Ti amo

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"Nelson, c'è una cosa che vorrei chiederti. Un paio di settimane fa mi hai confessato di essere innamorato di un ragazzo, giusto? Ecco... vorrei sapere chi è!" mi chiede Cesare guardandomi dritto negli occhi. Penso che sia arrivato il momento di dirgli la verità, ma non ho la più pallida idea di come potrà reagire. Mi prendo qualche secondo di pausa per cercare di trovare le parole giuste, ma, prima che io possa dire o fare qualcosa, arriva la cameriera con i piatti che avevamo ordinato facendomi perdere tutto il coraggio che avevo accumulato. L'unica cosa che mi riesce da dire è che forse sarebbe il caso di mangiare, ma che, comunque, gli avrei risposto quella sera stessa. Così, iniziamo a mangiare in modo molto frettoloso perché, per ragioni diverse, entrambi vogliamo chiudere al più presto questo discorso. Una volta fuori dal locale invito Cesare a casa mia in quanto quelle quattro mura sono il mio posto sicuro dove, sono certo che riuscirò a confessarmi una volta per tutte.

...

Siamo entrati a casa e Cesare, una volta tolto il cappotto, va dritto sul divano, sedendosi e facendomi segno di seguirlo. Così mi siedo accanto a lui cercando di far tornare quel coraggio che avevo acquistato al locale. E, dopo un profondo respiro, decido di confessargli tutta la verità. "Cesare, non ci sono altri modi per esprimere quello che voglio dirti, quindi sarò diretto. Il ragazzo che amo sei tu. Ti amo Cesare, ti amo da tantissimo tempo". Ok, gliel'ho detto. Sono riuscito a non far trapelare neanche un minimo di esitazione ma adesso sto tremando più che mai. Guardo Cesare sperando che dica al più presto qualcosa perché questo silenzio che si è creato non appena mi sono confessato è agghiacciante. "Io?" mi risponde incredulo Cesare. "Ma... non posso essere io... cioè dai... perché proprio io?" mi chiede cercando di non farmi capire cosa sta pensando realmente.

"Perché sei tu! Non c'è un motivo preciso. Io e te siamo sempre stati in ottimi rapporti, con te sto bene e, come ti avevo già detto la volta scorsa, tu mi fai essere me stesso. Amo ogni singolo particolare di te; il tuo sorriso, il tuo sguardo, la tua voce... potrei continuare ad elencare ogni dettaglio che mi fa capire che ti amo, ma questa è la verità". I miei occhi diventano lucidi e il tremolio che avevo iniziato a percepire diventa sempre più intenso. "Ti prego Cesare, parlami, dimmi qualcosa" penso mentre cerco di provare a calmarmi. Ma non ci riesco. Ormai quello che è fatto è fatto e non si può tornare indietro.

"Nelson, io non so cosa risponderti. Credimi! Vorrei poterti dire che ti amo anche io, ma... non lo so. Riconosco che sto davvero bene con te e che quando ti sei lasciato con Beatrice ho provato una sorta di sollievo che non mi spiego. Poi il bacio di ieri mi è piaciuto tanto ed ho pensato pure di voler riprovare a baciarti. Ma, ora come ora, non capisco i miei sentimenti. Ho bisogno di tempo per elaborare tutto questo. Mi dispiace, ma, per il momento, non posso dirti altro".

Ok, ammetto che un pò speravo che anche lui potesse provare gli stessi sentimenti che nutro io. Purtroppo quest ultima frase mi ha fatto male, molto male. È come se un enorme coltello mi si fosse conficcato dritto al cuore. Delle lacrime iniziano a bagnarmi le guance e la mia bocca non riesce più ad aprirsi per provare a dire qualcosa.

"Nelson mi dispiace davvero tanto" mi dice Cesare che, nel frattempo, ha iniziato a piangere perché, in qualunque caso, so per certo che anche lui provi qualcosa di molto profondo per me, ma che, purtroppo, non è quello in cui speravo. Mi abbraccia forte, stringendomi a se il più stretto possibile. Rimaniamo così per qualche minuto nei quali il silenzio che si era creato viene interrotto solo dal pianto di entrambi. Dopo di che Cesare si stacca e, senza dire una sola parola, inizia a recuperare il suo cappotto per poi dirigersi alla porta. Poi, prima di aprirla, si gira verso di me, e con le lacrime ancora agli occhi mi sussurra "mi dispiace Nels"e, chiudendosi la porta alle spalle, sento il rumore della sua moto che parte per poi diventare sempre più flebile, fino a scomparire del tutto. Rimasto solo nella mia casa, i miei occhi, colmi di lacrime, iniziano a osservare tutta la stanza, senza, però, realmente guardare qualcosa di preciso, solo il vuoto più assoluto. A fatica mi alzo dal divano incamminandomi nella mia camera da letto. Non ho neanche la forza di cambiarmi, l'unica cosa che voglio è buttarmi sotto le coperte per mandare a quel paese quell'orribile giornata che mi ha fatto perdere ogni singola energia. E, tra i vari singhiozzi causati dal pianto, mi abbandono alle braccia di Morfeo sperando che, almeno nel mondo dei sogni, ci sia un lieto fine per me.

Cugini, ma non troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora