08. -Il buongiorno si vede dalla notte

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Velocemente preparo l'impasto delle crêpes, pensando di appicicarglielo in quella sua faccia di cazzo.
È così di vitale importanza una colazione?
Cucinarsela da solo era troppo difficile e complesso?

La voglia di studiare è arrivata già sotto la sola delle scarpe e la voglia di preparare cibo è la stessa.
Zero.

Ne verso una quantità minima all'interno della padella e in un minuto circa, la prima crêpes è pronta, ripeto lo stesso procedimento fino ad esaurire l'impasto.
Prendo della nutella e la metto di fianco al piatto pieno di crêpes.

Nel momento in cui attraverso la porta qualcuno bussa e dei sonori lamenti mi fanno accigliare.
Apro la porta e vedo Alan intento a cercare qualcosa intorno alla porta.

"o' campanèll è troppo tuost ra usarè?"
"Devo assumere un traduttore." Dico tra me e me, mentre lo invito ad entrare e sedersi.

Prendo due Crêpes le metto nel suo piatto e lui le inizia a divorare letteralmente.
"Non hai mangiato?"
"Ho passato tutta la notte nel mio studio, quindi no." Dice finendo di masticare un pezzo della colazione.
Gli passo la Nutella, che subito spalma di sopra.

"Hai uno studio?" Domando interessata.
Lui annuisce e lentamente finisce di masticare per poi iniziare a parlare.
"Passo molto tempo dentro quelle quattro mura. Preferisco stare pomeriggi interi in quella stanza che trascorrere il mio tempo a casa a marcire sul letto." Ingoia l'ultimo pezzo di crêpes e poi beve un bicchiere d'acqua.
"Ti infastidisce dirmi cosa scrivi?"
"Ho diciotto anni, e le cose che ho vissuto possono essere paragonate alle stesse attraversate da un quarantenne." Si passa una mano seguendo il senso dei suoi capelli, che vanno dal capo alla fronte.
"Sono originario di Oxford, ho vissuto in quel luogo fino a 6 anni con entrambi i miei genitori.
Per vari motivi abbiamo deciso di vivere nella terra di origine di uno dei miei genitori, lì ho imparato l'italiano e pure il dialetto."
Ripiego la testa su una spalla.
"Sono andato a vivere in Italia, più precisamente a Napoli, dove ho imparato italiano e napoletano." Specifica velocemente intuendo che non sono riuscita a capire quello che aveva precedentemente detto.

"Perché adesso se quì?"
"Volevo cambiare aria."
"Faccio finta di crederci, allora." Lui fa spallucce e si lecca lentamente le labbra fine e rosee.

Si aggiusta i capelli e noto le nocche della mano sinistra imbavagliate da una pezza bianca, quasi tutta rossa a causa della perdita di sangue.
"Alan, che hai fatto?" Afferro la sua mano, alzandomi dallo sgabello.
Lui non la scosta ma riesce a leggere la preoccupazione scritta sul mio volto.

"Ti ho fatto una domanda."
"Ed io non ti ho dato una risposta."
"Perciò sei tenuto a darmela."
"Mi diverto a picchiare il muro."

"Sul serio, Alan! Rischi di lacerarti una mano se continui così.
Ti conosco da poco e riesco ad intuire i mille casini in cui sei adesso. Sei così superficiale che non pensi neanche lontanamente di risolverli, ma li lasci aumentare come se nulla fosse." Lui mi guarda attraverso quei suoi occhiali dalla montatura nera.

"Non ti conosco da molto ma riesci a far capire alla gente quanto tu possa essere altruista.
Per questo, non ti dirò cosa faccio, conoscendoti saresti capace di aiutarmi in tutti i casini in cui sono dentro." Il mio respiro aumenta alle sue parole, schiudo le labbra e seguo i suoi movimenti dal momento in cui lui si alza dallo sgabello.

"Non preoccuparti per me, pryns.
Io sto bene." Quelle parole escono dalle sue labbra con tale delicatezza da riuscire a farmi dimenticare anche i pochi centimetri che ci separano.
La sua voce mi fa rilassare e infine lascio un sospiro.

"Cos'è pryns?" Domando con tono sottile e appena udibile.
"Te lo spiegherò quando sarà il momento." Le sue labbra si avvicinano ancora di più, ma non le unisce alle mie, anche se sono sicura che quel contatto riuscirebbe a farmi scaldare più di quanto si possa immaginare, inutile nasconderlo.

Si sposta e appoggia la sua spalla sull'arco della mia cucina.
"Vado a prendere i libri." Dico balbettando.
Ma che mi succede?
Lui annuisce e scorgo un sorriso sulle sue labbra.

Una volta raggiunta la scale mi rendo conto che fino a quel momento il mio respiro si era bloccato, e il battito cardiaco era accellerato come non mai.

***

"Ma tu campi d'aria?" Mi acciglio alla sua domanda.
"Ho fame." La sua mano tocca la mia e sul viso gli si incurva uno di quei sorrisi da ragazzo che vuole qualcosa a tutti i costi.
Cibo.

"Prenotiamo una pizza." Dico e subito dopo guardo l'ora. "Alan, sono le otto."
"Non m'importa, io ho fame. Abbiamo passato l'intero pomeriggio a fare quelle due materie di merda." Risponde. Afferra il suo cellulare e in men che si dica ordina due pizze.

Quando chiude al telefono si siede sul mio lettino e ascolta tranquillamente un audio da parte di una ragazza.

"Ho finito adesso. Ed è impressionante che debba essere sempre io a cercarti, Alan."
L'audio dice questo, lui sbuffa seccato e velocemente le scrive un messaggio.

"Chi è?"
Lui fa spallucce. "Nessuno."
"Sei innamorato eh?" Sorrido maliziosa e gli lancio un cuscino, prendendolo in pieno volto.
Rimango a bocca aperta nel momento in cui i suoi occhi mi guardano e il suo sorriso dice molto su quello che vuole farmi.

"Molte ragazze soffrono il solletico, lo sai?" Si avvicina a me, mentre io indietreggio sempre di più, così che lui non riesca a prendermi.
"Qualcosa mi dice che anche tu sei tra quelle ragazze." Arrivo con le spalle al muro e le sue mani iniziano a farmi il solletico dappertutto.

Inizio a dare calci e pugni con l'intento di beccarlo così da fargli male, ma il risultato è penoso.
I miei calci riescono a colpire solo il nulla, così come i pugni.

Rossa in viso, con le lacrime agli occhi e con il fiatone, scivolo e cado a terra facendomi un male che non avevo mai provato.
Nonostante questo, io continuo a ridere e lui a farmi il solletico, seduto a cavalcioni su di me.

"Smettila cazzo!" Urlo con una difficoltà mai provata prima di ora.
"No!" Con una sola mano riesce a tenere le mie mani ferme sulla testa, con l'altra continua a farmi il solletico sui fianchi.

Il mio cellulare squilla e lui decide di lasciarmi, ma non rispondo, riafferro il cuscino di poco fa, lo rilancio verso di lui.
Faccio lo stesso con i 4 cuscini dopo.

"Brutto stronzo! Mi hai fatto malissimo." Urlo e ne lancio altri 2.
Ma mi ritrovo a mani vuote quando vedo che i cuscini sono finiti.

"Se continui a parlare faccio peggio di quello che hai già passato a terra!"
Faccio la linguaccia.

Lui si allontana dalla montagna di cuscini e va a sedersi nuovamente nel mio letto.

"Stupido!" Lancio un cuscino.
"Citrullo!" Gliene arriva un altro.
"Mammalucco" miro verso la pancia.
"Broccolo" Questo gli arriva in faccia.

Stanco ne afferra una e mi prende in faccia, come se fossi fatta di carta vetrata, sbatto il il capo nell'armadio e subito dopo scivolo cadendo nuovamente a terra.

"Uaaa kunfu panda m fa nu bucchin, fratm."



The change [COMPLETA] ||Geôlier.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora