9. obvious

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inutile dire che da quella sera i due ragazzi si avvicinarono, perché c'era ancora molta tensione. certamente non la davano a vedere, ma quando parlavano non era più come prima.

c'era un blocco, un muro che li divideva e che difficilmente riuscivano a scavalcare.
avevano bisogno di sciogliersi.

quel giorno erano a mensa, e questa volta erano seduti in un tavolo da soli, per evitare strane battutine dagli strani amici di mark. molte ragazze, mentre mangiavano, buttavano un occhio al loro tavolo: tutti sapevano quello che era successo tra loro, considerando anche che il gruppo del canadese era il più popolare della scuola.

eppure, nonostante tutto, i due si guardavano come se nulla fosse successo e non provavano nemmeno a mettere su un po' di orgoglio, perché si guardavano così presi l'uno dall'altro che ogni essere vivente lì dentro vedeva le scintille che sprizzavano dai loro occhi.

erano così ovvi.

così tanto ovvi che quella sera uscirono insieme. o almeno quella era l'idea, perché iniziò a tirare un vento talmente freddo che si dovettero rintanare nell'appartamento vuoto di mark.

quando si sedettero, sempre abbastanza distanti, sul divano, ci fu un silenzio imbarazzante perché entrambi si ricordarono di tutte le volte che erano stati lì sopra abbracciati l'uno nell'altro con le coperte a riscaldarli.

imbarazzante direte.

« ma alla fine quei bulli? hanno ancora da ridire? » mark scelse di spezzare il silenzio che si era creato,
ma ad un secondo fine.

« da quando mi hai detto che ogni cosa ha il suo tempo, non li sento più. sono solo stupidi ». hea ripensò al gruppetto di ragazze che la prendevano in giro nel bagno della scuola e pensò anche al fatto che loro fossero solo gelose, ma questo non poteva dirlo a mark, o ci avrebbe rimesso lei.

« perchè? » aggiunse.

« boh, non lo so. quando mi hai detto che ti prendevano in giro per una sciocchezza del genere ci sono un po' rimasto. volevo sapere se tu stessi bene, ecco». il ragazzo cercava di pararsi in qualche modo perché non voleva di certo dirle "mi avevi fatto pena".

« meh, alla fine sto bene. ma potrei stare meglio ». detto questo hea iniziò ad osservare i lineamenti di quel bel viso che tanto voleva prendere a schiaffi, perché alla fine si sapeva che i due si piacevano ma l'unico che stava allungando le cose era proprio mark.

hea lo voleva più vicino ma era troppo timida e troppo orgogliosa per alzarsi e sedersi vicino a lui. l'altro invece si stava nervosamente toccando la coscia, auto maledicendosi per la situazione fastidiosa e pensando a cose che è meglio non rendere note.

mark allora alzò lo sguardo e vide gli occhi di hea che lo scrutavano da cima a fondo, occhi che lo stavano aspettando.

il ragazzo perse completamente le staffe e si sedette accanto a lei, guardandola con un sorrisetto, che sceglierete voi come interpretare.

con un espressione seria iniziò ad accarezzarle le guance con il pollice e non sempre mantenne il contatto visivo, si limitava a guardare il suo dito che sfiorava la pelle della ragazza, che pian piano assumeva un colore roseo.

hea al contrario lo guardava dritto negli occhi e sciolse le sue gambe incrociate, mentre avvicinava il suo viso un po' di più per dare al ragazzo un altro stimolo.

« perdonami, ma tu mi stai supplicando ed io sono stanco di aspettare » disse mark, ora più frustrato che mai, all'orecchio della ragazza.

solitamente non descrivo scene sul particolare, ma qui vi posso dire che mentre le labbra dei due si toccavano più e più volte,
si incastravano perfettamente,

tutte le dannate volte.

𝒘𝒉𝒂𝒕 𝒊𝒇 ;; mark leeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora