4. museo

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La sciamana venne accolta dal solito, leggero brusio del museo quando entrò. Passi leggeri echeggiavano ogni tanto, lingue diverse mescolate in infiniti bisbigli, ogni tanto persino qualche frase a voce alta da parte delle guide, per attirare l'attenzione dei turisti sui dettagli delle varie opere. Il cupo tamburellio dei passi interrompeva l'altrimenti quieta atmosfera quando le file di stranieri si spostavano verso l'opera successiva, seguendo la loro guida come tanti piccoli soldatini. Nel chiacchiericcio generale, Kiriyo distinse senza farci caso una donna bionda con la spilla del museo urlare: «Bei der nächsten Oper, bitte folgen Sie mir!»

Non ci posso credere. Lo stiamo facendo davvero!

Chandra era decisamente emozionato. Si capiva da come la sua voce si era alzata di un'ottava, bisbigliando urla nel cervello dello Spirito come se non fosse solo una voce nella sua mente.

Già. Lo stiamo facendo davvero.

Budha, la voce bassa e profonda, ridacchiò compiaciuto e divertito insieme. Nonostante fosse il Dio della saggezza, sembrava essere sempre quello più pronto a combinare guai.

I capelli lunghi color grano di Kiriyo erano raccolti in una coda alta, fissata con un nastro per capelli tempestato di Swarovski. Un abito avorio, elegante e decisamente alla moda, cadeva morbido sul suo corpo, evidenziando la forma del seno e dei fianchi. Il colletto dell'abito aveva un fiocco rosso e blu piuttosto carino, nello stesso stile dei nastrini che pendevano dalle maniche a tre quarti.
Sfilò con classe infinita davanti a un gruppo di turisti. Il paio di Chanel che indossava ticchettarono sul pavimento lucido del museo in modo regolare, come la sua andatura. Notò con la coda dell'occhio un agente della sicurezza lanciarle un'occhiata e si trattenne dal sorridere tra sé e sé.

Ah, gli uomini. Erano proprio creature semplici.

Ai fianchi della sua visuale, gli altri turisti erano grigi e anonimi, dimenticabili: sudaticci, abiti comodi e scarpe da ginnastica. Molti erano anziani asiatici, che si muovevano in gruppi organizzati dietro a una guida giovane e rumorosa. L'Incantatrice lanciò uno sguardo ai pochi solitari in disparte, impegnati a osservare le opere ascoltando le loro economiche guide formato audiocassetta. Si mosse verso un quadro attorno al quale si erano radunate poche persone, la lunga coda ondeggiante dietro la schiena. Una donna era arrossita nel vederla, affrettandosi ad abbassare lo sguardo per non essere vista.

A ogni suo passo ticchettante, la G di Gucci argentata cucita su un angolo della gonna lanciava un luccichio. Sotto di essa, un paio di calze color carne piuttosto scomode sotto ai vestiti, visto come scivolavano giù a ogni passo, ma la sciamana le aveva scelte per un motivo ben preciso: ai parigini facevano impazzire.

Quel look le era costato una bella fetta del suo bottino, doveva ammetterlo. Ma era parte del piano: confondersi tra i locali era fondamentale per non essere scambiata per una turista e ciò significava indossare abiti di un certo livello.

Non era assolutamente perché adorava gli abiti alla moda, proprio no.

Quando si avvicinò al primo quadro della sala, la postura sempre elegante come se non le costasse alcuno sforzo, la famigliola che la precedeva le lanciò qualche sguardo imbarazzato. Lei fece finta di non vederli, costringendosi a rimanere in perfetto equilibrio in quella posa che le bruciava i talloni.

D'accordo, erano lì per un furto, ma non significava che non poteva godersi la visita. D'altronde, il Louvre era decisamente uno splendido museo.

Spiriti - Come derubare una città e farla francaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora