Capitolo 9

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Faceva freddo e anche quel giorno era in ritardo. Da quanto lo aspettava, probabilmente? Mezz'ora? Un'ora? Doveva essere un problema a livello genetico perché non riusciva proprio a spiegarselo.

Ogni volta era maledettamente in ritardo e, nonostante mettesse volontà nell'essere puntuale, non ci riusciva mai.

"Ok, questa volta mi ammazza. Questa volta mi ammazza" ripeteva tra sé e sé, giungendo finalmente al parco dove intravide la figura di un ragazzo da lontano, seduto sulla panchina.

Lo raggiunse e si sedette al suo fianco. "Lo so, sono di nuovo in ritardo amore, scusami" disse infine Chan al ragazzo che si girò verso di lui con un dolce sorriso.

Non riuscì a riconoscere bene il suo volto, sembrava così offuscato.

"Non preoccuparti, Chan, dopo dieci anni di amicizia e uno di relazione mi sono abituato ai tuoi ritardi, sono arrivato qui neanche cinque minuti fa, sapevo che non saresti arrivato all'ora giusta" gli rispose, ridacchiando e, finalmente, baciandolo.

Restò paralizzato un momento quando la mamma di Hyunjin lo aveva chiamato in quel modo. Chris non riusciva a vedere bene il volto del ragazzo che era presente in quel flashback, e non fu neanche capace di riconoscerne la voce. Ma dedusse in pochi secondi che fosse Hyunjin.

Chan.

Il ragazzo nel flashback e la signora Hwang lo avevano appena chiamato in quel modo e quel nome, rivolto a lui in quel modo sprezzante da parte della madre di Hyunjin e dolce da parte del ragazzo nel flashback, aveva raffiorato in lui flebili immagini, immagini che, a sua detta, erano offuscate e confuse, come i suoni: ovattati e quasi irreali.

"Lei non può portare via Hyunjin" esordì, finalmente, dopo attimi di silenzio in cui si perse nel fissarla con la bocca socchiusa e gli occhi sgranati, senza fare nessun tipo di domanda riguardo al modo in cui era stato chiamato.

"Certo che posso. Sono sua madre, Hyunjin è mio figlio, e faccio ciò che è meglio per lui" rispose lei, seria, senza degnare il ragazzo neanche di uno sguardo, mentre si alzava e preparava una teiera per mettere su una tisana.

"Lui qui ha tutto. Ha i suoi ricordi, i suoi amici e, dato che lei non vuole neanche provare a fargli acquistare nuovamente la vista, suppongo che di bene, a lui, non faccia proprio niente." sbottò Chris, serio come probabilmente non lo era mai stato.

Chan stava camminando per le vie del paese in cui abitava, da solo.

Non amava eccessivamente la solitudine, ma in quel momento non gli dispiaceva affatto inebriarsi dell'odore dell'aria mattutina, del freddo invernale che batteva sulla sua pelle e del venticello debole che passava tra i suoi capelli.

Quella notte aveva nevicato di nuovo e tutte le piccole vie, i tetti e i giardini erano tinti di un bianco candido e morbido. Chan amava la neve.

Giunse davanti a un portone, la casa in questione era ben addobbata di luci e colori. Chan amava quel periodo dell'anno perché, oltre alla neve, c'era il Natale. E Chan amava il Natale.

Suonò il campanello e, in pochi secondi, una donna aprì la porta.

Era una donna sulla quarantina, aveva lunghi capelli castani raccolti in uno chignon, qualche rughetta di espressione sul viso ben tenuto e grandi occhi a mandorla marroni.

Soulmate {HyunChan}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora