사; IV

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Quando mi lasciai con Eddy iniziai a ricevere parecchie attenzioni da vari ragazzi. A sentire Sam ero diventata molto carina negli ultimi anni e diceva che persino Owen mi credeva carina. Io, che sapevo cosa Owen credeva veramente, mi limitavo a sbuffare una risata e far finta di nulla.
Chris smise di parlarmi per quel che avevo fatto ad Eddy, che era ancora il suo migliore amico. Non solo aveva scelto il gruppo di dibattito come amici preferiti in confronto a me e Sam, mi aveva anche cercato di attribuire la colpa della nostra rottura.
Per un po' ci stetti male ma alla fine io e Sam concordammo che era meglio così, che non si meritava nemmeno la nostra rabbia.
Sola come mi ero ritrovata fui costretta ad uscire con Jordie e Sam più di una volta.
Era strano, Sam lo teneva per mano e cercava di inserirlo in ogni conversazione, ma lui si limitava a starsene in silenzio per le sue, come faceva con me.
«Ma a te piace quando fa così?» le chiesi una volta.
Lei mi rispose che a lei sembrava una cosa carina.
Devo ammettere tuttavia che ogni volta che c'era da fare i galantuomini era sempre il numero uno, e prendeva i pesi dalle mani di Sam, chiedeva per lei alle commesse e la difendeva in caso qualcuno la offendesse. Inoltre ogni volta che camminavamo per strada, lui avanti di tre passi e noi dietro, e dovevamo attraversare Jordie rallentava a si metteva al fianco di Sam dalla parte da cui arrivavano le macchine.
Ogni tanto l'ho persino sorpreso a guardarla mentre lei gli raccontava cose inutili. La guardava come se non soltanto gli importasse ma anche che stesse seriamente cercando di carpire e registrare ogni particolare, e se lei gli chiedeva un commento o consiglio lui diceva sempre la cosa giusta, per quanto utilizzando meno parole possibili.
Una volta, però, mentre lei parlava il suo sguardo si posò su di me e non rimanemmo a fissarci per un po'. Era come se lo stessi vedendo per la prima volta.
Una sera accompagnammo Sam a casa e Jordie si offrì di riaccompagnare anche me. Camminavamo come al solito in silenzio, uno accanto all'altra. Di punto in bianco mi arrestai e lui mi superò di tre passi, poi si fermò a sua volta.
«Che c'è?»
«Perché mi odi, Jordie?»
Jordie fece quello che mi parve sgranare gli occhi, come se gli avessi dato uno schiaffo.
«Non lo so» concluse alla fine.
«Non lo sai?» non avevo pensato avrebbe ammesso di odiarmi ed iniziarono a pizzicarmi gli occhi per la tristezza. Io, davvero, non ne capivo il motivo.
«Non ti odio» aggiunse. «Perché lo credi?»
«Perché non dovrei?» lui mi guardò ed io lo guardai. Jordie non rispose, si girò e ricominciò a camminare.
Io gli andai dietro. In silenzio. Come sempre.

Quell'estate non vidi nemmeno una volta Sam e Jordie, né li vide mio fratello. Mia nonna aveva deciso di trascorrere l'estate in Italia, a Roma.
Era la prima volta che la vedevo da dieci anni che ci eravamo trasferiti. L'italiano lo parlavo, perché i nonni in casa ripudiavano spicciare una sola parola in inglese, ma non parlavo l'italiano corretto, quello da dizionario, sicché loro tendevano ad utilizzare parole dialettali.
Mio fratello trovò molto facile ambientarsi, amava il sole tanto quanto amava la gente. La mattina si svegliava presto, indossava una camicia colorata e un paio di jeans e usciva a prendersi un caffè, facendo amicizia con i primi giovani che si trovava davanti. Una volta mi aveva portata con sé, ma io il sole lo odiavo e avevo finito per prendermi un'insolazione.
Le uniche cose che mi piaceva fare a Roma erano: le foto e le passeggiate notturne.
La città di notte era bellissima, un paese che si fingeva città e di notte diventava un immenso cielo stellato.
Inoltre di notte era divertente andare a ballare, in un paesino come il nostro non era molto facile trovare un posto che facesse entrare i minorenni, e Roma era invece così piena di locali da poter girare sinché non se ne fosse trovato uno.
A Daniele non servì molto per capire dove era meglio passare le serate e appena capì che mi divertivo di più al calare del sole iniziò a portarmi sempre con sé. Fu bello passare del tempo con mio fratello per una volta, tornando ai tempi prima di Jordie e di Sam.
A pensarci erano stati proprio i nostri migliori amici a separarci.
La trovai una cosa molto triste.
Nella mia permanenza in Italia conobbi la bellezza dei ragazzi del mediterraneo.
Mio fratello me ne fece conoscere un paio.
Quando lo raccontai a Sam, a settembre, lei era molto gelosa.
«E Jordie?»
«Jordan lo sa che scherzo» disse, e sicuramente per lei era vero.
Mio fratello tornò bellissimo e abbronzato. Io tornai con la pelle leggermente arrossata ma con i capelli più lunghi.
I miei sedici anni furono l'anno in cui iniziai ad uscire con più ragazzi. Iniziando a prendere più consapevolezza dei mie punti forti li anteposi ai miei punti deboli, valutandoli invece che sformarmi nel nascondere i secondi.
Mi comprai vestiti meno larghi, mi curai i capelli, smettendo di tagliarli corti, e, soprattutto, sorrisi di più.
Il sorriso parve diventare la mia risorsa migliore.
Il primo ragazzo che iniziai a frequentare fu Junas, un norvegese in scambio per tre mesi in Inghilterra, che non sapeva benissimo la lingua e con cui ebbi una relazione prevalentemente fisica, comprendendone finalmente gli aspetti positivi.
Il secondo era Tom, un amico di Daniele, troppo pieno di sé per i miei gusti.
Il terzo fu Matt Krovskij che aveva i nonni russi e comunisti. Mio nonno era comunista e non ci mise molto a farselo stare simpatico. Con Matt passai insieme tutto il terzo anno.
I primi giorni con Matt furono anche i primi giorni di "primo amore" in cui compresi seriamente cosa volesse dire vedere tutto con colori diversi. Non riuscivamo a separarci l'uno dall'altre e mi sembrava di volare.
Poi, tre mesi dopo, iniziò ad essere molto geloso ed iniziammo a litigare spesso.
La magia era finita, ma ci sforzammo entrambi per far finta che stesse ancora durando.
La gelosia di Matt incrementò quando Sam e Jordie si lasciarono. Sam aveva deciso che la freddezza dolce di Jordie non le andava più bene e decise di lasciarlo per mettersi con Daniele, con il quale, sorprendentemente per tutti tranne che per lui, me e Sam, Jordie non si arrabbiò minimamente.
Ero molto felice per mio fratello e Sam, ma innamorati com'erano l'uno dell'altra lasciavano sempre me e Jordie soli al ritorno a casa e a Matt la cosa non andava bene.
Non che tra me e Jordie avvenisse chissà che quando ci trovavamo da soli. Da quando gli avevo chiesto, l'anno prima, se mi odiava, aveva smesso completamente di parlarmi.
Un giorno tornammo a casa che avevo appena avuto una pesantissima litigata con Matt.
Io gli avevo dato dell'incoerente e dell'ipocrita, dato che tornava sempre a casa da solo con Denise, la sua migliore amica, e lui mi aveva mandata a fanculo.
Sul bus, seduta di fronte a Jordie, ero scoppiata a piangere come un'idiota. Lui mi aveva guardata, scrutata, squadrata e alla fine si era inchinato, sporto e mi aveva offerto un fazzoletto. «Ora che ti trucchi se piangi poi diventi un panda» lo aveva detto con una naturalezza e serietà tale da sembrare un bambino.
Risi e mi asciugai le lacrime. «Grazie».
Jordie fece una cosa che non aveva mai fatto prima: mi sorrise.

Tre Passi DistantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora