3900 secondi prima

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Stamattina mi sono svegliata con un pensiero fisso in testa. Ogni mattina ne ho uno su cui rimugino, come un vecchio filosofo compiaciuto dalle arzigogolate evoluzioni dei suoi concetti monotoni.

Anche stanotte ho sognato che avevo casa piena di gente. Entravano e uscivano a piacimento, si fermavano a dormire nelle camere e si portavano via quello che più gli faceva comodo, incuranti di me che sbraitavo intimando loro di andarsene. Intorno a me c'erano nuove stanze occupate da altre persone che si prendevano gioco di me e del mio scoramento.

Non credo serva uno psicologo per capire cosa vogliono dire i miei sogni. Mi interpello spesso sul perché non voglia avere a che fare con la gente. Ho risposto a questa domanda da tempo ma ogni tanto ci ritorno su come se, ripassare il ragionamento, potesse salvaguardarmi dal fare passi falsi.

Proteggo. Proteggo questo involucro fragile che porta dentro di sé un'esistenza miserevole.
A ogni avvicinarsi corrisponde una separazione e io non credo di riuscire a sopportare il peso di un'ennesima perdita. Non più.

Mi distolgo: partire col ripasso generale di come la mia vita sia andata a rotoli – dalla mia nascita fino ad adesso – non è il modo migliore di iniziare la giornata, quindi traslo questo pensiero in sottofondo e vi sovrappongo una canzone a mischiarsi col brusio che da sempre delinea il casino che ho in testa.

Quando sono infelice, canto. E, da un anno a questa parte, lo faccio praticamente tutti i giorni; volteggiando su ritornelli che sembrano essere stati scritti per delineare il quadro generale di ciò che sono.

Oggi, come quasi tutti i giorni, la playlist è sui Baustelle.

Prendo le chiavi ed esco di casa.

Il secondo prima di morireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora