17) La strega

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Lisifilio alzò le mani come il direttore di un coro e diede di nuovo principio alla sua storia.

«Sono nato nell'ormai scomparso regno di Gran Arcipelago. Lisifilio, amico della separazione, nacqui dal grembo di una regina, primogenito del re.

Si dice che, a cagione della mia nascita, mio padre e mia madre si separarono e spartirono il regno in due fette. A questa separazione seguirono lotte di potere, conflitti bellici e litigi, sia diplomatici che personali. Soprattutto personali in quei lunghi soggiorni nelle residenze d'estate, dove esisteva l'ala di mia madre e l'ala di mio padre collegate soltanto per una porticina di cui solo a me era data la chiave.

Una piuma tra due venti che si scontrano, i miei genitori mi rimbalzarono da un castello all'altro, prima di uno, poi dell'altra, prima rubato all'uno, poi rubato all'altra, poi ripreso di nuovo e così a non finire, per chi mi avesse più a lungo.

Re e regina non si battevano solo nel conflitto campale, anzi, si giocavano il regno su di me, infatti ero erede dell'intero regno, non di una sola parte: la fazione che mi avesse cresciuto sarebbe stata quella a cui spettava legittimamente l'intero regno.

Con occhi giovani e poca scienza in testa osservavo questo litigio, ignaro di come potessi intervenire, ammesso che mai avrei potuto.

In quel tempo di terremoti, nelle crepe del regno di Gran Arcipelago si infiltrò una serpe, una donna misteriosa della quale mio padre e mia madre subito si invaghirono.

Parlava la nostra lingua come la parlavano gli anziani e declamava il futuro delle persone come lo vedesse chiaro di fronte agli occhi. Pure io rimasi incantato, da questa donna con le mille soluzioni e i mille pregi, tuttavia non ne rimasi convinto.

Una sensazione giustificata nel giorno in cui si organizzò un banchetto, mia madre all'estremo del tavolo, mio padre all'altro e io al centro, di fronte alla donna. A metà del convitto, quella si alzò per parlare così

"Ascoltate dame e signori, re e regina di Gran Arcipelago" la donna prese parola come nessuno osava fare, in piedi e con le braccia tese, uno verso la regina e uno verso il re "Io posso liberare il vostro regno dalla guerra e rimpolpare di solidità i vostri castelli e i vostri feudi. Le vostre navi torneranno a solcare i grandi mari e le loro chiglie toccheranno le spiagge dei vostri veri avversari. Qui nel regno riporterò unità e unirò di nuovo le terre di Gran Arcipelago."

"Ah!" il re cercò di ridere ma non gli riuscì, quindi le domandò "Non darò mai retta alla donna migliore di tutte, la regina, dovrei dare retta a te?"

"Sì." rispose quella e il re ammutolì.

"No" dissentì la regina con l'indice alzato verso la donna "Se tu non ti pieghi al re perché dovrei farlo io?"

"Infatti non ti chiederò mai di farlo." allora anche la regina ammutolì e la donna calò gli occhi su colui che aveva davanti, me, il principino. Ciò che non mi convinceva di lei ora mi abbagliava attraverso quei due occhi da serpe, i denti di quel sorriso mi diedero la sensazione di zanne e la sedia su cui sedevo quella di una brace per arrosto.

"Sarà il legittimo erede a decidere."

"Lui non deciderebbe mai qualcuno che non sia sua madre!" protestò la regina.

"Lui non farebbe mai questo sgarro a suo padre!" protestò il re.

La donna li ignorò, tutta concentrata su di me "Non deciderà quale genitore prediligere, per lui è impossibile, glielo leggo in viso come se me lo stesse dicendo ora. Lui deciderà quale sarà sua moglie adesso, tra tre alternative."

"Quali?" domandarono re e regina assieme.

"La figlia illegittima del re, colei che è stata concepita poco prima che il regno si spezzasse."

Pomo d'oro fuorilegge || Vincitore Wattys 2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora