22. -Ascolta le nostre labbra

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Oggi ho deciso di non andare a scuola, non c'è una vera e proprio ragione, ma solamente la voglio di incontrare Alan, mi faceva diventare improvvisamente triste.

Derick mi ha scritto stamattina, dicendomi che Alan è rientrato nelle migliori maniere e che alla fine il sistema scolastico ha deciso di ammettere entrambi grazie al prower point che ha richiesto ieri.

Fisso il vuoto e noto l'inizio della pioggia; il rumore delle gocce schiantarsi contro il vetro della finestra e qualche tuono, stranamente riusciva a calmare il mio nervosismo.

Si erano fatte le otto di sera e non avevo avuto completamente voglia di fare qualcosa di produttivo.
Non avevo aperto un libro e non avevo neanche avuto la lontana idea di uscire.

Ma di una cosa ero certa, avevo davvero molta fame e credo fosse l'ora esatta per uscire e ordinare qualcosa in un fast food vicino casa mia.

Quella sera a casa c'era solo la mamma, che aveva deciso di mangiare presto e chiudersi in studio, a studiare non so quale strano fattore.

Non la avvisai, ma mi limitai e prendere un giubbotto pesante e le chiavi dell'auto per andare a comprare un Hamburger.

Non ci impiegai nemmeno tanto a raggiungere un piccolo locale e a comprare ciò di cui avevo voglia da ormai qualche settimana.

Ritornai a casa, beandomi dell'odore piacevole che rilasciava quel panino, accompagnato dal leggero profumino della coca-cola.

Scendo dall'auto e mi siedo a mangiare difronte la TV.
Mi ero già cambiata indossando delle calze che riuscivano a superare di qualche centimetro la caviglia e una lunga felpa della UCLA.

Sentii il campanello.
Era una cosa insolita, erano già passati 45 minuti da quando uscii di casa e non vidi nessuno fuori sotto la pioggia.

Apro la porta ed era Alan Haywood.
La chiudo e la blocca poggiandoci sopra la mano.

"Fammi entrare, Nicolaya." Non ero sicura di farlo entrare, ma non avevi molta voglia di vederlo dopo il suo comportamento da bad boy nei miei confronti.

"Parliamone come due persone mature, non ha senso ignorarci. Derick mi ha detto che non sei venuta perché non avevi voglia di vedermi." Sospiro e lo lascio entrare.

Con lui la mia rabbia aumentava, ma vederlo con capelli bagnati sotto la spiaggia per me e cappuccio sul capo lo rendeva così dannatamente bello, diamine.

Guardai a terra a vidi il pavimento sporco.

"Per favore, togli le scarpe, stai sporcando il pavimento." Dissi, indicando le sue scarpe Nike, che sembravano davvero molto costose.

Si allontanò un attimo e mise le scarpe di lato alla porta.
Deglutii e mi sorpassò andando a sedersi sulla poltrona.

Portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e lasciai andare un lungo sospiro.

"Siediti, ho bisogno di guardati." Si girò e tolse il cappuccio verde, quella felpa gli stava così bene.

"Sii veloce, ti prego Alan." Lo supplicai, fino ad oggi ho cercato di reprimere qualsiasi emozione per lui.
Alan mi aveva in pugno, nel vero senso della parola; mi sono davvero affezionata a lui e ai suoi sbalzi d'umore.

Ero davvero delusa da quelle parole, avevo cercato di mantenere le lacrime dentro di me, tentando di non farle mai uscire, né per lui e per nessun altro ragazzo.

Sono davvero giù di morale a causa sua, e conoscendomi se lui mi avesse chiesto scusa io sarei ritornata da lui come una scema.

Non era una relazione tossica, ma semplicemente due ragazzi che avevano avuto un rapporto difficile.

Perdonarlo significava permettergli di ferirmi una seconda volta e avevo tanta paura che potesse accadere.

Schiude le labbra e afferra le mie mani.
Se avesse detto qualcosa di bello, sarei crollata davanti ai suoi occhi; non ero mai stata così vulnerabile sotto lo sguardo di un ragazzo.

"Io non voglio dilungarmi, tranquilla.
Sono stato una merda con te, ho cercato di starti lontano ma non è stato così facile, non a casa mi trovo qui adesso." Sospira e continua.

"Quello di passare una notte insieme non rientrava nella scommessa, l'ho fatto perché volevo te e non perché volessi vincere la scommessa." Conosco Alan di qualche mese e sono sicura che quelle parole erano davvero complicate da dire ad una ragazza.

A volte sembrava balbettare e reprimevo un sorriso dolce, per evitare di metterlo in imbarazzo o farlo diventare evidentemente più rosso.

"Non voglio che tu mi perdoni o che mi dia altre mille chance, ma voglio solo che tu sappia che a te ci tengo davvero.
Si, tutto è partito da una scommessa, ma le mie emozioni sono andate a farsi fottere dopo la prima settimana passata con te." Le sue dita si incrociano alle mie e sentivo il mio cuore battere a mille, senza smettere.

Il ventre era scombussolato dall'effetto che le sue parole avevano su di me, e cavolo avrei i voluto dirgli qualcosa, avrei voluto urlargli quanto i miei sentimenti erano forti per lui, ma proprio non ci riuscivo.

"Tutto quello non era calcolato, dovevo passare del tempo con te, senza fare nulla di troppo spinto, ma cazzo, tu mi fai venire i brividi." Disse continuando a guardare i miei occhi.

Non persi tempo ad afferrare le sue guance e baciarlo.
Mi misi a cavalcioni su di lui e fissai i suoi occhi.

"Alan Haywood, sei uno stronzo certificato, ma io non-"

"Shh, ascolta le nostre labbra toccarsi." Sussurrò a fior di labbra, mise una mano dietro il mio collo e mi avvicinò così lentamente a lui.

Poggiai le mani sul suo collo e feci in modo che entrambi potessimo essere comodi su quella poltrona.

La sua lingua cercava la mia ed io non perdevo occasione nel farmi trovare.
Affondai le dita tra i suoi capelli e cercavo disperatamente contatto con il suo corpo, che tanto mi era mancato in quei due giorni.

Mi allontanai di poco, recuperando il fiato perso e avevo notato i suoi occhi scendere sulla mia intimità mentre mordeva il suo labbro.

"Non in cucina Alan."

"E allora dimmi dove." Rispose di rimando afferrando il mio labbro inferiore e lasciandolo andare lentamente, con un sorriso malizioso sul volto.

The change [COMPLETA] ||Geôlier.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora