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«Buongiorno sfaticato! Forza, in piedi e fammi cinque giri di corsa della struttura!», esclamo non appena entro nell'ambulatorio del dottor Lodges, dove trovo Leclerc seduto sul lettino.

Il suo sguardo perso nel vuoto sembra risvegliarsi col suono della mia voce, e si posa subito su di me. Le sue sopracciglia si corrugano, in un'espressione a metà tra il confuso ed il terrorizzato, il che mi fa sorridere.

«Tu sei scema», mi accusa squadrandomi da capo a piedi un paio di volte, il che mi fa sorridere, sinceramente divertita.

Congratulazioni francesino, hai scoperto l'acqua calda.

«E tu lo sei più di me, se hai creduto dicessi sul serio», ribatto prontamente.

Se c'è qualcosa che non mi è mai mancato, questo è la risposta pronta, complice il mio sarcasmo ci cui vado tanto fiera.

«Touché», sorride mentre mi siedo di fronte a lui, sulla scrivania del dottore, e prendo in mano la carpetta contenente in suoi dati, per poi aprirla e sfogliare i fogli per avere un'idea generale degli ultimi dettagli aggiunti. Il dottor Lodges è tanto bravo a rifilarmi tutti i suoi casi quando è in ritardo o prende più appuntamenti in contemporanea per errore, ma sarebbe interessante se fosse altrettanto bravo a informarmi a dovere sui pazienti che mi tocca seguire al posto suo in emergenza.

«Allora, vedo che l'operazione è andata bene», sorrido, sinceramente contenta di quanto sto dicendo, e lui annuisce. «Tu come ti senti?», chiedo chiudendo la carpetta e posando lo sguardo sulla figura del mio interlocutore, in modo da prestargli la mia intera attenzione.

Lui scrolla le spalle e sospira prima di rispondermi col suo spiccato accento francese che tanto mi dà sui nervi e tanto inizia a farmi sorridere al tempo stesso.

«Starei meglio su una monoposto a esser sincero».

«E al momento ti trovi qui proprio per tornare il prima possibile sulla tua amata monoposto», gli ricordo, per fargli capire che anche se non è dove vorrebbe, questo posto serve per farlo tornare in pista il prima possibile. «Tornerai come nuovo, numero sedici, fidati di me», sorrido alzandomi in piedi e raggiungendolo con giusto un paio di passi.

Lui annuisce, anche se sembra tutt'altro che convinto, e come dargli torto.

Ci sono stata anche io dal suo lato dell'ambulatorio, seduta su quel lettino bianco, con le gambe a penzoloni e un ginocchio malconcio, conosco i suoi pensieri, le sue preoccupazioni, i suoi dubbi, le sue paure. È per questo che, quando il dottor Lodges non è riuscito a iniziare alcuna terapia con lui a causa delle sue non piccole reticenze, ha deciso di chiamare me, che stavo facendo fare una passeggiata ad un altro paziente.

A quanto pare, il nostro monegasco non aveva intenzione di lasciarsi toccare da Lodges per iniziare le prime terapie, e il mio tutor non è riuscito a convincerlo in alcun modo.

Incredibile, un dottore con tutti quegli anni di esperienza nel campo alle spalle come Lodges non è riuscito a tener testa alle opposizioni poste da un paziente di ventuno anni, e si è visto costretto ad abbandonare e cercare il mio aiuto, quello di una ragazza tirocinante ancora distante diversi esami da una laurea di primo grado.

Lodges è convinto che, essendoci passata prima del pilota, saprò trovare un modo per convincerlo a collaborare. Certo, si tratta di una bella responsabilità, ma penso anche che Lodges non abbia poi tutti i torti e sento di poter riuscire a trovare il punto di sblocco. Devo trovarlo.

«Allora, per il momento è meglio evitare di sforzare troppo il ginocchio, quindi anche posarci del peso sopra è fuori discussione», inizio a spiegargli mentre prendo da una dispensa una fascia elastica, sperando in un suo segno di vita che però non arriva. E so che stiamo arrivando allo scoglio, si sta avvicinando sempre di più. «Quindi possiamo iniziare con questa fascia, se sei d'accordo».

Rise Up || Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora