15. Misero corpo morto

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Maya

Londra sembrava molto malinconica, quella sera. Osservavo le strade dal finestrino del Double Decker, che ci stava accompagnando alla famosa piazza dove avrebbero acceso l'albero di Natale. I passanti camminavano veloci, inarrestabili, costanti. E io mi sentivo troppo indietro rispetto a quelle vite che sembravano così al passo con i tempi.

Sentivo ancora le labbra di Jamie sulle mie, il suo profumo inondarmi le narici, la sua voce spezzata che esprimeva la totale mancanza nei miei confronti...

Lo sentivo vivido, sulla pelle. Come un fottutissimo marchio.

Ma eravamo troppo distanti l'una dall'altro. C'erano troppe cose che ci dividevano, troppe bugie, troppi silenzi... ci eravamo semplicemente persi, come un marinaio senza la sua bussola.

Lui era seduto in fondo, lo sguardo fisso davanti a sé, mentre Caroline gli prendeva più volte il viso e lo baciava con un trasporto che da parte sua non esisteva. Sembrava non volesse vivere sul serio, sembrava voler rimanere fermo e attaccato su quelle azioni costrette, su quegli istanti rubati. Era l'esatta rappresentazione di un robot. Non aveva nulla di umano, di sentimentale.

L'autobus sostò qualche metro prima della piazza. Il professore ci pregò di metterci in fila, cercando di radunare tutti quanti. Mi alzai di controvoglia e marciai verso le scale, seguita da un Archie estremamente silenzioso e da una Hailey terribilmente dispiaciuta per il mio comportamento - a detta sua - ingiustificato. Mi guardai intorno, facendo un profondo respiro e andando verso la piazza, seguita dai miei compagni.

La Trafalgar Square era qualcosa di meraviglioso. C'era un enorme fontana al centro, che schizzava acqua di diversi colori. Delle statue di due leoni, con inciso qualcosa che non riuscivo a vedere da quella distanza, in più la maestosa statua di Horatio Nelson sembrava essere protagonista di quella bellissima piazza gremita di gente.

Rivolsi il mio sguardo verso l'albero, sospirando e rimanendo con lo sguardo vacuo un po' dappertutto. «Qual è il tuo desiderio per questo Natale?» la voce di Jamie mi distrasse dal mio momento di standby. Mi voltai leggermente verso la sua direzione e alzai le spalle, prendendo una sigaretta e accendendola con aria assorta.

«Non lo so.» risposi, gettando fuori il fumo con apatia.

«Vuoi sapere il mio?» mi disse, mettendosi al mio fianco e attendendo l'accesa delle lucine.

Lo guardai sottecchi, facendo una leggera smorfia. «Se proprio ci tieni...» sussurrai.

Lui indicò l'albero con il capo, per poi sorridere. «Vorrei... uhm, tornare indietro nel tempo!» esclamò, con voce da bambino.

Ridacchiai leggermente, voltandomi verso la sua direzione. «Non è possibile, lo sai?»

Mi guardò, fingendosi offeso, per poi ridere. «Ah, no? Allora ci riprovo: vorrei... poter rimediare ai miei errori. Questo è possibile, per te?»

Mordicchiai il labbro, alzando leggermente le spalle. «È possibile per tutti, Jamie. Ma ci sono dei momenti in cui si può fare e altri in cui risulta un po' più complesso.»

Lui annuì, sorridendo leggermente. «Ma non impossibile, giusto? Allora, davvero non sai cosa vorresti per questo Natale? Tutti vorremmo qualcosa, quindi anche tu!» esclamò, indicandomi.

Pensai a cosa avrei voluto per sentirmi meglio, per superare la mia terribile agonia. Avrei voluto non aver tentato il suicidio, non aver visto la delusione negli occhi di Jace, la disperazione in quelli dei miei genitori e la paura in quelli di Amy. Avrei voluto svegliarmi una mattina, e sapere che Hailey e Jason avrebbero tenuto il bambino, Alex avrebbe risolto con sua madre e Archie avrebbe fatto pace con Chloe. Avrei voluto che tutto sarebbe tornato tranquillo, normale, lieto. Sì, avrei voluto avere pace e serenità, per quel Natale ormai vicino.

Quel Natale che lo sembrava un po' meno, viste le situazioni che ci vedevano come protagonisti.

«No, non vorrei nulla. Io... credo di stare bene così.» mormorai, schiarendomi la voce.

Jamie storse il labbro, poco convinto dalla mia risposta pensata a lungo. «Potrei che so... farti un regalo che ti piace tanto!»

Mi voltai verso di lui, guardandolo da capo a piedi. «Perché sei qui? Neanche mezz'ora fa, ci stavamo giurando odio eterno in camera.» sussurrai, riportando lo sguardo verso l'albero.

«Perché io non riesco ad odiarti, Maya. E nemmeno a vederti così... spenta.» rispose a bassa voce, guardando nella mia stessa direzione.

Socchiusi gli occhi e annuii, passandomi le lingua tra le labbra secche per il freddo. «Vedermi così... neanche io riesco a farlo. Ma lo sono, e non credo che la cosa possa cambiare facilmente.» risposi, schiarendomi leggermente la voce.

Jamie sospirò, passandosi una mano sul viso e stringendosi nel suo pesante cappotto inglese. «Ti piace, Londra?» chiese, cambiando immediatamente discorso.

Annuii leggermente, tenendo gli occhi sul grande albero addobbato di rosso e oro. «Sì, molto. È caotica, fredda, cupa... ma ha un non so che di raro. Nonostante sia piena di gente, sembra una città sola.»

«Come noi, del resto.» rispose lui, facendo spallucce.

Decisi di non rispondere, di rimanere in silenzio.

Ultimamente preferivo farlo. Non dire niente e lasciare che i pensieri parlassero per me.

Pensieri aggrovigliati, folli, soli. Pensieri che nessuno avrebbe mai potuto capire perché erano un enorme complesso anche per me. Pensieri assopiti dagli antidepressivi, che li rendevano più mansueti, meno frequenti.

Ma - nonostante l'uso dei farmaci atti per tenerli a bada - erano sempre lì. Meno cattivi, meno insistenti, meno beffardi... ma lì. Sfuggire alla mia testa era peggio di annegarci. Perché per la seconda, mi limitavo solo ad accettare la mia condizione, renderla in qualche modo mia amica. Ma per la prima... beh. Se volevo combattere, loro reagivano. E io non avevo alcuna forza per poterli contrastare di nuovo da sola. Li stavo accettando, li stavo in qualche modo amando. Quei maledetti pensieri erano ormai una parte di me.

È un po' come quando qualcuno annega: l'acqua gli entra dappertutto, gli mozza il fiato, gli riempie il naso, la bocca, i polmoni.

Ecco, loro erano così.

Dovevo solo accettare di vivere dentro il mio mare, di rimanere a galla come un misero corpo morto e lasciare che loro facessero il lavoro sporco. Non esisteva altra soluzione, non per me.

«Ti disturba se guarderò l'accensione dell'albero con te?» mi chiese Jamie, infilando le mani dentro le tasche del suo cappotto.

Scossi la testa, sfregando una mano sul naso gelato a causa del freddo. «No, altrimenti ti avrei mandato via.» ammisi.

Lui sorrise, indicando davanti a sé. «Guarda, lo stanno accendendo!» esclamò contento, con un sorriso così ampio che sembrava un bambino in trepidante attesa del Natale. Pure io avrei voluto avere la sua stessa sfera emotiva, invece tutto quello che succedeva di recente, non mi emozionava affatto. Anche e soprattutto il Natale.

Portai lo sguardo verso l'albero. Le luci vennero accese, la gente applaudì contenta e i bambini cominciarono a correre per la piazza.

Io tenevo lo sguardo fisso lì, su quelle moltitudine di luci ad intermittenza che ricordavano tanto un periodo dell'anno molto sentito da ogni essere umano.

Stavo lì, a guardare quell'albero e a sperare in un Natale sereno, come tutti noi meritavamo; mentre dei piccoli fiocchi di neve cominciavano a scendere lenti, colorando di bianco ogni cosa intorno a noi.

-Spazio Autrice

Le feste si avvicinano, per i nostri protagonisti. Saranno liete? Vedrete vedrete. Intanto Maya e Jamie sembrano essere in una situazione di limbo, lui è con Caroline e lei... lei è con lei. Ora bisogna capire perché Jamie sta ancora con la biondina, chi lo sa. Lo scopriremo molto presto. Ci leggiamo domani! ❤️

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