10

2.4K 109 17
                                    

Questa mattina, quando la sveglia è suonata, ho passato una manciata di secondi col sorriso sulle labbra, convinta che un'altra intensa ma entusiasmante giornata di tirocinio stesse per iniziare. Mi sentivo serena come solo quando si è ubriachi, fatti, oppure ancora in uno stato di dormiveglia.

Purtroppo, la dormiveglia per me è durata poco, ed è finita prima ancora che potessi aprire gli occhi. I ricordi di quanto successo ieri mi hanno investita come un camion in autostrada, o forse sarebbe più appropriato dire come una monoposto su un rettilineo.

La voglia di girarmi dall'altro lato e riprendere a dormire stava quasi riuscendo ad avere la meglio sul mio lato razionale e a tratti stakanovista, ma sono riuscita a reprimerla quando mi sono ricordata che da questo tirocinio potrebbe dipendere la mia intera carriera da fisioterapista.

Non lascerò che una situazione imbarazzante mi precluda di portare a compimento i miei progetti; è questa consapevolezza che mi ha spinta a rotolare giù dal letto, vestirmi, fare colazione e poi uscire di casa per raggiungere la clinica in cui mi trovo in questo momento.

Ho passato la mattinata seduta in un angolo a osservare le manovre di Lodges e prendere appunti, assistendolo di tanto in tanto su sua richiesta, pervasa dalla costante paura dell'arrivo delle 12.

Ero terrorizzata perché sapevo che avrei dovuto affrontare una questione irrisolta, che avrei dovuto interagire con una persona che avrei preferito non vedere per qualche giorno. A volte, del resto, l'unico modo per smaltire l'imbarazzo è il tempo. Tempo che a noi non è stato concesso.

Per mia fortuna, però, Lodges oggi ha deciso di limitarmi a un ruolo passivo, quindi se non altro, nei venti minuti che sono trascorsi da quando Charles Leclerc è all'interno dell'ambulatorio di Lodges, e che un po' è ormai anche mio, sono riuscita ad evitare qualsiasi tipo di contatto sia fisico che verbale.

Un saluto imbarazzato al suo arrivo, ma nemmeno uno scambio di sguardi, nonostante spesso senta il suo fisso su di me.

Non avrei mai pensato di dirlo, ma sono estremamente grata a Lodges per avermi costretta al ruolo di spettatrice.

Sento un gemito di dolore da parte del pilota, e di istinto il mio sguardo si alza dal bloc-notes per per controllare che lui stia bene.

Il rapporto che abbiamo sviluppato io e lui è complicato. Lo è persino omettendo la questione di ieri. Ci sono giorni in cui siamo cane e gatto, e altri in cui stare a contatto non solo è sopportabile, ma a tratti persino piacevole.

Forse potrei azzardare a dire che ciò che mi lega a lui è una strana sorta di affetto, il che troverebbe conferma nel mio istinto di controllare il suo stato nel sentirlo gemere di dolore, ma preferisco raccontarmi che si tratti soltanto di interesse verso il mio primo paziente.

Mi prendo qualche attimo per osservarlo, come ormai di consueto.

Indossa dei pantaloncini da calcio rossi che lasciano scoperte le sue gambe esili dal ginocchio in giù, una maglietta bianca forse troppo larga per il suo corpo, e una bandana rossa tra i capelli. Ha l'aspetto trasandato che lo accompagna dal momento dell'incidente a questa parte, ma sembra più curato del solito.

Sul suo viso non c'è traccia di nemmeno un pelo, segno che deve essersi fatto la barba in giornata. I suoi capelli sono più ordinati del solito, forse anche merito della bandana. La sua figura in generale sembra aver riacquistato un po' di quella fiducia che lo contraddistingueva quando ancora girava il mondo per gareggiare.

Le occhiaie che da diverse settimane gli contornano gli occhi, però, sono ancora lì, e oggi mi sembrano ancora più accentuate di prima. Forse lui potrebbe dire lo stesso delle mie, e ho come l'impressione che il motivo dello scarso sonno di entrambi, oggi, sia lo stesso.

Rise Up || Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora