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Rimaniamo entrambi in silezio per qualche minuto.L'atmosfera è pesante, e ogni secondo passa sempre più lentamente. Ormai le tazze di caffè sono fredde e il cielo è buio, ma l'orario è l'ultimo dei miei pensieri.Ho raccontato tutto quello che mi ha fatto stare male in questi due anni, ogni sensazione l'ho descritta in modo oggettivo e imparziale, senza nemmeno provare più dolore o tristezza. Questo è quanto, e credo sia inutile soffermarsi sulla parte emotiva, perchè alla maggior parte delle persone interessa solo sapere cos'è realmente successo, qual è la causa scatenante.

"E ora come ti senti?". Mi guarda in modo strano, sento il suo sguardo entrare dentro di me e aprire ogni porta verso il mondo esterno. Mi sento fragile, estenuata, quasi come se mi avesse privato di tutte le mie forze. In realtà non so neanche come rispondere? Come mi sento realmente? Ma soprattutto, perchè ho raccontato così tanto di me a una persona che conosco da così poco tempo?

"Bene."Non riesco a sostenere il contatto visivo. Mi alzo di scatto e inizio a mettere nello zaino tutte le mie cose sparse sulla scrivania.

"So come ci si sente."La sua voce mi paralizza.

"Come scusa?"I miei occhi si riempiono lentamente di lacrime, e non ne capisco il motivo. La parte peggiore, ovvero il racconto dei miei momenti più bui, è già passata. Ma c'è qualcosa nello sguardo di Filippo, una specie di profonda tristezza che gli oscura il volto.

"Anche io ho provato le tue stesse cose, ma al posto di scrivere su un quaderno mi sono affidato alla musica. E' stata l'unica via di fuga dal resto, quando il resto mi perseguitava e mi impediva di respirare. Molte volte ho rischiato di annegare, talvolta perchè ero così stanco di dover lottare che spesso desideravo di non tornare in superficie. Ma Iside, poi ho capito che la vita è ben altro. Ognuno di noi ha un bagaglio di dolore che si porta dietro nella vita, e mano a mano che vai avanti si appesantisce sempre di più. Ma sta a noi riuscire ad abbandonare il passato e aprire di nuovo gli occhi verso nuove speranze. Perchè la speranza,è indubbiamente l'unica cosa più forte del dolore.". Le lacrime, calde e lente, mi rigavano le guance e anche Filippo le trattiene a fatica. La porta si apre lentamente e il gatto entra in camera. Si sofferma sulla soglia e inizia a guardarci attentamente, prima me e poi Filippo. Noi sosteniamo lo sguardo e poi, improvvisamente, nello stesso momento inziamo a ridere. La tensione si sta abbassando velocemente, e in quel momento il mio cellulare riceve una notifica di un messaggio. E' mia madre, che mi chiede se sono a cena a casa. Rispondo velocemente di si e blocco subito il cellulare.

"Grazie veramente per quello che hai fatto oggi. Questo corso di chitarra si sta rivelando sempre più terapeutico."dico sorridendo a Filippo, mentre mi sistemo i capelli in una crocchia spettinata e mi asciugo le lacrime che mi avevano rigato il viso poco prima.

"Credo che questa discussione abbia fatto bene a entrambi, o almeno lo spero."ricambia il sorriso, solo che questa volta noto che è diverso dal solito, più amaro e addolorato.Mi accompagna alla porta come sempre e io mi volto verso di lui. Lo guardo negli occhi, e nel dentro sento un insieme di compassione e di tristezza.

"Ci vediamo venerdì" mi limito a dire. Ma lui non risponde, fa un passo verso di me e mi stringe a sè con un abbraccio. Sorrido mentre il mio volto è nascosto nel suo petto, e posso sentire il suo cuore battere insieme al suo torace che si alza e abbassa al ritmo del respiro. Dopo qualche secondo, ci dividiamo, ci scambiamo un sorriso e mi volto, avviandomi per le scale. Appena esco dal palazzo, l'aria fresca smorza quel senso di oppressione che sentivo poco prima. Mi sento più libera, capita e felice. Magari molto preso riuscirò a disfarmi di quel bagaglio chiamato passato che accennava prima Filippo.

Dopo cena decido di portare a fare una passeggiata il mio cane. Spesso ho questa voglia di camminare improvvisa, riesce a farmi scaricare la tensione e mi rilassa molto. Porto con me cuffie e cellulare e appena esco dal portone di casa mia metto la musica al massimo volume. Porto Bruce al parco, lo lascio libero di correre mentre io mi siedo su una panchina e mi accendo una sigaretta. Le stelle sono alte e limpide nel cielo, è una serata non troppo fredda e il soffitto celeste sopra di me è privo di nuvole. La luna illumina timidamente le strade della città, creando un'atmosfera cupa ma non inquietante. Il cellulare vibra. Lo tiro fuori dalla tasca e leggo il messaggio. E' Matteo, che mi chiede di andare a prendere una birra al solito pub. Non è una cattiva idea, devo raccontare tutto l'accaduto al mio migliore amico e una birra non si rifiuta mai. "Va bene, ma solo se mi passi a prendere, stasera non ho voglia di guidare" rispondo scherzando al messaggio. Matteo visualizza la mia risposta dopo poco e risponde con un "No problem, tra 10 minuti fatti trovare giù. Se sei in ritardo ti lascio a casa.". Sorrido e chiamo Bruce a me. Sarà meglio rientrare, sennò Matteo mi lascia veramente senza passaggio.

La serata passa tranquilla, tra chiacchiere, birra e un po' di musica dal vivo. Racconto velocemente quello che è successo il pomeriggio stesso al mio migliore amico, ma fortunatamente passiamo subito ad un altro argomento. Stasera voglio pensare ad altro, svagarmi e distrarmi il più possibile. Verso mezzanotte decidiamo di lasciare il pub per tornare a casa, dato che domani ci sarà scuola. Saluto velocemente Matteo con un bacio sulla guancia e lo ringrazio per il passaggio. Mi avvio verso il portone di casa, infilo le chiavi nella serratura e apro il più silenziosamente la porta. La casa è buia e silenziosa , e sento in lontananza mio padre russare lievemente da camera sua. Sorrido tra me e me. Stasera sono stata bene, e spero di provare lo stesso senso di leggerezza anche nei prossimi giorni. Non vedo l'ora sia lunedì.

La vita sbaglia spesso i momenti.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora