It's not your past.

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Erano le sei di mattina e stavo andando in giro per il Bronx.

Avevo passato la notte in bianco, non avevo chiuso occhio. L’unico momento di pace in cui mi ero riuscita ad addormentare era stato interrotto da incubi. Il più tranquillo era stato anche il più doloroso.

Mike che rideva, Mike che mi abbracciava, il sorriso di Mike, i suoi denti bianchissimi, i suoi occhi luminosi.

Mike, Mike, Mike, Mike.

Era durato poco, circa una decina di secondi, ma era bastato per farmi mancare il respiro per un bel po’ di minuti e a farmi rimanere sveglia fino alle cinque, momento in cui avevo deciso di andare da Jayce.

Peccato che non avessi idea di dove abitasse.

Strinsi la busta con all’interno i fogli e le foto di cui non avevo capito il senso. O meglio, il messaggio lasciato da Jayce era abbastanza chiaro, tuttavia non capivo cosa volesse dire. Insomma, perchè lasciarmi lo schedario di Fleur, di Mike e di una persona che nemmeno conoscevo?

Il pensiero della mia migliore amica mi schiacciò lo stomaco, rendendolo così piccolo che con un colpo di tosse sarebbe potuto volare via passando per la gola, per poi uscire dalla bocca.

Chissà come stavano Fleur, Dan e tutti gli altri. Ero sicura che mi odiassero, soprattutto mio fratello.

Lo avevo lasciato, lo avevo abbandonato nonostante avesse passato le notti in bianco a causa mia, nonostante avesse fatto di tutto per aiutarmi ad uscire dalla mia cappa di depressione.

Ero una stronza.

Stupida, stupida e stupida!

Mi morsi forte il labbro cercando di allontanare quei pensieri con il dolore.

Quando sentii i muscoli del mio corpo rilassarsi tirai fuori il telefono, per poi chiamare Jayce.

Quando ormai stavo per perdere le speranze e riagganciare rispose, con la sua solita voce roca e letalmente gentile.

-Principessa, già sveglia?- disse, e dal tono che aveva usato avrei potuto giurare sul fatto che stesse sorridendo.

Trattenni tutte le domande che avrei voluto porgli, per poi rispondere –Non ho dormito per tutta la notte, a dir la verità- ribattei più duramente del previsto.

Lui ridacchiò, facendo quasi saltare in aria i miei nervi.

Avrei pagato oro per poter entrare cinque minuti nella mente di Jayce, il tempo sufficiente a capire tutti i suoi contortissimi pensieri.

-E posso in qualche modo esserti utile?- chiese falsamente interessato.

Si, puoi andartene a fanculo.

No, meglio non rispondere così.

Mi schiarii la voce –Direi di si visto che non ho dormito per i fogli che mi hai dato. Non ne capisco il senso, l’unica cosa che ho capito è che ti sei fatto un po’ i cazzi miei. – risposi senza riuscire a trattenermi.

-Vieni da me, sarò felice di spiegarti meglio il senso. Abito alla quarantesima di Green street- disse per poi attaccare senza nemmeno aspettare una mia risposta.

Vaffanculo.





Justin


La notte sul materasso puzzolente di muffa e varecchina della cella non era stata delle migliori.

Avevo tirato così tanti pugni al muro da avere tutte le nocche sanguinanti.

Avevo provato più volte ad urlare all’ ufficiale di lasciarmi andare, coprendolo anche di insulti, ma tutto ciò che avevo ottenuto era stato un sorriso sbieco.

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