Capitolo 22

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JIMIN'S POV
Era stupenda.

Era fottutamente stupenda. Con quel vestito a pennello e quei tacchi così eleganti che davano un tocco in più al tutto, anche al trucco fino e all'acconciatura liscia semplice.
Uno spettacolo.

E come un imbecille non ho fatto che guardarla tutto il tempo, sia quando eravamo in macchina, nonostante stessi guidando, cercando sempre di notarla con la coda dell'occhio, sia quando camminavamo.
Non ha risposto alla mia domanda a parole, ma semplicemente ha annuito sorridendo come una bimba innocente per poi salire sulla mia auto.

L'avrei portata in un ristorante che conoscevo bene, non proprio di lusso perché non me lo potevo permettere fino a quei livelli, ma abbastanza eleganti per tutti e due anche se non siamo le persone adeguate a posti così raffinati.
Inutile dire che in macchina o durante il piccolo tragitto a piedi cercavamo sempre di rompere il silenzio, parlando di tutto tranne di noi due, nessuno ha spiccato parola su quell' argomento.

Il mazzo di rose blu è stato apprezzato subito, infatti non ha fatto altro che annusarle tutto il tempo mentre eravamo sul mio veicolo, con la musica leggera in sottofondo, a basso volume ma del nostro stesso genere.
Ed è stato un gesto che mi ha riscaldato il cuore, perché le ha accettate e le sono piaciute.

Sapevo già che ama le rose di quel determinato colore grazie a Yoongi e Jungkook, anche se non abbiamo mai avuto tanta confidenza. Ma ho accennato cosa avevo intenzione di fare e da lì in poi abbiamo deciso di ricominciare tutto daccapo, dato che siamo partiti tutti con il piede sbagliato.

Mentre eravamo nel ristorante, invece, non facevo altro che guardarla, con un pugno che reggeva la mia guancia grazie al gomito poggiato sul tavolo con l'altro braccio piegato verso di me, mentre lei cercava in tutti i modi di distogliere lo sguardo dal mio. Lo capivo perché appunto sorrideva di nascosto, si guarda sempre intorno e abbassava di tanto in tanto lo sguardo arrossendo leggermente.

E io lo facevo di proposito.

Sapevo anche che era il suo "punto debole" e avevo deciso di sfruttare questa cosa. Non per cattiveria, perché ero qui per risolvere e cercare di dimenticare il passato.
La cena, invece, è stata molto tranquilla e tutte e due facevamo delle battute sulle persone che sedevano più lontano dal nostro tavolo, senza farci sentire.
Risate sussurrate e molti sguardi incontrati per colpa dei movimenti che venivano effettuati, anche come una semplice presa della bottiglia di vino.

Ancora niente, nemmeno lì nessun accenno su noi due, stava aspettando me. E io sapevo già come prendere il discorso e affrontarlo, senza farle male al cuore, in poche parole.

L'avevo portata in quello che ormai era diventato il nostro posto, anche se ci siamo stati solo una semplice volta: sulla riva del mare.

Ci siamo seduti lì, fregandocene dei vestiti che indossavamo, guardando davanti a noi il mare che aveva preso ormai il colore di un blu notte, con alcuni riflessi grazie alla luce lunare e alle stelle lucenti.

E ancora siamo qui, senza parlare, senza muoverci, semplicemente con le braccia dietro la schiena per reggerci, gambe raccolte al petto e le dita delle nostre mani che si sfiorano leggermente.
Con coraggio, senza timore, inizio ad accarezzare lentamente il suo indice con il pollice, senza guardare il contatto, rimanendo con gli occhi puntati sull'acqua in movimento accompagnato dal rumore rilassante delle onde leggere.

Noto con la coda dell'occhio che il suo sguardo ricade subito al contatto, sentendo un piccolo sussulto, ma non ci do molto peso, voglio continuare a farle capire.
Ancora lentamente, sfioro completamente la sua mano, facendola finire sotto la mia, per poi far in modo che le nostre dita siano intrecciate. Una stretta, mi fa automaticamente sorridere di poco, capendo che anche lei lo desiderava.

The Teacher of 3°CDove le storie prendono vita. Scoprilo ora