Il numero di telefono.

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Sussultai dinanzi quell'inchiostro nero.
Era il suo numero? Il numero di quel ragazzo?
Forse era semplicemente uno scherzo, nonostante io sia uno dai vestiti tenebri e opachi bastava poco per capire che in realtà non ero poi così cattivo.
Non mi è mai piaciuta questa cosa, mi sembravo un libro aperto nonostante avessi il lucchetto chiuso e quel ragazzo sembrava solo uno dei tanti a cui piaceva scherzare.
Scacciai quei pensieri dalla mia testa facendo un movimento di negazione mentre i miei occhi si strinsero in senso di negazione, come a volerli cacciare più in fretta.
Presi il mio telefono e digitai quel numero.
Decisi di non salvarlo ma quei numeri entravano nella testa più di qualunque altro.
Lasciai cadere il mio corpo sul divano e mi beai della vista del mio soffitto bianco, vuoto.
Le ore passarono e il mio telefono era sempre stretto alla mia mano sinistra.
Di solito avrei fatto cadere quel telefono sul pavimento noncurante delle conseguenze ma quel giorno, quasi come una calamita, era stretto a me.
Volevo proteggere qualcosa, ma cosa? La mia mente scoppiava di pensieri, come al solito.
Lasciai cadere il mio telefono sul pavimento quando i miei occhi si chiusero e io fui nelle braccia di Morfeo. Quel momento di riposo durò poco.
Mi risvegliai come quando un sogno diviene un brutto incubo e dalla paura il suo corpo di alza emettendo un suono dal sol significato di paura.

Il mio battito era veloce, il mio respiro pure.
Portai una mano fra i miei capelli e mi alzai prendendo immediatamente il telefono a terra.
Non so per quale assurdo motivo aprii i contatti. Quel numero era ancora lì.
Strofinai i miei occhi, quei pensieri erano ancora profondi nella mia mente.
Mi recai nella stanza più importante per me: quella ove vi era il mio caro pianoforte.
Iniziai a suonare e quando finalmente la mia bolla inesistente si creò, il mio telefono iniziò a squillare.
Mi innervosivo abbastanza quando suonavo e qualcuno mi disturbava quindi sbuffai con fare nervoso e presi il mio telefono.

NUMERO SCONOSCIUTO

Chi mi rompeva le scatole a quell'ora e perché mi chiamava con uno sconosciuto.
Risposi.

"Ti ho lasciato il mio numero per un motivo." tremai.
Mi si gelò il sangue e i miei occhi si spalancarono.
Perché aveva il mio numero e perché mi stava chiamando con uno sconosciuto.
Passarono svariati secondi ma la mia risposta ancora non era presente in quella telefonata.
"Che fai? Non mi rispondi? Non farmi venire fin lì."

"NO!" risposi quasi bruscamente. Non volevo vederlo e non volevo sentire la sua voce.
Non capivo perché mi rendesse così strano e perché ciò stava capitando solo a me.
Ci fu un minuto di pausa. Li contai con le dita finché i secondi non furono sessanta.
Finalmente, rispose.

"Devo parlarti. Stasera incontriamoci in quel posto.
Tu sai dove."

Prima di poter rispondere, notai che aveva riagganciato.
Non sapevo di quale posto dicesse e non riuscivo a capire.
In questi giorni avrei proprio bisogno di capire qualcosa. Mi sento solo confuso.
Le ore passarono velocemente e il cielo sembrò scurirsi in un paio di minuti.
Brutti scherzi gioca la mente.
Andai a farmi una doccia, ero entusiasta.
Senza un motivo ben logico.
Misi la mia colonia e la mia felpa nera con un paio di jeans strappati alle ginocchia.
Uscì di casa che erano le dieci di sera.
Mi guardavo intorno, come se volessi capire se era lì, da qualche parte, vicino a me.
Forse avevo capito il posto. Avevo appena capito qualcosa.
Corsi velocemente, sentendo nella mia testa i secondi che scorrevano e quando fui in quella strada mi fermai aspettando che riprendessi fiato.
Era la stessa strada della prima volta. Quella di quando ero ubriaco e lui mi aveva accompagnato.
Doveva assolutamente essere quella, ne ero sicuro. Mi appoggiai su un muretto e quando sentii delle risate e voci piuttosto conosciute sbirciai in quel vicolo, notando la sua figura spiccare tra le altre.
Con lui c'era Namjoon e altre persone che non conoscevo.
Mentre due minuti fa ero contento, ora la paura accarezzò il mio corpo.
Quei corpi che si avvicinavano al mio erano il doppio della mia stazza.
Chiunque avrebbe pensato che a momenti ci sarebbe stata una rissa e in quel momento, lo stavo pensando anche io.
Quando furono tutti difronte a me, il ragazzo dai capelli rossi fece cenno agli amici di allontanarsi, compreso Namjoon.
Si allontanarono tutti così tanto da non vedere le loro figure da lontano.
Hoseok mi spinse nel vicolo e portò entrambe le mani dentro al suo giubbino di pelle nera.

"Mi dici cosa stai facendo?

Il mio viso assunse una smorfia confusa, cosa avevo potuto mai fare per portarlo qui con degli amici.

"Smettila di farti trovare in ogni posto. Vai via appena mi vedi."

Abbassai il capo.
Quelle erano le parole che avrei voluto dire io ma non le pensavo davvero e nemmeno volevo che le pensasse lui.
Nervosamente iniziai a dar fastidio alle mie unghie con le mani. Non sapevo cosa dire.

Cosa avevo fatto che non andava, perché mi stava dicendo di andare, nonostante mi aveva chiaramente chiamato lui.

"Parla, dannazione. E smetti di dar fastidio alle tue mani."
Con una mano staccò le mie che si stavano torturando e lentamente alzai il viso.
Non dovevo mostrarmi debole. Non dinanzi a lui.

"Mi hai chiamato tu. Mi hai dato tu il tuo numero e adesso mi dici di smettere di farmi trovare dove sei? Pensi che io ti segua? Che voglia vederti fare il buffone? Ti stai sbagliando, caro mio."
Le mie parole risultarono fredde, forse ero riuscito a vincere la guerra.
Stavo quasi esultando quando notai il suo corpo avvicinarsi al mio.
Indietreggiando le mie spalle finirono contro al muro e il suo petto contro il mio.
In quel momento i nostri occhi erano cosi vicini da potersi specchiare l'un l'altro.

"Sono preoccupato, Yoongi. Ho paura che tu possa farti male.
Non sono una brava persona ma non capisco cosa mi stringa così forte a te."

Sentivo il suo respiro contro le mie labbra. La sua testa vicina e inclinata alla mia.
Cosa stava succedendo? Perché mi stava dando piacere vedere quel ragazzo stretto a me?
Non mi piacciono i ragazzi.
Ripetevo queste parole tra me e me ma quando le nostre labbra furono ancora più vicine, come d'istinto chiusi gli occhi. Schiusi appena le labbra ma in quel momento delle voci risultarono fuori dal vicolo.

"Ehi, ma che succede lì? Yoongi, stai provando a baciare Hoseok? Da quanto ti piacciono i ragazzi?"

Quelle voci che prima sembravano amichevoli, ora stavano ridendo di me.
Mi girai verso il ragazzo con i capelli rossi, era lui quello attaccato a me, avrebbe dovuto difendermi.
Quando iniziò a parlare, però, tutto prese una piega peggiore.

"Andiamo ragazzi, non ridete. Sapete che ormai attiro anche i ragazzi.
Che vita faticosa, la mia."

In quel momento tutti iniziarono a ridere, tranne io e Namjoon.
I miei occhi bruciavano ed ero sicuro che, se non me ne fossi andato, avrei fatto una scenata isterica per poi scoppiare a piangere dinanzi a tutti.
Senza dire niente, andai via.
All'inizio erano solo passi ma poi è diventata una vera e propria corsa.
Nonostante ero lontano riuscivo ancora a sentire quelle risate, la mia mente non smetteva di giocare con me.
Non volevo baciarlo. Non lo stavo per baciare.
Perché non mi aveva difeso?
Appena tornai a casa però, una sagoma era pigiata sulla porta e quando mi vide, si avvicinò lasciando sì che il buio sparisse e che il suo viso si mostrasse.
Era Namjoon.
Solo in quel momento capì che c'era una seconda persona seduta sulle scale ma anche al buio mi sembrava così semplice da riconoscere.
Hoseok e Namjoon si avvicinarono ma, in quel momento non mi chiesi nemmeno come fecero ad arrivare prima di me, volevo solo stare da solo.
Hoseok bloccò nuovamente il mio polso, più stretto di come aveva fatto prima.
I miei occhi erano pieni di rabbia.
Namjoon finalmente parlò mostrando la sua voce roca e profonda:

"Vado a farmi un giro, voi due dovete un secondo parlare. "

Trouble || sope.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora