Prologo

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In un tripudio di abiti colorati e gemme preziose, la sala da ballo della Reggia di Arintha quasi splendeva di luce propria: donne e uomini dal sangue nobile danzavano in cerchio fra inchini e sorrisi, sprigionando un'eleganza tale da sembrare sospesi per aria.

Le candele rischiaravano l'ambiente in modo fievole e delicato, in un gioco di luci e ombre che trovava terreno su tutti i volti dei presenti.

Chissà quanti di loro sarebbero morti nel futuro a venire...

A quel pensiero, un impercettibile sorriso si dipinse fra le labbra di Eleonora, poco prima che i musicisti iniziassero ad intonare una nuova canzone e dare un differente ritmo alle danze.

Il suo cavaliere si congedò con un inchino formale, degnandola di uno sguardo repentino e distratto, un atteggiamento al quale – ormai – era fin troppo abituata. Lo vide farsi largo fra i presenti, con la chiara intenzione di trovare una nuova dama che avesse un aspetto obiettivamente più gradevole del suo.

Non riuscì a trattenersi dall'esibire una smorfia nel rendersi conto che, se i suoi familiari le avessero lasciato un'eredità di tutto rispetto, la sua vita avrebbe preso una piega decisamente diversa e nessuno avrebbe mai osato giudicarla per una bellezza che non era mai fiorita negli anni.

Nel frattempo, la musica aveva cominciato a riempire la sala con un ritmo più sostenuto, ma Eleonora non aveva ancora ricevuto alcun invito da parte di un altro cavaliere: avrebbe, quindi, dovuto ballare da sola.

Si prese le gonne fra le mani e si fece largo fra i ballerini, in modo da poter andare via da quel luogo tanto sfarzoso; intravide il re cambiare dama a quasi ogni passo di danza, l'espressione alticcia e fin troppo allegra, mentre le giovani donne si esibivano in sorrisi misteriosi e accattivanti.

Il principe, invece, sembrava aver deciso di rimanere in disparte per tutto il tempo, manifestando il proprio malumore con un'evidenza quasi fastidiosa, ignorando gli inviti di tutte le dame con un gesto sbadato della mano; non si accorse neanche della presenza di Eleonora, quando questi gli passò accanto per uscire dall'immensa stanza.

Quante cose sarebbero cambiate, di lì a breve...

Il passo sostenuto e le gonne ancora strette fra le mani, guadagnò l'uscita nell'indifferenza generale, ma non si scompose: lo specchio d'argento con le rose color porpora la stava aspettando nelle sue camere, proprio dove lei lo aveva nascosto da eventuali occhi indiscreti, pronto ad essere sollevato e ad offrirle la propria superficie riflettente.

Tale consapevolezza riuscì a rasserenarla e a tranquillizzare il suo animo inquieto: per la prima volta da quando si era trasferita nella Reggia, si sentì quasi come se potesse toccare i propri sogni con un dito.

Tale consapevolezza riuscì a rasserenarla e a tranquillizzare il suo animo inquieto: per la prima volta da quando si era trasferita nella Reggia, si sentì quasi come se potesse toccare i propri sogni con un dito

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