팔; VIII

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Io e Jordie seguitammo ad essere amici. La litigata di quel giorno mi aveva aiutata a liberarmi del rancore che avevo represso per anni e le cose tra noi andarono molto meglio.
Le serate da Jordie divennero una costante e finimmo persino per andare insieme al matrimonio di mio fratello.
La sua presenza mi aiutò a distrarmi un minimo, un po' perché Sam non c'era e il fatto che Daniele avesse deciso di sposare un'altra donna mi incuteva un'enorme tristezza, un po' perché c'era anche Olive e le parole di Eun Bing continuavano a risuonarmi in testa come campane.
Vidi Daniele molto stressato più che contento, continuando a discutere nel suo abito da pinguino con uomini vecchi, giovani, alti, bassi, grassi, magri. Nessuno gli dava tregua.
A difenderlo correvano ogni tanto Owen, George, un suo amico del liceo, e Ben, suo collega e amico. Jordie si limitava a studiare tutto in lontananza, smuovendo gli occhi di quando in quando da una parte all'altra, con la bocca aperta, come un bimbo che vedeva per la prima volta un temporale.
Ben ci venne incontro dopo la terza discussione accesa, mentre ancora si attendeva la sposa.
«È un vero casino» disse. «Ci aiuti?» chiese a Jordie.
Lui si sistemò la cravatta, si tirò per bene le maniche della giacca lungo i polsi, poi si alzò e si diresse a passo spedito verso mio fratello, che era ormai verde e sostenuto da Owen per le spalle, probabilmente in procinto di perdere i sensi.
Ben alzò gli occhi al cielo e borbottò, «Quel tipo è veramente strano. Sembra sempre cadere dal cielo».
«Invece ci capisce più di te, che sei rimasto lì a prenderti tutti gli insulti» ribattei.
«Forse hai ragione» sorrise. «Dopo mi riservi un ballo?» non attese una risposta e girò i tacchi.
Ben non mi piaceva granché. Tendeva a comportarsi come se il mondo non girasse abbastanza in fretta per lui, come se ogni persona che lo circondasse fosse troppo lenta o troppo bizzarra per il suo modo di comportarsi.
Daniele mi aveva detto che sarebbe stato interessato ad uscire con me, ma non gli avrei mai concesso un briciolo del mio tempo.
O almeno così pensavo all'epoca.
Proprio in quel momento mi venne a parlare Olive. Indossava un vestitino rosa dalla scollatura a cuore e la gonna in tulle lunga appena all'altezza del ginocchio. Uno di quei vestiti, per farla breve, perfetti per una donna raffinata e delicata.
Io, accanto a lei, con il mio vestito arancione a fiori sembravo appena uscita da un supermercato.
«Ciao!» si sedette nel posto appena lasciato libero da Jordie. «Non ti hanno fatto fare nulla, vero? Tua nonna continuava a lamentarsene con me».
«Sì, mia nonna è una che si lamenta facilmente».
Olive ridacchiò. «Sai dov'è Jordan?»
«Da qualche parte a salvare mio fratello».
«E tu no?»
Scossi la testa. «Sono cose che gli uomini preferiscono gestire da soli, e dato che io sono donna e non sono stupida come loro, li lascio fare volentieri».
«Non mi sarei mai immaginata di vedere Jordie aiutare un suo amico ad un matrimonio».
«Nessuno si sarebbe mai immaginato di vedere Jordie ad un matrimonio in generale» commentai, accavallando le gambe.
«Lo sai che la prima volta che l'ho conosciuto era a un matrimonio?» Olive si strinse le mani davanti al grembo e prese a fissare una ghirlanda di fiori che avevano appeso alla parete accanto a noi. «Mia nonna mi ci aveva portata con il desiderio di farmi incontrare Jordan Prescott, non Jordan Thomas. Io però avevo conosciuto da me il nostro Jordan in biblioteca. Lui ci va spesso, sai. Legge libri da studio, scientifici, raramente lo vedo stringere in mano un romanzo. Il fatto è, Lia, che Jordan Prescott è un egoista, pompato figlio di papà, e allora ho cercato di scostare l'attenzione di mia nonna su Jordie, come lo chiami tu. Ecco, Jordie ho pensato mi potesse andare bene, e la famiglia era giusto in cerca di una ragazza di buona famiglia che si prendesse cura di lui».
Le lanciai un'occhiata trova. Aveva lo sguardo innocuo di chi tiene lo sguardo basso, di chi non vuole disturbare nessuno, eppure mi era parso di vedere una scintilla di furbizia nei suoi occhi. Olive si era fatta bei calcoli.
Nonostante tuttavia la mia opinione sulla sua persona fosse mutata così radicalmente, io restavo ancora la ragazza italiana povera dai sogni infranti che aveva anche un nonno comunista. Pur levando una o due delle caratteristiche che non sarebbero andate a genio alla famiglia Thomas, restavano tutte le altre.
Perciò annuii. «Sì, potresti prenderti cura di lui. Solo, Olive, potresti evitare di raccontare storielle senza contesto? Mi annoiano i discorsi drammatici quando si fanno due chiacchiere».
Olive si accigliò. «Non era mia intenzione offenderti».
«Oh, no» sorrisi, «Ho capito e credo tu abbia afferrato quello a cui io alludevo. Jordie sta tornando qui e vorrei te ne tornassi al suo posto».
Dopo quella volta evitai Olive il più possibile nel corso della mia vita. Non mi piacevano i calcolatori.
Al posto di Jordie si sedette però Ben, giacché il primo sarebbe dovuto restare davanti alla fila di persone per firmare la carta dell'imam insieme alla testimone della sposa.
Ben mi spiegò che spesso in Turchia un matrimonio dura tre giorni. Ad est, addirittura, arrivano ad occupare intere settimane. Capita persino che bisogni spostarsi da città in città, per permettere a tutti i famigliari di partecipare.
«Il secondo giorno di solito si fa la cerimonia dell'enne» disse. «E il terzo è il momento in cui l'uomo va a prendere la sua sposa alla casa dei genitori, e il padre deve dargli il permesso di portarla via. Il terzo giorno è il più triste per la famiglia di lei, ma per la famiglia di lui è tutto molto divertente. Per le strade corrono una cinquantina e più di macchine tutte strombettanti e velocissime, con a bordo dalle dieci alle quindici persone, tutti contenti di attirare l'attenzione delle persone per strada e di poter gridare al mondo la gioia della nuova unione».
«Tu come le fai a sapere tutte queste cose?» mi venne spontaneo chiedere.
«Quando tuo fratello mi ha detto di essersi innamorato di una ragazza turca ho fatto le mie dovute ricerche».
Quando il matrimonio finì mi sentii parte della famiglia della sposa. Ero moggia, disidratata.
Tutti i miei sogni di avere Sam per cognata erano sfumati in un "sì", e la colpa non era di nessuno, se non che del cuore che fa quel che gli pare.
La cosa che credo trovavo più triste era la forte consapevolezza che in fondo si amavano ancora entrambi, e che lo avrebbero sempre fatto. 

Tre Passi DistantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora