22. Stare male

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Concentrati, Sumire. Moblit sta per fare scacco matto.
Sono seduta di fronte ad un concentratissimo Moblit ad un tavolino nello studio di Hanje, che ora non è qui. Ci siamo trovati qui per caso: stavo giusto venendo qui per restituire ad Hanje una busta con i risultati di alcuni esami. Sono i risultati di alcuni studi su pelle di gigante ormai ammuffita... mi chiedo come faccia a stare a contatto con quella roba, quando solo a sentirne parlare la maggior parte delle persone vomiterebbe. Me compresa.
Moblit invece era già in studio e borbottava parole incomprensibili, poi mi ha spiegato che è qui per ricordarle l'ennesima riunione che altrimenti dimenticherebbe, come ha già fatto con molte altre.

Adoro giocare a scacchi con i membri della squadra di Hanje, anche se capita molto di rado. Mi insegnarono proprio loro a giocarci, in una giornata particolarmente uggiosa in cui non potevo uscire a giocare per il troppo freddo. Mi appassionai: ogni volta che potevo chiedevo loro di fare una partita. Purtroppo da quando sono tornata abbiamo tutti troppi impegni per giocare come una volta, ma per fortuna oggi se n'è presentata l'occasione. Così ho mollato la busta sul tavolo, chiesto ad un cadetto di andare a chiamare Hanje per conto nostro (Moblit non era proprio d'accordo, ma alla fine l'ho convinto) e ora siamo qui ad attenderla.

Stare qui al chiuso ad aspettare che arrivi però non aiuta a concentrarmi e battere Moblit è difficile: non lo ricordavo così bravo! E poi siamo a giugno, c'è un caldo terribile... mi chiedo come facciano i giganti a correre con questo sole. Io mi prenderei una pausa e tornerei a dormire per altri cento anni. O per sempre, già che ci siamo.
Giugno. Questo vuol dire che il mese prossimo rivedrò quei bizzarri cadetti, ci addestreremo di nuovo. E la cosa strana è che ho davvero voglia di rivederli. Per la prima volta da quando sono tornata dall'addestramento sento il bisogno di rivedere qualcuno, questo mi rende felice.
Le mie elucubrazioni su improbabili sonnellini eterni dei giganti e sulla mia strana voglia di socializzare vengono interrotte da una porta che si apre e sbatte sonoramente contro la parete in pietra, rivelando la figura di un'esile donna psicopatica con degli occhiali storti sul naso e una coda castana disordinata sulla testa. Alla buon ora!

"Moblit, sei qui? Ho bisogno di te per... oh, buongiorno Sumire!"
Entra nella stanza e si lascia cadere su un divanetto, così mi alzo e la raggiungo.
Ogni volta che c'è lei cerco di comportarmi in maniera più calma possibile, ho imparato a mie spese che più sono euforica e più lei impazzisce: io, Erwin e Levi non vogliamo che qualcuno finisca ucciso e quindi cerchiamo di tenerla buona.
Le porgo la busta, lei la apre come se sapesse già di cosa si tratta. Scorre le righe di inchiostro, accigliata, poi assume un'espressione contrariata: "Oh, ancora nessun risultato! Sono anni che cerco di cavare qualche informazione utile su quegli adorabili bestioni, ma dove sbaglio? Forse..."
Parte con uno dei soliti discorsi che capisce solo lei, con Moblit che cerca di fermarla per annunciare la riunione senza risultati, saltellandole attorno per richiamarla dal mondo dei sogni. È quasi una scena comica! Ma poi...

Vedo due giganti, legati in un grande spazio a Trost e circondati da un telone verde come i nostri mantelli. Stanno cercando di divorare una donna che è pericolosamente vicina alle loro facce enormi. Lei pare non curarsene, è al settimo cielo e saltella allegra, mentre dei soldati abbastanza stupefatti eseguono i suoi ordini. Non c'è dubbio, può essere solo Hanje! Sono contenta per lei, ma poi la visione comincia a dissolversi in frammenti di luce e stacca bruscamente su un altro pezzo di futuro, proprio come in un vecchio nastro quasi rotto: vedo i cadaveri di quegli stessi giganti, uccisi da un soldato che non riconosco. Fugge. Lampi veloci di una Hanje sconvolta dal dolore per il lutto mi passano per la mente...

E ritorno alla realtà. La mia amica sta ancora farneticando sui giganti e rilegge gli esami, sempre più desolata. Mi è venuto un gran mal di testa e mi ronzano le orecchie. Moblit mi guarda nella speranza che le dica qualcosa, così prendo in mano di situazione e mi chino guardandola negli occhi: "Ehi Hanje!"
"Sumire! Perdonami, non vi ascoltavo. Cosa c'è?"
"Ti ricordo che hai una riunione tra poco..."
Si alza in piedi di scatto e comincia a prendere dei fogli a caso dalla sua scrivania, mentre mi grida: "Grazie Sumire! Andiamo Moblit, sbrigati! Bene, vorrà dire che continuerò i miei esami dopo..."
Moblit mi guarda, confuso: alzo le spalle, come per dirgli "Lascia stare". Tanto sappiamo che Hanje è così.
Mentre esce dalla stanza, vedo che è un po'spenta. Mi dispiace per lei, certo che deve essere difficile lavorare senza mai avere risultati. Aspettare e aspettare ancora, sempre più inclini a pensare che le fatiche non porteranno da nessuna parte...
D'istinto la chiamo, le dico ciò che ho visto poco fa. Non posso certo presentargliela come una visione, ma almeno potrò incoraggiarla.
"Non ti preoccupare, Hanje! Sono sicura che presto troverai altri giganti. Due, per la precisione. Avranno delle facce buffe. Pensa, potrebbero essere i tuoi nuovi cuccioli."
"Che fantasia!"
Io sorrido. Certo, fantasia... magari! Ma non posso fare altro: finché le visioni non daranno problemi andrà tutto bene e potrò lavorare. Non posso rischiare di essere ritenuta non idonea al servizio militare. Cosa sarebbe della mia vita se non potessi più fare quello per cui mi hanno cresciuta, se non potessi difendere gli ideali in cui credo? No, deve sicuramente rimanere un segreto.
E proprio per evitare che mi vedano debilitata dovrei stendermi un po', credo. Così accompagno i due alla porta della sala riunioni e decido di dirigermi in camera qualche minuto per cercare di scacciare questo mal di testa sempre più martellante.

 Così accompagno i due alla porta della sala riunioni e decido di dirigermi in camera qualche minuto per cercare di scacciare questo mal di testa sempre più martellante

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Man mano che percorro i corridoi, è come se la strada fosse raddoppiata rispetto al normale. Mi sento le gambe pesanti e ho il fiatone, la sala comincia a diventare troppo luminosa. A meno che il sole non stia per esplodere, cosa improbabile, non dovrebbe esserci così tanta luce, siamo in pieno giorno.
Cammino ancora un po' prima di accorgermi che la luce segue me. E passa ancora qualche minuto. Ma finalmente mi rendo conto che la luce proviene dalla mia mano.

Mi prendo del tempo per realizzare, non riesco nemmeno ad urlare. Mi guardo attorno con una calma che io stessa ritengo innaturale, ma sembra che l'ala del castello vicino alla biblioteca sia totalmente vuota.
Anche se volessi, non riesco a dire nulla. Non posso parlare né muovermi, sono completamente paralizzata. Il dolore è incredibile, come stessi bruciando lentamente. Dentro di me sono sempre più impaurita, corro, urlo, cerco di liberarmi dalla luce azzurrina che mi avvolge la mano, ma è solo una fantasia.

Mi manca il respiro, mi sento divisa. Come se una parte di me fosse qui e l'altra non so dove.
Cado agonizzante al suolo, con un tonfo inascoltato. L'unica cosa che mi importa ora è la mano: sta diventando... trasparente? Sì, si scompone in tante piccole gemme di luce blu... oh, mi brucia anche il petto, la spilla sta diventando incandescente... so che devo resistere. Ne va della mia stessa vita.
Così, con l'ultimo briciolo di forza che mi rimane, volto gli occhi sul primo dettaglio che mi viene in mente: la poltrona su cui era seduto Levi in biblioteca la sera del mio ritorno, visibile dalla porta di fronte alla quale sono caduta. Rivivo tutta la scena di quella notte...
"È per lui che devo continuare a vivere, qui e ora".

Faccio giusto in tempo a sentire una voce che urla il mio nome prima di piombare nell'oscurità più nera, abbandonandomi all'ignoto.

Sasageyo,
Arienty

Attack on Titan: Lost in the WallsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora