Gap.

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Liz’s pov.
 
E’ una sera strana, questa.
Attendo che Morfeo mi conceda un po’ di meritata incoscienza e intanto fisso lo sguardo fuori la finestra: si vede appena la luce flebile della luna che smorza l’oscurità altrimenti omogenea del cielo notturno; le stelle non si vedono stasera, la città è troppo illuminata per lasciare loro lo spazio di brillare.
A volte penso che vorrei vivere in campagna; mi piacerebbe potermi sdraiare quando il sole è ormai tramontato e ammirare ogni singola stella, magari individuare le costellazioni e farle vedere a Niall, come quella sera, sul tetto di un palazzo in cui non ci era permesso stare. Ma, comunque sia, a lui queste cose non piacciono, ragion per cui sarebbe solo tempo sprecato.
Sprecato come queste notti insonni che non hanno mai fine.
Sono già due giorni consecutivi che vedo la notte tramutarsi in giorno e viceversa, senza riuscire a chiudere occhio, ma stasera devo assolutamente riposare... non posso andare avanti così.
La verità è che ormai sono abituata a sentire la sua di voce prima di addormentarmi e, ora che il suo canto non mi culla più, non so come fare a far passare la paura di chiudere gli occhi.
Non mi ricordo più come facevo a lasciarmi trascinare dal sonno prima di conoscerlo… Ho anche provato a lasciare le loro canzoni rimbombare a tutto volume nelle mie cuffiette, ma ovviamente è stato inutile.
E stasera sento proprio il bisogno di dormire, per cui, anche se mi ero ripromessa di non farlo, chiamo Marco e lascio che sia lui ad aiutarmi, almeno per ora.
 
***
 
«E a lavoro? Come sta andando?» chiedo più per gentilezza che per altro.
«Bene, forse riesco ad ottenere una promozione!» esulta mio fratello dall’altra parte della cornetta.
«Ottimo» mi congratulo con lo stesso scarso entusiasmo che ormai mi perseguita da qualche settimana.
«Già. A te invece come è andata l’interrogazione di filosofia?» cerca di aggiornarsi sulla mia situazione scolastica, come sempre. Ormai non mi da neanche più fastidio.
«Bene.»
«Quanto hai preso?»
«Nove e mezzo.»
«Sei inquietante… A volte mi chiedo se sei mia sorella sul serio.»
Mi forzo a ridere almeno un po’, ma è mio fratello che sto cercando di imbrogliare e se ne accorge subito.
«Liz… E’ un po’ che ti sento così spenta. Sei sicura che vada tutto bene?» chiede preoccupandosi per me.
C’è stato un tempo in cui mi piaceva che si preoccupasse per me, anche quando non ne avevo bisogno. Probabilmente mi piaceva tanto perché non avevo più nessun altro che si accorgesse di quello che mi succedeva, tranne lui.
Era come vivere senza farlo davvero: un’esistenza futile, perché non parlavo con nessuno, non amavo nessuno, non cambiavo nessuno, non influivo su nessuno. La mia vita era fine a se stessa e del tutto insignificante.
Vedevo le altre persone lasciare segni e cicatrici sulle vite altrui, modellavano i destini e disegnavano strade, poi le sformavano e cancellavano ogni progetto e desiderio per riscriverci sopra nuove speranze.
Io ero immune a tutto ciò. O meglio, lo sarei stata, se non fosse stato per mio fratello.
Io influivo sulla sua di esistenza, era lui a dare un senso ai cocci che erano rimasti della mia vita.
Quindi sì, c’è stato un tempo in cui mi piaceva che lui si preoccupasse per me.
Purtroppo, -o per fortuna, dipende dai punti di vista- quel tempo è finito.
«Sono solo stanca, non vedo l’ora di concludere quest’anno scolastico…» ovviamente la mia è una risposta di ripiego.
Non voglio parlargli di Niall, della delusione e del malessere in cui sto sprofondando.
«Comunque, devo dirti una cosa importante: ho deciso che ricomincio a suonare» dico in tono fiero, cercando di tergiversare l’argomento.
«Sul serio?!» Sento la sua eccitazione perfino da qui.
«Sì..» Non sono ancora molto sicura di questa scelta, ma alla fine se c’è una cosa che con Niall ho imparato a fare, quella è proprio buttarmi.
Voglio provare a riprendere a suonare, perché devo smetterla di restarmene inerme dentro le quattro mura di cui mi sono circondata.
«Oddio, Liz… Papà sarebbe così contento di vederti suonare il piano…» il suo tono è tra il sognante e il commosso.
«Okay» lo interrompo.
Se inizia a parlare di papà non ne uscirò intera. Sto già tenendo i pezzi insieme con lo scotch carta, e davvero non mi sembra il caso di provare a vedere quanto può reggere.
 
 
Niall’s pov.
 
 You tell me that you're sad and lost you're way,
you tell me that your tears are here to stay...
But I know you were only hiding, 
and I could see you...
«No» scuoto la testa in disaccordo con me stesso perché: 1) Non suona bene e 2) non è vero, io non riuscivo a vederla.
Che cagata, penso. Non metteranno mai questa canzone nell'album. 
Provo a risuonare la base per farmi venire anche le parole...
Muovo il polso più veloce del solito.
Adrenalina. 
Rabbia. 
Rancore. 
Tristezza. 
You were only hiding and I just wanna see you. 
Sì, così va già meglio. È più vera.
Lei si stava solo nascondendo e io volevo solo vederla.

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