Capitolo 4: Minacce e Presentazioni

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Mi svegliai e spensi la sveglia, erano solo le sei di mattina ma dovevo farmi una doccia e prepararmi, quindi non indugiai molto nel letto.

Andai in cucina e mi preparai un caffè, mi girai e la vidi.

Se ne stava lì, rannicchiata nel divano e dormiva.

Mi avvicinai e mi inginocchiai dal divano per guardarla meglio. Aveva l'aria di chi non si faceva scalfire da niente e da nessuno, determinata, ma allo stesso tempo rilassata e pacifica. In quel momento non sembrava la stessa ragazza che la notte prima era entrata in casa mia con chissà quali intenzioni.

Ti devo ricordare che la ragazza ''pacifica'' ieri ti ha consegnato delle armi?, mi disse la mia coscienza.

Sospirai, quanto la odiavo quando faceva così, la ignorai e continuai ad osservare la mia ''ospite''.

Com'è bella ...

La caffettiera bollì ed io mi girai a controllarla quando rigirai la testa trovai due occhi viola a fissarmi confusi, come se stessero cercando di ricordarsi chi ero, io di tutta fretta mi alzai ed andai a spegnere il caffè.

<<Caffè?>> proposi, portando la mia tazzina sul bancone della cucina.

Lei si mise a sedere e mi guardò male.

<<Lo prendo per un no>> dissi.

Lei continuava a guardarmi male.

Ci fissammo per quelle che parvero ore, poi lei si alzò e venne al bancone vicino a me.

<<Cambiato idea?>> chiesi finendo il caffè.

<<Ascoltami bene>> disse con un tono di voce talmente duro che avrebbe fatto paura ad una tigre  << non m'importa chi tu sia o cosa tu voglia da me, ma esigo che tu mi restituisca la mia frusta e mi lasci andare immediatamente. Chiaro?>>  finì guardandomi dritto negli occhi, sembrava una domatrice di leoni che imponeva la propria volontà ai suoi animali, e otteneva rispetto e obbedienza da loro.

Doveva essere abituata ad esigere rispetto dagli altri, imporre le sue condizioni, altrimenti non sarebbe stata in grado di fare quello che aveva appena fatto. Le parole chiare e concise, il tono duro ma calmo, sapeva esattamente come mettere paura e lo stava facendo senza tanti problemi.

Fallo, supplicò la mia coscienza, ti prego lasciala andare.

Continuammo a guardarci, non avrei abbassato lo sguardo per primo, non sarei stato alle sue condizioni, non mi sarei fatto paralizzare dalla paura.

<<Allora?>> chiese.

<<No>> fu la mia unica risposta.

Lei rimase impassibile, poi si alzò ed andò in camera mia. 

<<Cos'hai intenzione di fare?>> dissi seguendola.

La trovai che frugava tra le mie cose, buttando tutto all'aria.

<<Dove l'hai messa?>> chiese.

<<Cosa?>> feci finta di non capire. Non gliel'avrei restituita, avevo il presentimento che fosse molto pericolosa con quella frusta tra le mani.

<<Sai benissimo cosa. Avanti dove l'hai messa?>> continuò.

<<Non te la restituirò, se è quello che penso che tu stia cercando>> risposi.

Mi guardò in cagnesco e si fermò nella sua ricerca, sembrava pronta ad attaccarmi.

<<Vuoi la guerra?>> chiese.

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