9. Così confuso da colpirsi da solo

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Tutto quello che riuscivo a sentire era il forte profumo di fumo, forse dei due uomini o forse era il profumo dell'auto in cui quest'ultimi cercavano di rinchiudermi.
Uno dei due nel tentativo di abbassarmi la testa mi ha colpito talmente forte che ad un certo punto non sono più riuscita a sentire nulla, solo un forte fischio e l'ultima cosa che ricordo è stata la voce di Hunter  urlare ai due di lasciarmi andare e poi più nulla. Ho chiuso gli occhi per il dolore alla testa e mi sono lasciata andare sui sedili posteriori di quella macchina nera.
E ora mi ritrovo seduta su un letto, in una stanza che non conosco. È ordinata, non sembra esserci nulla di fuori posto, tutto impeccabile come se non fosse stata usata da tanto tempo. Vorrei tanto alzarmi e scoprire dove mi trovo, ma non ne ho molto il coraggio. Dopo quello che è successo ho solo paura che quei due uomini mi abbiano portata via, ma non credo mi avrebbero messa su un letto se mi avessero rapita. Prendo un respiro profondo e decido di alzarmi, stare ferma qui non mi porterà da nessuna parte. Appena metto piedi per terra e cerco di mettermi in piedi una forte fitta alla testa mi costringe a chiudere gli occhi e ad appoggiarmi alla scrivania che si trova appoggiata al muro, di lato ad una piccola finestra. Ottimo, ottimissimo direi.
Prendo un altro respiro e quando il dolore passa guardo al di fuori del vetro senza nemmeno un filo di polvere. Ci sono case davanti, sembra che il posto non sia fuori dal paese, anzi è vicino a casa mia!
Ok, devo pensare alle varie opzioni.
Uno: sono stata rapita e devo cercare di scappare in qualche modo..la finestra? Sono al primo piano, se mi butto giù non credo di farmi troppo male,c'è anche la neve ad attutire il colpo. Il problema sarebbe il rumore..
Due: qualcuno è venuto in mio aiuto..Hunter! Sarà la sua casa? O è stato rapito anche lui?
Mi avvicino alla porta in punta di piedi e silenziosamente porto l'orecchio vicino al legno scuro cercando di sentire qualcosa al di là della camera. Zero, nessuna voce, nessun rumore. Potrei provare ad uscire. Ancora più silenziosamente passo in rassegna qualsiasi oggetto ci sia davanti a me, cercando qualcosa che possa essere utile come arma. Non c'è nemmeno il mio zaino, ne il giubbotto con dentro il cellulare. Mi ci sta volendo tutto il mio autocontrollo per non andare fuori di testa, perché un attacco di panico sta bussando alla porta del mio cervello..giuro che riesco a sentirlo. Chissà come saranno in pensiero i miei genitori, e i miei amici.
Davanti al letto c'è un armadio non tanto più alto di me e aprendolo vedo una decina di grucce e un appendiabiti. Quale rapitore sarebbe così stupido da lasciare un asta di metallo nella camera dove ha rinchiuso la sua vittima? Forse non sono stata rapita, ma per sicurezza l'afferro stringendola forte prima di avvicinarmi alla porta e abbassare la maniglia color oro. In effetti guardomi intorno tutto sembra richiamare il colore dell'oro, anzi tutto sembra essere costoso, pure il pavimento di granito. Respira, hai un'arma con te, è lunga perciò raggiungi il nemico prima che lui possa raggiungere te..almeno spero. Devo ricordarmi tutte le mosse di Kim Possible, così magari ho una speranza di farcela.
Respiro profondo. Meglio due perché l'ansia sta peggiorando, ma se non lo faccio ora chissà come potrebbe andare a finire.
Apro la porta cercando di fare il meno rumore possibile e per mia sfortuna non cigola. Al di fuori c'è un corridoio non troppo largo, a destra ci sono due porte una di fronte all'altra e una terza che lo conclude, a sinistra la stessa cosa.
I muri sono bianchi e immacolati e sembra che nessuno abiti in questa casa. Non c'è un quadro, una foto o un qualcosa che la renda vissuta. Davanti a me c'è un corrimano e poco più a destra delle scale che portano al piano terra. Mi scorgo un pochino cercando di spiare in giù, ma non vedo nessuno. Solo un salotto, con un divano di pelle nera, un tappeto bianco e nient'altro. Prendo tutto il coraggio che ho nel corpo, di solito ne ho da vendere, ma sfido chiunque in questa situazione a non sentirsi piccolo piccolo. Va bene, devo muovermi prima che qualcuno si accorga che sono uscita. A mano a mano che scendo gli scalini, facendo attenzione a non fare alcun tipo di suono, inzio a scorgere la porta d'ingresso a lato del salotto. Bene, devo correre fino a lì e poi sarò salva. Mi sento in un film di spionaggio, ma preferirei non avere il terrore di essere beccata. Ok, ultimi scalini e poi devo scattare verso quella porta bianca. Questa casa è cosi triste, il bianco e il nero sono gli unici colori esistenti, non c'è niente poi. Siamo quasi a Natale e non c'è una singola decorazione, nulla.
Arrivo alla fine della scalinata e mi guardo intorno stringendo piu forte l'appendiabiti. Decido di trattenere io respiro, come se così riuscissi a correre meglio senza essere scoperta. Come se respirare mi facesse sentire e invece correre come un rinoceronte, come a mio solito, no. Non importa, tanto mi basta fare pochi metri e sarò fuori.
Un altro sospiro e poi parto!
Veloce come il vento..più o meno..raggiungo la porta. Sento la libertà a un centimetro da me, ma quando provo ad abbassare la maniglia il mondo mi crolla addosso: è chiusa a chiave. Che ti aspettavi?
Nel momento in cui mi giro cercando un'altra via d'uscita il rumore di una porta che si apre mi spedisce il cuore in gola. Ora si che sono morta.
< ma che diavolo?> una voce maschile che non conosco mi arriva dal corridoio dietro le scale. È arrivata la mia ora me lo sento. Chiudo gli occhi e punto l'asta dritta davanti a me. Ecco quello che farò: muoverò a destra e a manca la mia arma improvvisata così sperando di riuscire a colpire chiunque mi si pari davanti, ma non aprirò neanche per un secondo gli occhi.
< ragazzina!> la stessa voce di prima. Ora ora! Comincio a dimenare la mia arma spostandomi verso destra con la schiena contro il muro.
< lasciatemi andare! Non ho visto la vostra faccia, neanche dei due uomini della macchina lo giuro! Se vi avvicinate vi farò del male!> urlo disperata e sento le lacrime pizzicati gli occhi, ma no mie care, in momenti come questo bisogna risultare sicuri di se stessi. Anche se a dirla tutta, non lo sembro neanche un po'.
< Ma che vai blaterando?! Dai qua> sento che l'uomo cerca di afferrare l'unica mia difesa così aumento la forza con cui sto spingendo l'asta. Non m'importa se rompo qualcosa o faccio del male a qualcuno, devo salvarmi la pelle!
< vuoi stare ferma?! Hai capito male!> urla continuando a cercare di bloccarmi.
< lasciami andare! Subito!!>
< Serena!> questa voce... 
Socchiudo un occhio per vedere se il mio udito non mi abbia giocato scherzi e in effetti non l'ha fatto! L'uomo con la vociona che mi sembrava così pericoloso, in realtà è un ometto più basso di me, quasi del tutto calvo e un paio di occhiali enormi a pesargli sul naso a patata. Non fa per niente paura, anzi mette addirittura tenerezza e dietro di lui, con mio grande sollievo si trova Hunter in tutto il suo fascino con uno sguardo tra il divertito e il sorpreso.
Lascio andare il respiro, non mi ero nemmeno accorta di averlo trattenuto quando ho sentito la sua voce.
Rilasso le spalle e l'ansia che avevo fino a pochi secondo fa se ne va, lasciandomi una sensazione di sollievo più che benvenuta.
< dammi qua, tu sei pericolosa> l'ometto prende l'asta dalle mie mani e l'appoggio contro il corrimano delle scale facendo ridacchiare Hunter.
Anche se sono sollevata, sono più confusa che mai, anzi frastornata.
< vieni, ti dobbiamo spiegare tante cose>
Dopo qualche minuto ci ritroviamo seduti di fronte ad un tavolo nero, in una cucina sempre degli stessi colori del resto della casa. Se sono loro ad abitare qua mi dispiace, non c'è un minimo di sentimento. È tutto in ordine, niente nel lavello, nessun disegno appeso al frigorifero.
< allora?> invito i due a cominciare a parlare.
< io sono Simon Allen e sono colui che si occupa di Hunter> gli stringo la mano e alzo un sopracciglio confusa guardando il ragazzo accanto a lui.
< hai un babysitter?>
< certo che no..> comincia Hunter poco prima di essere interrotto da Simon.
< io non sono un babysitter, io sono un agente speciale addetto alla protezione testimone, che in questo caso, è Hunter > si sistema gli occhiali alzando un angolo della bocca in un sorrisetto sornione.
Quasi scoppio a ridere a sentire una cosa del genere. Non sono una che giudica davvero, ma quando ha detto agente mi sono passati per la mente qualsiasi personaggio di tutte le serie tv di genere di spionaggio che ho mai visto in tutta la mia vita e non credo che qualcuno avesse mai avuto un aspetto così minuto.
< so quello che stai pensando: che sono troppo basso o troppo piccolo in generale per poter essere un agente. Ma sappi che sono il migliore nel mio campo e poi siccome Hunter non si può nascondere, al suo fianco, per essere protetto, avrebbe dovuto avere una persona insospettabile ed eccomi qua>
Ok ora tutto ha più senso...no. Non è vero, niente ha ancora senso.
<  domanda...perché diavolo ti serve una guardia e perche io sono qui?!>
< avrei voluto spiegartelo, ma l'egocentrismo di Simon mi ha preceduto...> gli lancia uno sguardo di rimprovero e quest'ultimo si gratta la nuca imbarazzato. Devono conoscersi da parecchio tempo.
< non possiamo dirti perché gli servo o perche tu sia qua>
<ma..> Hunter viene subito interrotto dall'agente al suo fianco che ritorna subito serio, tanto da farmi accapponare la pelle.
< sappi solo che oggi ti è andata bene che Hunter ti ha trovata, più tardi parleremo con tua madre, sappi solo che d'ora in poi ti verrà assegnato un agente> strabuzzo gli occhi a questa affermazione.
< non pensi che se mi verrà assegnato un agente, dovrei almeno sapere il perché?! E poi poco fa sono stata aggredita da due energumeni, pretendo di sapere chi siano!> non so nemmeno se credere a quanto sta succedendo. Ora mi sveglio e scopro che è tutto un sogno, che Hunter è un ragazzo normalissimo e che mi ha chiesto di stare insieme...aspetta cosa? Stare insieme a pulire tutti i pomeriggi, ecco.
< meno sai e meglio è. La questione è chiusa. Tra poco ti riporteremo a casa, così avrò la possibilità di discutere di determinate cose con chi se ne intende più di te, cioè tua madre>
Sospiro, lasciandomi andare sul tavolo. Tutto questo non è reale..
Nonna, aiutami tu.
< vado a preparare l'auto, aspettate qui> e dopo una rapida occhiata a tutti e due, scompare dietro la porta della cucina.
< Hunter...> vorrei potesse dirmi di più, tutto questo non sapere mi manda in palla. Non sono una che vuole avere tutto sotto controllo, anzi, ma stanno succedendo troppe cose e in fretta e non ci capisco nulla.
< mi dispiace Serena...è tutta colpa mia..mi dispiace per te, per la tua famiglia..per Max e Bryan..per tutto. Vorrei poterti dire la verità.. ma come ha detto Simon, meglio sai e meglio sarà per te credimi> si massaggia le tempie, chiudendo quei meravigliosi occhi corvini. Vorrei stare tutto il tempo ad ammirarli da vicino...
< per cosa ti dispiace Hunter? Per essere nostro amico? Qualsiasi cosa stia succedendo si risolverà e io non ho intenzione di andare da nessuna parte> mi alzo dalla sedia con l'intenzione di andargli vicino e abbracciarlo, ne ha bisogno, ho forse ho più bisogno io di sentirlo accanto a me, come se dopo oggi potrebbe scomparire da un momento all'altro.
< è proprio questo che non va bene, tu non puoi rimanere, nessuno può o vi farete solo del male. Non so quante volte te l'ho già ripetuto> appena cerco di toccarlo, si scansa, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
< devi avere fiducia in chi può aiutarti..e in me..>
< sai, sei stata come un fulmine a ciel sereno ed è stato troppo bello per essere vero..non avvicinarti mai più a me... ti prego> detto questo se ne va anche lui lasciandomi in quella cucina spoglia, senza vita né sentimenti, con le lacrime che minacciano di scendere e una sensazione in fondo al petto più amara che mai.
Forse se fossi stata realmente rapita avrebbe fatto meno male che ascoltare quello che ha appena detto.

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Spero vi piaccia e un grazie a chi mi riporta al mondo dei vivi ( dall'università) e mi ricorda che scrivere è meraviglioso. Grazie.

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