51. Cosa significa

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Che cosa significa vincere uno Slam?

Significa duemila punti.

Svariati milioni di dollari.

Significa uno stadio che grida il tuo nome. Un avversario che ti sorride freddamente a rete. Che ti fa i complimenti e ti dice che sarà il primo di tanti.

Mio padre che mi abbraccia con le lacrime agli occhi.

Non ho mai visto mio padre piangere. Quando è morta la mamma credo abbia pianto, ma è sempre stato un tipo riservato, lo faceva di nascosto, ho visto solo i suoi occhi arrossati. Le sue lacrime, adesso, e tutte le emozioni che sta provando, mi sembrano sbagliate, mi disturbano. 

Forse perché non sto riuscendo a provare lo stesso.

È successo di nuovo. Il momento che ho sognato miliardi di volte da quando sono bambino è un involucro vuoto. Ho esultato, recitando un'emozione che non avevo. Tutto ciò che riuscivo a pensare, avvicinandomi a Straussler a rete, è che per essere un vero campione un solo Slam non basta. Straussler ne ha vinti venti, la strada è lunghissima. Sono già stanco.

Ecco, mi sento stanco, questo sì. Vale come emozione? Stanco non tanto fisicamente quanto psicologicamente.

È già il momento della premiazione. Prima Straussler, poi io. Lui mi fa un sacco di complimenti che sembrano sinceri, parla della next-gen, di tutti i giovani che stanno prendendo il posto dei vecchi. Dice che spera di affrontarmi in un'altra finale e battermi per dimostrarmi che forse non è ancora arrivato per lui il momento di ritirarsi (risate).

Io sorrido, lo ringrazio a gesti.

Arriva il mio turno. Zia Elena mi ha preparato una scaletta con ciò che devo dire. I miei segni vengono tradotti dall'interprete. Innanzitutto i complimenti all'avversario e al suo team. Poi un ringraziamento all'organizzazione e agli sponsor e ai volontari e ai raccattapalle senza di cui tutto questo non sarebbe possibile (ha detto la stessa cosa anche Straussler). Poi al pubblico e a tutti quelli che hanno fatto il tifo per me anche nei momenti in cui nessuno voleva fare il tifo per me. Quest'ultimo particolare zia Elena mi aveva detto di ometterlo, perché era meglio non rinfrescare nel pubblico il ricordo dei brutti fatti con Anna. Ma ho fatto di testa mia.

E infine un grazie al mio team, Lazlo, Armando, Ethan, la mia famiglia che mi ha sempre sostenuto: papà, zia Elena, mio fratello Daniele che purtroppo non è potuto venire qui in Australia (mio fratello di questa vittoria se ne infischia, anzi probabilmente mi odia, ma mi tocca ringraziarlo anche se non ha fatto niente, perché l'immagine è tutto). Vedo papà che mi applaude. Con questo buio non lo vedo benissimo, ma lo immagino ancora con gli occhi lustri.

Il master of cerimonies sta per chiudere, ma attiro la sua attenzione. Posso aggiungere una cosa? L'interprete dei segni traduce la domanda e l'MC mi esorta a proseguire.

Questo Slam non sarei riuscito a vincerlo se non ci fosse stata una persona che ieri notte mi ha aiutato a dormire. L'interprete lo dice a voce alta e l'MC sorride in modo perplesso. C'è qualche risatina tra il pubblico. Ho detto una cosa strana?

So che sembra una cosa strana da dire, una stupidaggine, ma senza questa persona avrei passato tutta la notte sveglio e oggi la mia prestazione ne avrebbe risentito, e invece questa persona mi ha parlato, mi ha calmato, ha saputo rilassarmi.

L'interprete traduce.

Quindi grazie. 

Poi in un impeto di pura follia che non riesco a trattenere prendo il microfono di mano all'MC e balbetto: «G-g-grazie», in italiano, e mentre lo balbetto, penso a Ivan che mi ha tenuto una mano sul braccio per tutta la notte e quasi mi commuovo.

Il pubblico mi applaude, e tutte le emozioni che non ero riuscito a provare esplodono in un colpo solo, ed esplodono in un pianto. Ho vinto gli Australian Open! Dio mio, ho vinto uno Slam! Sono un campione, una leggenda. Il mio nome rimarrà scolpito per sempre sulla coppa, e nessuno potrà mai cancellarlo.

Mi ricompongo e mi asciugo le lacrime. Le emozioni si stanno placando, ma le ho provate. Per un attimo le ho provate.

E mentre alzo la coppa penso che non vedo l'ora di fare un'altra finale Slam, di addormentarmi ascoltando Ivan che mi legge una storia, di giocare un altro grande incontro, sollevare un altro trofeo al cielo.

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Note note note

Questo è il capitolo più corto di tutta la storia, ma aggiungere più parole avrebbe significato diluirlo. Ho preferito non ripetere un'altra cronaca di incontro e concentrarmi solo sull'eterna insoddisfazione di Michele.

Lunedì arriva un capitolo bello lungo! E stavolta lasciatemi una stellina per ogni set vinto da Michele in carriera (sono tanti, non preoccupatevi!)

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