai.
«Non hai saputo trovare tre aggettivi per descriverlo» Mi fece notare.
Sbuffai, sconfitta.
«Non capisco. Cosa c'entra Niall con gli incubi?» domandai innervosita.
Lui rispose con un sorriso divertito e poi «A volte sai essere molto più acuta di qualunque altra persona della tua età che io abbia mai conosciuto. Ma a volte sai essere estremamente cieca.» affermò compiaciuto.
«Che intende dire?»
«Lo scoprirai da sola. Farai quello che ti ho chiesto?»
«Sa che non voglio.» Il mio tono era tagliente, sapeva che non avevo mai fatto una cosa del genere.
«Non volevi nemmeno venire qui, ma qualcosa ti ha spinta a farlo. Quindi, per favore, farai quello che ti ho chiesto per la stessa ragione per cui sei qui?» domandò alzando un sopracciglio, in attesa della mia risposta.
Fare leva su Nicole e sul fatto che per lei avrei fatto qualunque cosa era scorretto e disgustoso.
Rabbrividii nel comprendere ancora una volta che quel dottore dietro la scrivania mi capisse meglio di quanto non fossi in grado di fare io stessa.
«Prima o poi dovrai superare la tue paura, e sono convinto che questo sia un ottimo modo per iniziare» disse poi vedendomi esitare.
Trasalii a quelle parole.
«Ci abbiamo già provato. Non sono capace.»
«Tutti siamo capaci. Devi solo volerlo davvero. Comunque non pensarci adesso, ce ne occuperemo in seguito. Fai solo ciò che ti ho detto, d'accordo?»
Annuii mio malgrado.
«Perfetto, ci aggiorniamo a fine settimana. Non sparire» disse poi sorridendo e porgendomi la mano. La strinsi senza proferire parola, e poi uscii  da quello studio quasi correndo.
 
 
 
Finalmente la campanella suonò, annunciando la fine di quella giornata scolastica pesantissima.
Ero in coda dietro i miei compagni di classe aspettando di uscire dall’aula e stavo per infilarmi le cuffiette quando il professore di letteratura mi chiamò e mi fece segno di andare da lui alla cattedra. Fui presa alla sprovvista ma obbedii.
«Senti, voglio essere esplicito. Va tutto bene? Perché ultimamente sembri molto più distratta di come sei normalmente. Sei meno loquace e partecipe delle lezioni. C’è qualcosa che ti turba? Ho visto che con i compagni non hai un grande rapporto, come mai?» domandò da dietro gli occhiali.
Quel professore mi era sempre stato molto simpatico e sapevo che aveva studiato psicologia e altro. Forse non avrei dovuto nemmeno essere tanto stupita che avesse notato qualcosa che non andava in me.
«Va tutto bene» risposi scuotendo la testa, per far segno che non avevo idea di cosa stesse parlando.
«Di solito sei molto attiva, esponi sempre le tue opinioni sugli autori che stiamo trattando ma in questo periodo sei più distratta, hai un comportamento preoccupante, rispetto al tuo solito.» ripeté fissandomi negli occhi, come a volerci leggere un briciolo di verità che dalla mia bocca non sarebbe mai uscita.
«E’ tutto apposto, davvero» cercai di chiarire e di essere il più naturale possibile anche se dalla sua espressione non dovevo essere stata così convincente.
«Vorrei parlare con i tuoi genitori. Quand’è che sono liberi? Vorrei fissare un colloquio» disse poi, facendomi entrare nel panico.
«Hem no, davvero, non ce n’è assolutamente bisogno. Sono solo stata male e devo ancora riprendermi bene, tutto qui. Cercherò di stare più attenta, glielo prometto.» perfino io riuscii a percepire la nota di terrore nella mia voce.
Probabilmente anche lui la colse perché non insistette.
«D’accordo. Sono due anni che vi ho come classe e ormai vi conosco piuttosto bene. Sono anche un padre e sono preoccupato. Io lo vorrei sapere se mia figlia avesse dei comportamenti insoliti. Ma se dici che va tutto bene, mi fido. Però sappi che qui a scuola c’è uno sportello di ascolto, se ti va di fare una chiacchierata con qualcuno puoi andare.» disse poi dandomi la sensazione che avesse percepito il mio disagio.
Quel professore mi ispirava molta fiducia, ma non gli avrei mai detto che frequentavo già uno psicologo. Non volevo essere trattata come una vittima o come una ‘ragazza problematica’.
«Va bene. Posso andare?» chiesi poi speranzosa.
«Certo.» Il suo sorriso era quasi compassionevole. Be’ se avesse saputo la verità sarebbe stata la pietà in persona con me, il solo pensiero mi fece rabbrividire.
Uscii dall’istituto con mille domande in testa.
Se perfino il professore si era accorto che c’era qualcosa che non andava nella mia vita, la cosa forse stava degenerando.
Nonostante avessi promesso a Nicole di andare dallo psicologo poi non avevo fatto ciò che lui mi aveva richiesto.
Voglio che in questa settimana tu ti apra di più con lui.”
Cosa si aspettava che facessi? Che raccontassi a Niall la storia della mia vita in lacrime?
“Dovresti provare anche ad interessarti davvero a lui, a chiedergli qualcosa, a conoscerlo meglio”
Be’ questo avrei potuto farlo ma non ne avevo avuto voglia, né tempo.
Ma soprattutto, avevo paura. Perché solo quando me lo aveva fatto notare il dottore avevo compreso quanto con quel biondo tinto mi stessi spingendo oltre i miei limiti.
Quel giorno, però, tornata a casa decisi che dovevo cominciare a fare qualcosa.
Non sapevo quale fosse il mio problema, e il dottore con i suoi enigmi non mi aiutava a centrarlo.
Non avevo idea di come Niall avrebbe potuto migliorare la  situazione ma decisi comunque di fare una parte di ciò che mi era stato chiesto.
“Hei Niall! Come va? Tutto bene? :) “
Era un po’ che non parlavamo, lui non mi scriveva da più o meno tre giorni e io di certo non lo avevo cercato.
La risposta come sempre arrivò in fretta.
“Liz! Sopravvivo... Tu? “
Rimasi inebetita dal messaggio. Di solito non era mai così striminzito, anzi, mandava messaggi chilometrici.
Poi che voleva dire ‘sopravvivo’? Qualcosa andava per il verso sbagliato? E soprattutto dovevo chiederglielo?
Cercai di ragionare con calma, spremendomi le meningi.
Se fosse stato Marco probabilmente gli avrei chiesto spiegazioni. Ma io e Marco eravamo amici, io e Niall… Più che altro conoscenti.
Ma per lui eravamo amici, quindi forse avrei dovuto chiederglielo.
Mi morsi il labbro, indecisa sul da fare. Alla fine sospirai e scrissi: “Che intendi per ‘sopravvivi’? Io tutto come al solito!”
Dopo quella che a me sembrò un’eternità il telefono squillò avvertendomi che la risposta attesa era arrivata.
“E’ tutto un casino la mia vita e cerco di non affogarci dentro, tutto qui!”
Non aveva fatto domande, questo si che era preoccupante.
Cercai di immaginare che il messaggio provenisse dal mio migliore amico. Cosa gli avrei risposto?
“Be’, se ti va di parlarne hai il mio numero :)”
Inviai prima che il coraggio sparisse del tutto.
Qualche secondo dopo chiusi gli occhi pentendomene amaramente.
Avevo davvero mandato un messaggio del genere a Niall?
Mi preoccupai anche di più quando non ricevetti risposta. Di solito era una scheggi a replicare ogni mio messaggio, forse avevo davvero fatto la cosa sbagliata. Non avevo neanche idea di cosa mi stesse prendendo. Inviavo messaggi alla gente solo perché me lo aveva detto un tizio con qualche laurea e un paio di baffi grigi?
Volevo tornare indietro e impedirmi di premere invio, ma ormai il danno era fatto, perciò cominciai a leggere un libro per distrarmi.
Un’oretta più tardi, quando ormai mi ero calmata e avevo deciso di far finta di nulla, il mio telefono iniziò a squillare riportandomi alla realtà.
Quando lessi il nome sullo schermo chiusi gli occhi, tentata di premere il tasto rosso.
Ma ormai avevo iniziato e non potevo tirarmi indietro. O forse sì?
Ma sarebbe stato da codardi, no?
«Pronto?»
«Liz! Sono Niall» chiusi gli occhi adorando quella voce calma e dolce.
«Ciao» risposi mordendomi la lingua subito dopo.
«Allora, come stai? Che hai combinato questi giorni?» domandò mentre mi sedevo sul letto stringendo una pallina antistress.
«Mh, le solite cose… Scuola, lavoro, studio. Niente di nuovo. Tu piuttosto? Dai messaggi sembravi un po’ giù di morale.» la situazione era quasi comica. Io che mi interessavo così tanto a qualcuno che non fosse Nicole o Marco era davvero uno spettacolo da non perdere.
«Un po’. Non ci lasciano respirare un attimo, quasi non ho neanche tempo di dormire. E poi quando siamo andati in America è successo un casino..» lasciò la frase sospesa.
«Che genere di casino?» chiesi, davvero curiosa.
«Se ti dicessi un segreto tu non lo diresti a nessuno? Neanche a Nicole?»
«Ma per chi mi hai presa! Ti ricordo che voleva il tuo numero e io non gliel’ho dato. Mantengo le promesse.» protestai infastidita.
«Ok, okay!» disse fermandomi.
«Spara! Ora voglio sapere» intanto continuai a stringere e rilasciare la pallina che avevo in mano.
«Hai presente Demi Lovato?»
«Non proprio. Cioè l’ho sentita nominare ma non so chi sia.» risposi sinceramente.
«Come fai a non sapere chi è?! Comunque, noi siamo stati insieme fino a due mesi fa, più o meno, ma non lo sa nessuno a parte i nostri amici.»
«Mh, qual è il problema?»
«Che lei stava anche con un altro e lunedì in America ci siamo rivisti e lei mi ha baciato.» la sua voce era più insicura di prima.
«Non capisco ancora qual è il problema» risposi cercando di ignorare le mie sensazioni, ci avrei pensato dopo.
«Lei ha lasciato il ragazzo, perché ha capito che voleva stare con me» ora sì che era imbarazzato.
«Fantastico, no?» il mio tono gioioso era quasi credibile.
«No! A me piace un’altra. Ed ho paura che Demi ci stia male, è una persona molto sensibile.» disse come se fosse la cosa più ovvia. Mi sentii ancora peggio, senza sapere perché.
«Be’, tanto sensibile da mettere le corna a due ragazzi contemporaneamente…» ironizzai.
«No, davvero, lei era solo indecisa. Non è cattiva.» sentii una punta di gelo nella sua voce, forse non aveva gradito l’ironia.
«Va bene, come dici tu. Io infondo non la conosco. Comunque a volte è difficile rimanere amici dei propri ex se si è ancora innamorati. Per scordarti dovrebbe starti lontana, poi se si innamorerà di un altro sarà tutto più facile, potreste anche tornare amici» non potevo quasi credere di stare lì a dargli consigli di cuore! Dio, che situazione.
«Sembra quasi che tu ci sia passata»
«Forse perché ci sono passata. Ma sarà difficile se ti vedrà con quella ragazza che ti piace.» Tentai subito di cambiare argomento, le mie esperienze di certo non erano il mio argomento preferito di conversazione.
«Ah, non c’è pericolo! Io con lei non ho la minima speranza!» disse sconfortato.
«Come non hai nessuna speranza? Hai il mondo ai tuoi piedi» risposi scettica.
«Ma lei è diversa. Non credo sia interessata a me.»
«Come fai ad essere così pessimista? Poi detto da uno come te, davvero, è ridicolo! Non so quale ragazza avrebbe il coraggio di rifiutarti»
«Credimi, lei lo avrebbe!» lo sentii ridacchiare in sottofondo, positivo, no?
«Be’ allora è un problema suo, giusto?» non sapevo perché ma mi sentivo sollevata.
«Il problema rimane anche mio se non riuscirò ad averla.» Ci tenevo davvero..
«Ma tu le hai già parlato?» ormai la mia curiosità era salita alle stelle.
«Di questo no. Insomma, non ancora. Ma non credo glielo dirò mai, lei non è interessata a me»
«Capisco, be’ mi dispiace. Senti devo andare o faccio tardi a lavoro.» dissi poi notando l’orario.
«Okay, grazie per la chiacchierata! Ci sentiamo stasera…»
«Va bene, ciao!» attaccai il telefono lasciandomi ricadere sul letto.
Ero in stato confusionale, avevo assimilato anche troppe notizie. Sentivo una stretta allo stomaco, senza avere idea del perché. Se non altro avevo fatto i ‘compiti’ che il dottore mi aveva assegnato.
 

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