19) I due pomi d'oro

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«Il freddo metallo di quella mela sul mio petto, infilata sotto la tunica la nascosi tra i rigonfiamenti della pelliccia che indossavo per andare a caccia.

Passai di fronte al trono mentre mi dirigevo alle porte del castello

"Dove vai, Lisifilio?" mi interpellò la regina, Mafalda, seduta mollemente sul trono del re.

"A caccia di fiere.!

"E non mi chiedi il permesso? Nemmeno mi avevi avvisata."

"Devo chiedere il permesso a sua maestà la regina prima di uscire?" ghignai e la guardai di sbieco, forte di quel metallo che sentivo premuto sul petto "Mi volete tener segregato tra le mura di una stanza?"

"Non lo farei mai, giovincello, sei libero e sarai un re libero da adulto."

"Non lo faresti mai." ghignai ancora e le diedi le spalle "Molto convincente."

Corsi nel bosco, senza cavallo e senza seguito. Presi il lato più profondo della selva e cercai il luogo più scuro e repellente che mai nessuno volesse raggiungere. Lì tirai fuori la mela d'oro, la contemplai finché non calò il sole e tra le mie mani non si trasformò in una splendida ragazza, Cornelia, nei quali occhi celesti mi persi, dalle sue labbra trassi un lunghissimo bacio.

Non me lo negò e non me ne negò molti altri. Solo sul finir della notte coscienza riuscì a strapparla alle mie labbra e darle la forza di chiedermi

"Riportami al castello. Mia madre morirà dalla preoccupazione."

"Tu sai che tua madre è regina? Tu sai che io non ti ucciderei mai, a differenza di quello che ha detto lei? Se tornassi da lei e ti scoprisse, ti ingannerebbe per tenerti lontano da me una volta per tutte."

"Tu non puoi capire." mi rispose quella "Mia madre è moglie di un re cattivo, da lui non può farsi veder debole, altrimenti la prevaricherebbe e farebbe della mia carne un legno da rogo."

Potei risponderle, ma non lo feci, che solo in quel momento ricordai d'essere io quel re, ma soprattutto essere io quel marito di sua madre.

La riportai a palazzo senza la forza di dirle la verità, il giorno seguente Mafalda rimase a letto, a suo dire la notte l'aveva passata a soffrire di un dolore "Malinconia del passato." aveva spiegato a me, che sapevo benissimo si trattasse invece di preoccupazione "Tu sei già tornato dalla caccia?"

"Sì."

"Perché? È strano. Cosa è successo che ti ha fatto tornare?"

"Diciamo" la guardai negli occhi, attraversai quella maschera di regina gelida e puntai le pupille sulla madre, la sfidai "Diciamo che è stato per malinconia del passato."

La lasciai nel nostro letto e me ne andai, l'eccitazione di aver punto sul vivo quella donna irrorò di sangue il mio cervello e me ne tolse alle gambe, barcollai diretto alla torre di Cornelia. La regina Mafalda, usurpatrice e strega, ora punzecchiata dalla sua marionetta, io, e senza più aspettare mi sarei preso quella mela d'oro per tenerla con me e liberarla.

"Dove vai?" la voce di Mafalda alle mie spalle.

"Regina" la trovai in vesti da notte, a piedi nudi sulle pietre del corridoio "Cosa vi preoccupa? State proprio male."

"Dove stavi andando? Su per quelle scale?"

Feci qualche passo e superai le scale per la torre, mi voltai di nuovo "Quali scale? Queste?" le indicai "Nemmeno mi ero mai accorto che ci fossero."

Il mento di Mafalda tremò, il suo sguardo rimase a fissarmi, ad aspettare che davvero non prendessi quelle scale.

"Nascondete qualcosa là sopra?" allungai un passo sul gradino.

Pomo d'oro fuorilegge || Vincitore Wattys 2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora