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«Sveglia, sveglia, sveglia. Il sole splende in cielo, gli uccellini cantano e tu hai un volo tra due ore.» Sento dire a Janice mentre entra in camera mia.

Finsi maledettamente di dormire perché non avevo voglia di alzarmi e di affrontare quel lunghissimo viaggio.

«Myra, so che sei sveglia perciò alza quel tuo bel culetto dal letto e vai a fare colazione.» Mi tirò via le coperte, ma io le ritirai su.

«Ancora 5 minuti, mamma.» La presi in giro con ancora gli occhi serrati.

«Sai cosa farò se tu non ti alzi da questo letto.»

A quelle parole scattai subito seduta.

«Sono sveglia. Niente secchio di acqua gelida in testa. Per favore.» Alzai le mani in segno di resa.

«Brava ragazza. Ora va e preparati.» Mi indicò la porta del bagno.

«Si padrona.» Dissi inchinandomi.

Jan scoppiò a ridere e io la seguì a ruota.

Mentre ero intenta ad entrare in doccia mi chiesi come sarei riuscita a sopravvivere senza le nostre cazzate. Mi chiesi anche come mi sarei trovata a dover gestire da sola il mio nuovo impiego. Era una cosa totalmente nuova per me, e per quanto poteva piacermi, avevo una tremenda paura di fare fiasco.

Una volta finita la mia doccia rilassante, mi avviai in cucina dove mi aspettava una colazione con i fiocchi.

«Hai preparato tutto tu?» Domandai prendendo un pancake.

«Chi se no?!» Alzò le spalle Jan.

«Ma a che ora ti sei svegliata, si può sapere?» Ridacchiai.

«Le 5...In realtà son sveglia da molto prima.»

La guardai stranita. «Come mai?» Chiesi preoccupata.

«Adam.» Abbassò lo sguardo.

«Avete nuovamente litigato?» Chiesi dispiaciuta.

«In un certo senso.»

«Perché non mi hai svegliata? Avremmo potuto parlarne.»

«Avevi bisogno di riposare e non di badare alle mie stupide cose.» La sua voce scese di qualche tono, parlava quasi sussurrando. Mi alzai dal posto in cui ero seduta e mi avvicinai a lei stringendola in un caloroso abbraccio.

«Sai che non mi avrebbe dato fastidio. Io sono qui per questo, per aiutarti quando ne hai bisogno. Puoi chiamarmi anche se fuori ci dovesse essere l'uragano, che io sarò sempre pronta a correrti incontro. Le tue "stupide cose" come le chiami tu, per me sono importanti. Non avere mai paura di parlare con me.» La sentì singhiozzare e la strinsi più forte.

«So che ci sarai sempre, ma questa cosa è così importante per te e non voglio distogliere la tua attenzione e posizionarla su di me.» Si asciugò le lacrime che le erano scese.

«Tu sei più importante di tutto questo. Ricordatelo sempre.» Le baciai la testa. «Ti va di raccontarmi cosa è successo?» Chiesi cauta e lei annuì.

«Lo farò nel tragitto casa-aeroporto.» Mi sorrise. Un sorriso sghembo.

Ero terrorizzata di lasciarla. Il solo pensiero che sarebbe stata sola, a Londra, ad affrontare questa situazione mi faceva stringere lo stomaco.

...

«Hai preso tutto?» Chiese una volta entrate in macchina.

«Credo di si.» Annuì sicura.

«Perfetto, allora andiamo.» Janice mise la prima, schiacciò l'acceleratore e la macchina si mosse per le vie di una Londra caotica e trafficata.

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